IL GIOCO FACILE DEL CORRUTTORE E LE AMNESIE DI RENZI
NON SERVONO AUMENTI DI PENA SE ALLA PENA NON CI SI ARRIVA, MA AGENTI SOTTO COPERTURA, COME AVVIENE NEGLI USA E COME CI CHIEDE L’EUROPA
Molti parlano di corruzione e sembrano sapere che cosa fare per reprimerla.
Quelli che esibiscono le opinioni più nette sono gli stessi che non hanno idea di cosa siano un’indagine e un processo per questo tipo di reato.
La corruzione è (quasi sempre) un reato senza testimoni.
Quando il fatto viene commesso – quando i soldi cambiano mano o viene formulata la promessa illecita – sono presenti solo il corrotto e il corruttore ma per ovvie ragioni nessuno dei due ha alcun interesse a raccontare l’accaduto ai magistrati o alla polizia.
Questo anche perchè manca ogni norma per incentivare la collaborazione con la giustizia, come nelle indagini per mafia.
Quasi mai esiste una notizia di reato nella quale si dica esplicitamente che il tale funzionario pubblico ha preso una tangente o che il tale cittadino l’ha pagata.
Quando le denunce arrivano sono di regola imprecise o congetturali e richiedono l’avvio di lunghi e faticosi accertamenti.
Fra questi le intercettazioni, sulle cui spese conviene, in breve, soffermarsi.
Un’intercettazione ambientale costa infatti circa 80 euro al giorno, un’intercettazione telematica 120 euro al giorno, l’intercettazione di messaggi whatsapp 200 euro al giorno (!), il noleggio delle varie apparecchiature fra i 50 e i 100 euro al giorno.
Con queste tariffe un’indagine media arriva facilmente a bruciare fra i 500 e i 1000 euro al giorno.
E un’indagine media dura mesi, quando non addirittura anni.
Uno potrebbe dire: va bene, lo Stato spenda quello che c’è da spendere purchè il fenomeno sia investigato e represso con efficacia. Purtroppo non è così.
Per molte ragioni – la cautela degli indagati, l’omertà di chi potrebbe collaborare, la sproporzione fra il fenomeno e i mezzi per combatterlo – questa complicata e costosa rete lascia sfuggire quasi tutti i pesci.
Le poche volte che questo non accade e che a carico di qualcuno vengono acquisiti concreti elementi di prova inizia un’interminabile trafila, sempre uguale: ordinanze di custodia cautelare, riesami, questioni preliminari, dibattimenti, trasferimenti di magistrati, ripetizione dei dibattimenti, primo grado, Appello, Cassazione, nullità , inutilizzabilità , prescrizione, sconti di pena, attenuanti generiche, ricorsi, riammissioni in servizio, scusate tanto abbiamo scherzato.
A fronte delle enormi spese di queste indagini e dei relativi processi, il numero di persone per le quali si arriva a una sentenza di condanna definitiva e a una effettiva espiazione di pena, è semplicemente ridicolo.
Una combinazione più unica che rara di spese enormi e di risultati pressochè nulli.
In un contesto simile aumentare le pene – per la corruzione o per qualsiasi altro reato – è del tutto inutile e rischia di essere propagandistico.
Tocca per l’ennesima volta ricordare la lezione di Beccaria: la capacità di intimidazione e di prevenzione di una pena non è legata alla sua misura e alla sua durezza ma all’elevata probabilità e soprattutto alla rapidità della sua applicazione.
Provate a parlare a un pubblico ministero americano di questi argomenti.
Provate a dirgli come funziona (funziona?) in Italia il sistema della repressione penale di questi reati.
Vi guarderà con espressione incerta, chiedendosi se state scherzando o se vivete in un Paese di pazzi.
Poi, dopo essersi ripreso, vi spiegherà come fanno loro e immancabilmente vi parlerà di agenti sotto copertura.
L’agente sotto copertura è un ufficiale di polizia che, con una falsa identità , avvicina un criminale e gli propone un affare.
Se l’altro accetta si consuma il reato e (indipendentemente dal fatto che l’arresto scatti subito o lo si rinvii per approfondire le indagini e individuare ulteriori colpevoli) le possibilità che il malandrino possa sottrarsi alla giustizia sono molto ridotte.
C’è il filmato, c’è la registrazione, c’è poco da discutere o interpretare.
In Italia è già prevista la possibilità di compiere operazioni sotto copertura per reati di criminalità organizzata, traffico di armi e droga, per pedopornografia.
Non è prevista per il reato che più di tutti lo richiederebbe, cioè appunto la corruzione. Eppure non si tratta di un’idea bizzarra di qualche magistrato forcaiolo.
Ce lo chiede, come si suol dire, la comunità internazionale.
L’articolo 50 della convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla corruzione impegna gli stati firmatari ad adottare norme che consentano le operazioni sotto copertura, con presupposti chiaramente indicati e sotto il rigoroso controllo dell’autorità giudiziaria.
La convenzione Onu è stata ratificata dall’Italia già da oltre 5 anni ma da allora nulla è accaduto. O quasi.
Va detto infatti che giace in commissione Giustizia alla Camera un buon disegno di legge presentato da alcuni parlamentari del Pd proprio in materia di operazioni sotto copertura e lotta alla corruzione.
Se questo disegno di legge fosse rapidamente esaminato e approvato – assieme ad altre fondamentali riforme, in materia di prescrizione e collaboratori di giustizia – , il senso di impunità di corrotti e corruttori comincerebbe a sgretolarsi.
E soprattutto si farebbe percepire ai cittadini e alla comunità internazionale che in questo Paese c’è la volontà di uscire davvero dalla poltiglia morale.
Quella in cui alcuni sguazzano e in tanti rischiano di affogare.
Gianrico Carofiglio
(da “La Repubblica”)
Leave a Reply