IL CAVALIERE DIFENDE LE LARGHE INTESE
CON LE SENTENZE VICINISSIME E L’INCUBO DI UNA NUOVA MAGGIORANZA, IL CAVALIERE DIFENDE L’ACCORDO CON LA SINISTRA
Silvio Berlusconi annuncia un’estate tranquilla per il governo.
Contento di Enrico Letta, del suo “decreto del fare”, dichiara il suo amore per le larghe intese: “L’alleanza deve continuare”.
La versione da statista ragionevole, legato alle sorti del Paese, sostenitore del bene comune, fa capolino nella stasi in cui l’esecutivo è rimasto vittima. S
enza capacità di spesa (Bruxelles tiranneggia) non c’è ripartenza, non esiste rottura col passato, cambio di marcia, capacità di dare all’economia energia nuova per riprendersi.
A Enrico Letta è rimasto il cacciavite in mano, e col cacciavite (metafora dell’aggiustatore) si applica nei dettagli.
Di più non si può.
Il decreto del fare, parola che anche alla prudente Susanna Camusso pare eccessiva, affronta appunto il dettaglio delle questioni tentando di rinviare all’autunno quelle decisive e più critiche.
Il rinvio è la tattica adottata, l’unica soluzione possibile di un esecutivo senza un euro nel portafogli. E la speranza che nei prossimi mesi la possibilità di incidere sul fronte della crisi più cruenta, quella dei consumi, possa essere dispiegata è la carta che Letta ha deciso di giocarsi.
La dichiarazione di Berlusconi suona perciò come una garanzia che il centrodestra non farà scherzi e che il nervosismo nelle sue fila — non passa infatti giorno senza che Gasparri (“Ma Saccomanni ci fa o ci è?”), Formigoni, Cicchitto non muovano rilievi alla prudenza del ministro dell’Economia — sarà tenuto negli argini usuali della melina da tv.
Molte dichiarazioni inutili, molte parole a vuoto, molte sofferenze finte, molti inviti reiterati.
Berlusconi d’altro canto non ha altre frecce al suo arco. Tra una settimana è annunciato un passaggio cruciale nella sua vita giudiziaria, ma l’evento — che in altri momenti avrebbe aperto scenari di crisi — adesso è tenuto sotto silenziatore.
I fuochi che pure seguiranno alla decisione della Cassazione saranno destinati esclusivamente a una battaglia di posizionamento perchè il Cavaliere ritiene che la sua forza, anche politicamente estorsiva, in questo momento non avrebbe sponde utili e non pagherebbe.
Il governo è sotto l’alto patrocinio del presidente della Repubblica al quale spetta l’ultima parola.
Che in questo caso non sarebbe vicina ai desideri del Cavaliere. Sempre ammesso che Berlusconi desideri una crisi di governo.
Un’ipotesi di scuola alimentata più dalla polemica interna al Partito democratico che da una prospettiva minimamente realizzabile.
Pier Luigi Bersani, che ancora conta molti uomini nel partito, ha deciso di contrastare la strada alla segreteria (e alla premiership) di Matteo Renzi.
La stagione congressuale è iniziata e ai cavilli regolamentari (i soliti: chi far votare, come far votare etc) si aggiunge anche l’avvertimento che dopo questo governo non ci debbano essere per forza le elezioni.
L’ha detto Guglielmo Epifani facendo intendere a nuora che sarebbero possibili grandi manovre antirenziane dentro al fronte grillino.
La spaccatura del Movimento 5 Stelle offre infatti a una parte del Pd di trasformare lo sconquasso nel pattuglione dei cittadini appena giunti a Palazzo in un ardito disegno di alternativa di governo.
I senatori che sono mancati a Bersani a marzo sarebbero — secondo questa lettura — adesso disponibili. E ciò che non è accaduto ieri, potrebbe verificarsi domani.
Fa mostra di crederci Bobo Maroni, un altro che ha gravi problemi in casa (la sua Lega, ridotta al lumicino, è sul punto di implodere): “Avete ascoltato Epifani? à‰ pronto a fare un governo con i grillini”.
Davvero è così? Molti e plausibili sono i dubbi, a iniziare da quello base: chi dovrebbe agevolare questa crisi?
Berlusconi naturalmente si è tirato indietro. Molto meglio stare al governo che all’opposizione. E ieri l’ha detto e validato. Non è pensabile che sia Napolitano a stressare l’esecutivo, nè che Letta e i molti parlamentari del Pd che hanno combattuto ogni ipotesi di alleanza col Movimento 5 Stelle (fino a fare harakiri nella elezione del presidente della Repubblica) ora si trasformino in ribaltatori.
Ma nella calma piatta della politica, nella stasi estiva di un governo che vorrebbe fare ma non può (o non sa) anche una increspatura appare un’onda maestosa.
Antonello Caporale
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