IL FRONTE DEGLI EGOISMI DEL NORD FA A PEZZI I PRINCIPI DELL’UNIONE EUROPEA
SOLIDARIETA’ E DIFESA DEI DIRITTI UMANI STRACCIATI DA GOVERNI DI VIGLIACCHI: MEGLIO PERDERE VITE UMANE CHE VOTI
Ha spazzato via ciò che restava, ben poco per la verità , dell’asse euromediterraneo, portando nel proprio campo la Spagna di Rajoy e la Francia del poco solidale Macron. Non importa il colore politico, ciò che conta è la geopolitica.
Pagato lautamente, con soldi Ue, il “Gendarme di Ankara”, al secolo Recep Tayyp Erdogan, per svuotare la “rotta balcanica”, dell’Africa e della sua moltitudine di disperati che cercano di fuggire dall’inferno di guerre, pulizie etniche, povertà assoluta e disastri ambientali, attraversando il Mediterraneo per raggiungere le coste italiane (facendo del “Mare nostrum “il mare della Morte”), di queste donne e uomini al “Fronte del Nord” importa poco o niente.
I porti non si aprono mentre le porte vengono sbarrate. Nel nome di un sovranismo nazionalista mai pronunciato ma sempre praticato.
Il “Fronte del Nord”, umilia l’Italia e fa a pezzi quei principi che furono a fondamento dell’Europa comunitaria: la solidarietà , l’inclusione, la difesa dei diritti umani.
La capitale del “Fronte del Nord” è a Berlino, ma le sue diramazioni abbracciano la grande maggioranza dei Paesi dell’Unione: a Nord, con Belgio, Olanda, Austria, per arrivare in Finlandia e Norvegia.
E ad Est, in cui il sovranismo nazionalista si insedia e governa in Ungheria, in Polonia, in Romania, spingendosi fino alle Repubbliche baltiche.
Al vertice di Tallinn, il “Fronte del Nord” gioca in casa. E stravince.
Prova ad addolcire la pillola il ministro dell’Interno italiano, Marco Minniti: “Ma su Ong e Libia accolte all’unanimità le nostre posizioni”. Sai che sforzo, visto che in Libia, lo Stato fallito dove dettano legge oltre 250 tra milizie e tribù in armi molte delle quali in combutta d’affari con i trafficanti di esseri umani.
Il “Fronte del Nord”, su un tema cruciale come è quello dei migranti, si fa forte del rinnovato asse franco-tedesco, quello rilanciato dalla Cancelliera “a vita” (Angela Merkel) e dal giovane Presidente (Emmanuel Macron).
A dar man forte al duo, Paesi che non ti saresti aspettato.
Un esempio? L’Olanda. Non erano ancora finiti i festeggiamenti europei per la sconfitta nelle recenti elezioni legislative, dei populisti xenofobi di Geert Wilders, che il premier liberale Mark Rutte, soprannominato il “maghetto” (per i suoi occhialetti tondi degli anni scorsi e alla pettinatura simile a quella di Harry Potter), si arruola nel “Fronte del Nord” guardando, anche lui, al Sud come a una minaccia da arginare.
Un altro esempio? L’Austria.
Che sull’apertura ai migranti provenienti dall’Italia è tutt’altro che “felix”. Da Vienna viene una dura lezione: più che destra/sinistra, la nuova dicotomia che crea fronti e fa o disfa alleanze è quella inclusione/esclusione.
Lo testimonia Alexander Van der Bellen, colui che ha salvato l’Austria dall’affermarsi di una destra xenofoba. Anche qui: neanche il tempo di festeggiare che il leader di governo di una coalizione rosso-verde, der Bellen per l’appunto, si schiera col “Fronte del Nord” e minaccia (tornando poi sui propri passi) di schierare 750 soldati e addirittura quattro blindati anti-migranti al Brennero.
L’Austria sostiene che il piano di redistribuzione di 160 mila richiedenti asilo giunti in Italia e in Grecia dal settembre 2015 — quasi duemila dovrebbero andare in Austria — sarà disatteso perchè Vienna ha già accolto quasi lo stesso numero di migranti, giunti illegalmente nel paese.
Per la Commissione europea invece nessuno dei quasi 27 mila migranti finora ricollocati è stato accolto in Austria.
E cosa dire allora della Norvegia?.
Il governo di Oslo ha deciso, nell’aprile 2016, di offrire Mille euro ai rifugiati perchè scelgano la via del ritorno: 10.000 corone (1.200 dollari statunitensi) a chi decide di lasciare il Paese. La cifra, però, verrà pagata solo ai primi 500 che presenteranno domanda, in aggiunta alle 20.000 corone che già vengono assegnate a chi lascia il Paese: ”
Chi primo arriva — è il principio alla base del provvedimento — primo viene servito”. Nord Europa sempre più off limits per i migranti.
Nel 2016, il ministro dell’Interno svedese, Anders Ygeman, ha annunciato che il Paese si prepara a espellere tra i 60mila e gli 80mila richiedenti asilo, un numero talmente elevato da richiedere speciali voli charter.
A ruota segue Finlandia, che prevede di rimpatriare circa 20mila dei 32mila profughi che hanno chiesto asilo nel 2015.
Agli annunci seguono i fatti. A questo variamente colorito “Fronte” sovranista fa parte a pieno titolo, e con un ruolo guida, il padre-padrone dell’Ungheria, l’Edificatore di muri, l’Esaltatore delle frontiere blindate (altro che porti aperti): il primo ministro Viktor Orban.
La parola inclusione non esiste nel suo vocabolario politico, e non parlategli di migranti da ospitare o di quote da alzare: sarebbe come dichiarargli guerra.
Il sovranista magiaro Orban, nella sua politica di chiusura, conta sul Gruppo di Visegrad (oltre l’Ungheria, ne fanno parte Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia).
Lo scontro è in Europa e sull’Europa. È lo stesso Orban a evidenziarlo, quando minaccia di agire legalmente contro la Commissione europea e resistere contro le quote obbligatorie di redistribuzione dei migranti, fino a porre il veto, se Bruxelles non le cancellerà dalla sua agenda.
Per inciso: il premier ultra conservatore ungherese, è un membro del Partito popolare europeo. Eppure per primo ha sbarrato la frontiera; gli uomini del polacco “Giustizia e Diritto” (il partito di Kaczynski ora al governo) guidano l’opposizione alle politica delle quote.
“Come gruppo Visegraad, non possiamo lasciarci intimidire”, aveva Orban in una recente conferenza stampa con i colleghi Bohuslav Sobotka (Repubblica Ceca), Robert Fico (Slovacchia) e Beata SzydÅ‚o (Polonia), proprio nel giorno in cui in Ungheria è entrata in vigore la legge che prevede la detenzione sistematica di tutti i migranti e i rifugiati in attesa che sia valutata la loro posizione.
Secondo le nuove norme, tutti i profughi che entrano nel paese, insieme a quelli già presenti, saranno trasferiti in due centri di detenzione allestiti nelle “zone di transito” alle frontiere con Serbia e Croazia, dove saranno trattenuti in attesa dell’esame della domanda di asilo.
La legge, approvata agli inizi di marzo e fortemente voluta da Orban, si applica a tutti i rifugiati e i migranti, compresi i minori di 14 anni.
Il “Fronte del Nord” arruola le Repubbliche baltiche: a dire “no” ai migranti (che provengono dalla rotta mediterranea e dall’Italia) sono la Lettonia, la Lituania, l’Estonia. la Lettonia si è detta disposta ad accettare, se proprio deve, solo rifugiati con bambini e persone qualificate con esperienza e conoscenza delle lingue straniere e condizioni simili sono stare imposte anche da Estonia e Lituania.
Il “Fronte del Nord” è specialista in barriere. Non solo politiche, ma fisiche.
Quella realizzata dall’Ungheria è una barriera alta 4 metri di filo spinato che corre lungo i 175 chilometri della frontiera fra lo Stato magiaro e la Serbia. Così viene spezzata la cosiddetta rotta balcanica, possibile via di fuga dei popoli del Medio Oriente nella morsa della guerra e della povertà . .
In Macedonia, nell’area confinante con la Grecia, c’è un pre-muro, che va di fatto erigendosi nell’area presidiata dai militari della Fyrom ( ex Repubblica Jugoslavia di Macedonia).
Un’altra muraglia è in costruzione sul fianco sud dell’ex-Patto di Varsavia.
La Bulgaria erige uno sbarramento alto tre metri in metallo con tanto di filo spinato che si estenderà sul confine con la Turchia, per fermare l’ondata di profughi delle guerre mediorientali.
In un periodo di crisi migratorie cui si risponde con muri, la notizia della realizzazione di una barriera sul confine con la Federazione Russa da parte della Lettonia non desta particolare scalpore.
Scopo ufficiale dell’opera, secondo Riga, è impedire il passaggio di immigrati irregolari provenienti dall’Asia. Secondo Evgenij Pozniak, portavoce della guardia di frontiera lettone, la barriera — in costruzione dal 2015 — ha già raggiunto i 23 chilometri di lunghezza.
A questa recinzione alta 2,7 metri e sormontata da filo spinato si aggiunge una fascia di sicurezza lunga 65 chilometri dalla parte lituana della frontiera con la Federazione. Obiettivo ultimo del progetto — cui saranno consacrati 17 milioni di euro, due dei quali provenienti dall’Unione europea – — è di estendere entro il 2019 la barriera a circa duecento chilometri del confine con l’ingombrante vicino su un totale di 276 chilometri; la parte rimanente è già difesa da barriere naturali (come zone paludose) . Muri, barriere, soldi se te ne torni a casa, leggi anti-inclusive, porti chiusi: il “Vento del Nord” imperversa in Europa.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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