IL DEMONE DEL SALVINISMO SU LAMORGESE, AGLI STUDENTI BASTAVA CHIEDERE SCUSA
OMERTA’ ISTITUZIONALE SULLA VIOLENZA GRATUITA DELLA POLIZIA
La ministra dell’Interno Lamorgese non ha i modi truci del suo predecessore, non usa la bocca come un cacciatorpediniere, non insulta quotidianamente le Ong impegnate a soccorrere naufraghi, non esce dal Viminale per andare a sanzionare mediante citofono le sue icone del crimine. Non è un ministro da marciapiede.
Eppure è come se convivesse col fantasma del suo predecessore, è come se il demone del salvinismo le danzasse attorno, condizionandone i pensieri e le azioni, plasmandone l’agenda, dominandone l’inconscio.
Per esempio ieri avrebbe dovuto semplicemente e doverosamente chiedere scusa agli studenti che sono stati oggetto di violenza gratuita da parte delle forze di polizia, a Roma e in diverse parti d’Italia. Avrebbe dovuto svolgere con nettezza un ruolo di orientamento e di educazione democratica: ricordando a tutti che chi detiene il monopolio legale della forza non può farne un uso abnorme e ingiustificato.
Invece la nostra ministra ha offerto un cattivo esempio di omertà istituzionale, con una comunicazione sui fatti accaduti che, se non è truce, è un po’ grottesca. E al danno delle cariche poliziesche lei ha aggiunto la beffa delle sue parole gonfie di burocratica sciatteria, evocando non meglio precisati “infiltrati” nel giovanissimo movimento studentesco. E questi infiltrati sarebbero stati i veri provocatori degli scontri, la causa dei tafferugli.
Una verità ufficiale difficilmente rintracciabile nei filmati, nelle foto di adolescenti con la testa spaccata, nelle testimonianze di chi c’era, immagini e parole che documentano ben altro: e cioè che vi è stata una aggressione a freddo e brutale contro studenti che protestavano per la morte di un loro coetaneo. Morto ammazzato di alternanza scuola-lavoro.
È stata già sottolineata da molti osservatori la differenza di trattamento che le forze dell’ordine riservano alle diverse tipologie di manifestanti: ad alcuni guanti bianchi, ad altri manganelli e gas urticanti. Come se ci fosse, non dico una regia politica, ma un indirizzo politico introiettato dentro Questure e Ministero.
Forse è lì, signora ministra, che va cercato l’infiltrato: non un agente provocatore, non un black bloc camuffato da liceale, ma una mentalità, una cultura, un’attitudine a bastonare il dissenso, come se si venisse addestrati ad essere servitori dell’ordine costituito e non dell’ordine democratico.
Certo, non abbiamo assistito a scene inconsuete, ogni epoca beve sangue giovane per sedare l’inquietudine sociale, tutti i governi di tutti i colori sono stati inerti dinanzi agli abusi dei tutori della legge. Ma oggi siamo a un punto limite, dentro una contraddizione lacerante: mentre l’Italia torna a crescere, suscitando l’ammirazione dei mercati e dei loro media, il lavoro soffre, suda, arranca, povero di salario e precario nei diritti. E la scuola sbanda, povera e precaria anch’essa. E i giovani appaiono, alla faccia del nostro Pil in erezione, la ciclopica eccedenza del nostro modello di sviluppo, fondato e rifondato sui pilastri di una granitica diseguaglianza di reddito e di possibilità.
Per questo è ancora più grave che nel clima di proibizioni e divieti di una fin troppo lunga epoca emergenziale si possa consentire che venga represso duramente un movimento generazionale che reagisce con la ribellione al degrado del sistema formativo e alla ferocia del mercato del lavoro.
È grave non stigmatizzare la furia di Stato contro studenti minorenni. Ed è incredibile che gli stessi apparati della scuola reagiscano alle lotte studentesche sintonizzandosi sulle onde cortissime dei manganelli, delle denunce penali e civili, di una disciplina da codice militare. È un segno di miopia politica e di debolezza morale. È un’ombra di cui è necessario parlare.
Questo è il lato peggiore del “governo dei migliori”.
(da Huffingtonpost)
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