IL FIGLIO DI CALABRESI: “UN PARAGONE FUORI LUOGO SBAGLIATO SFRUTTARE LE VITTIME”
“LA VIOLENZA NON È MAI STATA DI UNA SOLA PARTE. LA VIOLENZA È STATA DI SINISTRA E DI DESTRA, DI MATRICE COMUNISTA E FASCISTA”
Improvvisamente siamo tornati a parlare di Brigate Rosse, i fantasmi degli Anni Settanta sono riapparsi nel nostro dibattito politico e si sono riaccese paure antiche.
Ma davvero oggi viviamo un clima paragonabile a quello del decennio più difficile e tragico della storia italiana? Non credo proprio.
Negli Anni Settanta il terrorismo faceva proselitismo nelle fabbriche e nelle università, trovava terreno fertile alla sua propaganda; la violenza politica era diffusa, quotidiana e continua. Fare paragoni tra quella stagione e l’Italia di oggi è fuorviante e fuori luogo.
La mia famiglia ha pagato un prezzo terribile per la violenza della sinistra extraparlamentare e questo mi spinge ad essere sempre vigile di fronte alle derive violente, anche solo verbali, ma non mi impedisce di vedere che il nostro tempo non ha nulla a che fare con quella stagione.
È fondamentale prendere immediatamente le distanze da chi inneggia o anche solo “giustifica” l’omicidio di un uomo, bisogna isolare i fanatici e denunciarli, ma la storia e la memoria
non possono essere utilizzate oggi in modo strumentale per fare polemica politica.
Le vittime degli Anni di Piombo non possono essere sfruttate, come si sta facendo in queste ore, per ragioni di campagna elettorale: ciò non è rispettoso di chi ha pagato con la vita il servizio allo Stato e la fedeltà alle proprie idee.
Sono figlio di un uomo ucciso dalla sinistra estremista, ma questo non mi impedisce di essere obiettivo: la violenza non è mai stata di una sola parte. La violenza è stata di sinistra e di destra, di matrice comunista e fascista.
Accanto al terrorismo brigatista non possiamo dimenticare la stagione delle stragi neofasciste che ha insanguinato l’Italia. Chi occupa posizioni di responsabilità e guida le Istituzioni dovrebbe fare molta attenzione a raccontare tutta la Storia, a fare i conti con il passato e ad utilizzare con accortezza le parole.
Avere a cuore la pace sociale e preoccuparsi di fermare le derive violente significa, prima di tutto, non gettare benzina sul fuoco. E allora, mentre denunciamo la morte di Charlie Kirk, mentre solidarizziamo con la vedova e i suoi bambini, dovremmo anche ricordare che questa estate americana è stata aperta a metà giugno dall’omicidio della deputata democratica dello Stato del Minnesota Melissa Hortman, assassinata insieme al marito Mark da un fanatico di destra.
Dovremmo vedere che la violenza ci circonda e riempie ogni giorno i nostri occhi, da Gaza all’Ucraina. Dovremmo avere parole per denunciare tutte le morti.
Mario Calabresi
per “la Repubblica”
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