IL DIRITTO DI SCELTA DEGLI ELETTORI
A SCEGLIERE GLI ELETTI SARANNO SEMPRE I CAPIPARTITO, NON CI SI SCOLLA DALLE LISTE BLOCCATE
Ma a scegliere gli eletti saranno gli elettori o sempre i capi partito? Perchè qui siamo ancora alle liste bloccate.
Più in generale, nella «Terza Repubblica» la classe dirigente uscirà dalla selezione popolare dei migliori o sempre dalla cooptazione?
È positivo che la macchina delle riforme, imballata da anni, si sia rimessa in moto, coinvolgendo sia la maggioranza sia una parte dell’opposizione.
Ma è tutto da vedere che la legge elettorale ipotizzata nell’incontro Renzi-Berlusconi garantisca i due requisiti di base: la governabilità e, soprattutto, la rappresentanza.
.Quel che invece gli elettori rischiano di non poter decidere neppure stavolta è il nome degli eletti.
Il modello Renzi-Berlusconi evita solo formalmente il vizio del Porcellum dichiarato incostituzionale dalla Consulta: l’impossibilità di individuare i candidati.
Le liste più brevi renderanno se non altro i deputati riconoscibili.
Ma essi non dovranno il loro mandato a una scelta popolare, come nel caso dei collegi uninominali; saranno comunque e sempre legati al capo partito.
Se i seggi saranno ripartiti su base nazionale si eviterà il pericolo di frammentazione, impedendo a ogni collegio di eleggere un sindacalista del territorio; ma si concentrerà ancora di più il potere di selezione della classe dirigente nelle mani di pochi.
Per tacere dei 92 seggi attribuiti con il premio di maggioranza e quindi del tutto svincolati al territorio.
In un sistema simile, l’unico rimedio alle liste bloccate sarebbe la preferenza. Che però implica, e non soltanto al Sud, la resurrezione o meglio il riconoscimento del clientelismo.
Oltretutto, di ridurre il numero dei parlamentari non si parla più.
Mentre viene attribuita una funziona salvifica al superamento del bicameralismo perfetto, che in effetti rallenta le decisioni, ma non ha impedito agli Stati Uniti (dove le leggi devono passare al vaglio di Camera e Senato) di diventare la più potente democrazia al mondo.
Non è solo una questione politica. La crisi della rappresentanza non riguarda soltanto i partiti. Trasferire potere dalle segreterie ai cittadini è condizione necessaria ma non sufficiente.
La rivolta contro le èlite investe l’intero establishment , dai sindacati alle varie istituzioni. Non saranno primarie semiclandestine come quelle tenute dal Pd tra il Natale e il Capodanno 2012, o consultazioni online poco trasparenti come quelle grilline, a sciogliere un nodo che non riguarda solo l’Italia ma è il grande tema del nostro tempo.
Per recuperare un minimo di credibilità , di capacità di guida, di rapporto con la base, le èlite devono porsi il tema della rappresentanza.
La logica di Grillo – sostituirle con «uno di noi» – palesemente non funziona, così come non ha funzionato l’utopia leninista di affidare l’amministrazione dello Stato alla cuoca (che nell’epoca della cucina-spettacolo ha trovato ben altre gratificazioni).
Ma questo non autorizza nessuno a richiudersi nella logica delle consorterie e dei partiti personali.
I rappresentanti del popolo per definizione devono rispondere ai rappresentati; non al segretario generale.
Aldo Cazzullo
Leave a Reply