I TRE GIORNI DI SCIOPERO DI SALVINI COME IL GAY PRIDE: SPILLE, BRACCIALETTI E “LIBERAZIONE”
MOLLATO DA FORZA ITALIA, COSCIENTE DEL FLOP CUI VA INCONTRO, IL LEADER DELLA LEGA NON SA COME USCIRNE E DIMOSTRA TUTTI I SUOI LIMITI
Se qualcuno avesse avuto ancora dei dubbi sull’incapacità di Matteo Salvini di andare oltre gli slogan confezionati di prima mattina in base alla rassegna stampa che gli viene preparata come colazione e nei relativi commenti su Fb all’insegna di qualche insulto e del gran finale “voi cosa ne pensate?” (cui segue lo sfogatoio padagno) la vicenda dello sciopero “con cui bloccheremo l’Italia per tre giorni” è emblematica.
Iniziativa che dovrebbe far dimettere Renzi di fronte al blocco del Paese da parte degli imprenditori del Nord in primis: quelli, per capirci che hanno osannato il premier a Cernobbio e non hanno cagato minimamente Salvini, nonostante la cravatta e il vestito preso in affitto per l’occasione.
La storia insegna che per la riuscita di uno sciopero dovresti avere come riferimento almeno una categoria produttiva, meglio se strategica, oltre a un vasto consenso politico.
Si dà il caso che il primo a dissociarsi sia stato Berlusconi che solo a sentir parlare di sciopero ha pensato a Mediaset e ai mancati introiti che ne deriverebbero, anticipando il pensiero di tutti quegli imprenditori lombardo-veneti che già rinunciano a malincuore agli utili della domenica santificata.
A Salvini non restano quindi che i nullafacenti e quelli che non hanno mai lavorato in vita loro, da lui in questo caso degnamente rappresentati.
Peccato che non producano e quindi al massimo possono bloccare giusto la serratura di casa.
Con il passare dei giorni e le dissociazioni dall’iniziativa, unita al calo nei sondaggi e al “bestia” rimediato da Renzi, il nostro è diventato nervoso e sempre più esagitato: non è bastato il seducente battito di ciglia della Meloni a rasserenarlo, disposta a scioperare con lui “purchè sia una cosa seria” (tipo rimediare qualche spazio sui media anche lei) e a fargli passare l’ernia iatale.
Ha iniziato a pensare (cosa che gli causa mal di testa dolorosi, dato lo scarso uso del cervello) e ha esternato in quel di Alzano Lombardo, alla Berghem Fest, quanto ha partorito per la tre giorni di sciopero indetto il 6-7-8 novembre.
Riportiamo tra virgolette quanto da lui detto: “Non chiederemo ai produttori di fermare il Paese” (anche perchè non lo farebbe nessuno).
E allora che si fa?
“Saranno giornate di orgoglio e di liberazione” (sembra il programma del gay pride).
Ma in concreto?
Ecco la rivoluzione: “Chiederemo agli italiani di indossare una spilla o un braccialetto per dire no a questo governo” (ma allora è proprio come il gay pride…).
E arriviamo alla mossa rivoluzionaria dell’ex comunista padano: “Chiederemo di interrompere il consumo di sigarette, il gratta e vinci, il Lotto, le visite all’Agenzia delle entrate, all’Inps”.
Perbacco, questa sì che è una rivoluzione: ma se uno non fuma e non gioca al lotto, sono cazzi.
E se magari uno ha un appuntamento con l’agenzia delle entrate, fissato da tempo, per un concordato che fa?
Non si presenta col rischio di perdere qualche migliaia di eurini?
O se uno doveva presentare all’Inps dei documenti che fa?
Rischia di perdere la pensione dicendo che poi passa Salvini a sistemare la pratica?
Non siamo su Scherzi a parte (così usiamo un termine alla sua portata): sono dichiarazioni rese pubblicamente da Salvini che così ci spiega come si fanno le rivoluzioni.
Dobbiamo però riconoscergli che la chiusura del discorso è stata all’altezza: “Una cosa è certa: per noi leghisti questo è l’ultimo giro, l’ultima munizione da sparare. Se non ce la giochiamo bene ci tocca fare un altro mestiere”.
Concordiamo: ma un altro mestiere bisognerebbe anche averlo.
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