INTERVISTA AL COSTITUZIONALISTA LUCIANI: “DEVONO RISPETTARE I VINCOLI DELLA CONSULTA, C’E’ IL RISCHIO RICORSI”
“LE INDICAZIONI DELLA CORTE SUL PREMIO DI MAGGIORANZA E SULLE PREFERENZE SONO STATE ESPLICITE”
«Stiamo attenti a non sottovalutare i vincoli fissati dalla Consulta». Appena tre giorni fa è stato sentito dalla commissione Affari costituzionali della Camera e Massimo Luciani, professore di diritto costituzionale alla Sapienza, aveva raccomandato proprio «di considerare che, per definire la nuova legge elettorale, la Corte ha lasciato al legislatore uno spazio discrezionale ampio, ma non illimitato ».
Premio di maggioranza e niente preferenze. Siamo dentro o fuori quei limiti?
«Ci sono dei dubbi. Perchè la Corte costituzionale ha sottolineato l’esigenza di garantire la “funzione rappresentativa dell’assemblea” e quella di assicurare agli elettori il potere di “incidere sull’elezione dei propri rappresentanti”. E non è detto, almeno da quanto si capisce dalle prime frammentarie informazioni, che il nuovo sistema le soddisfi entrambe».*
Lei avverte il rischio di un nuovo Porcellino?
«Il sistema sembra molto diverso, ma alcuni dei vecchi difetti sembrano ancora in vita».
Le liste corte, quindi con candidati riconoscibili, possono bastare?
«Penso proprio di no. È vero che la Corte non ha escluso che liste brevi, senza preferenza, possano andare bene, ma vedo qui due difficoltà : la prima è giuridica e consiste nel fatto che i seggi sarebbero suddivisi tra i partiti su base nazionale e assegnati alle singole circoscrizioni secondo i risultati ottenuti in ciascuna di esse. È chiaro, a questo punto, che l’elezione dipenderebbe non solo dalla volontà degli elettori di quella circoscrizione, ma anche da quella degli altri, sicchè ci sarebbe un elemento di problematica casualità ».
E il secondo problema qual è?
«L’opinione pubblica non ne può più di essere vincolata dalle segreterie dei partiti».
Questo sistema piace molto a Berlusconi, ma non rischia di far restare “vecchia” e con i vecchi difetti la classe politica che ci governa?
«Questo dipenderà dalle scelte delle segreterie, ma il problema è appunto che nessuno vuole più lasciar loro il monopolio».
Ma allora la via più semplice non è quella di rimettere in pista le preferenze?
«Certamente, anche perchè la Corte ha ricordato che la preferenza unica (magari corretta, aggiungo io, per assicurare la parità di genere) era stata voluta dai cittadini con il referendum del 1991. So che si obietta che le preferenze possono aumentare i costi delle campagne elettorali e generare rischi di corruzione, ma questi problemi si porrebbero ugualmente istituzionalizzando il sistema delle primarie, che sarebbe l’unica altra alternativa alle liste bloccate».
Il premio di maggioranza del 15-20% per la coalizione che raggiunge il 35% è eccessivo?
«La Corte ha già detto che un premio troppo alto sarebbe incostituzionale, ma non ha chiarito quale sarebbe la soglia giusta. Certo, quello immaginato sarebbe un premio molto alto e c’è da chiedersi se non sia, come ha detto la Consulta, “tale da produrre un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica sulla quale si fonda l’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente”. E quindi, direi, anche il sistema delle garanzie».
Abolire il Senato è un sacrificio necessario?
«Cambiare il nostro bicameralismo è essenziale. In particolare lo è riservare a una sola Camera il rapporto di fiducia con il governo. Senza una riforma del genere le nostre istituzioni corrono maggiori rischi di instabilità ».
Siamo sicuri che un nuovo Bozzi, l’autore del ricorso contro il Porcellum, non porti all’incostituzionalità anche della legge Renzi-Berlusconi?
«Stando così le cose avrei davvero qualche timore».
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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