“LE VITTIME DEGLI ANNI DI PIOMBO NON POSSONO ESSERE SFRUTTATE PER RAGIONI DI CAMPAGNA ELETTORALE”: MARIO CALABRESI, FIGLIO DI LUIGI UCCISO DA UN COMMANDO DI “LOTTA CONTINUA”, REPLICA A MUSO DURO A TAJANI CHE AVEVA EVOCATO IL DELITTO CALABRESI PER ATTACCARE LA SINISTRA ACCUSATA DI FOMENTARE L’ODIO POLITICO
“FARE PARAGONI TRA QUELLA STAGIONE E L’ITALIA DI OGGI È FUORVIANTE E FUORI LUOGO”
La macchina della propaganda meloniana detta la linea e l’intendenza segue. Dopo
l’attacco ad alzo zero della presidente del Consiglio contro le opposizioni di sinistra — accusate di fomentare l’odio politico prendendo a pretesto l’omicidio dell’attivista Maga Charlie Kirk nello Utah per evocare il ritorno in Italia degli anni di piombo — sono i due vicepremier a incaricarsi di suonare lo stesso spartito.
A partire da Antonio Tajani che, a dispetto dell’abito moderato sempre esibito per distinguersi dallo scalmanato collega leghista, sceglie stavolta di alzare i toni. «Ricordiamo la storia del commissario Calabresi», esordisce il ministro degli Esteri a margine di una iniziativa pubblica: «Contro di lui venne orchestrata tutta una campagna per criminalizzarlo» e alla fine «Calabresi venne assassinato».
Un paragone azzardato, che offende la memoria della vittima e
persino la biografia recente della nazione. Ma Tajani non se ne cura: «Bisogna stare attenti ad aizzare l’opinione pubblica perché non è detto che sia per forza un militante politico a colpire».
Ce l’ha con «i cattivi maestri», il segretario forzista, quelli che negli anni ‘70 fornirono supporto ideologico alle Brigate rosse, ora tornati sotto le mentite spoglie dei leader d’opposizione: «Dicendo cose magari non con obiettivi violenti possono toccare alcune menti malate che possono reagire chissà come, abbiamo visto cosa è successo negli Stati Uniti». Qualcosa che rischia di ripetersi a Roma: complice «un clima di odio che mi preoccupa assai».
Parole che suggeriscono un parallelo senza alcuna aderenza né con l’Italia di oggi né con la realtà americana. Chiaro l’obiettivo: azzoppare gli avversari alla vigilia di elezioni cruciali.
E non farsi scavalcare da professionisti del ramo alla Roberto Vannacci, che ieri ha ribadito: «La violenza viene sempre da sinistra», prova ne sarebbero «le espressioni veramente esecrabili di chi sostiene che Kirk l’omicidio se lo sia andato a cercare o che ci siano valori della vita differenziati in base alle idee che si propongono: qualcuno ha detto che uccidere lui non è come uccidere Martin Luther King. Una vergogna».
Non fa nomi né cognomi, l’ex generale, pure perché non c’è un solo politico di centrosinistra ad aver mai pronunciato affermazioni del genere. Ma a Matteo Salvini tanto basta per rincarare: «Sono incattiviti e arrabbiati perché sanno che non torneranno al governo per i prossimi anni» e perciò fomentano
l’odio.
(da La Repubblica)
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