IL GOVERNO SI VERGOGNA DI AMMETTERE CHE STA REGALANDO ALTRE MOTOVEDETTE AI CRIMINALI LIBICI E HA SEGRETATO LA DONAZIONE (ANCHE ALLA TUNISIA)
IL GOVERNO METTE NEL MIRINO ANCHE LE SEZIONI IMMIGRAZIONE DEI TRIBUNALI: “NON DECIDERANNO PIU’ I TRATTENIMENTI” (LA DECISIONE PASSERA’ ALLE CORTI DI APPELLO). LA PROTESTA DELL’ASSOCIAZIONE MAGISTRATI
Un blitz per togliere competenze sui migranti trattenuti e sottoposti alla procedura accelerata di frontiera alle sezioni specializzate dei tribunali di primo grado e passarle alla Corte di appello: è la clamorosa contromossa del governo e della maggioranza contro chi sta smontando il giocattolo albanese.
Ma c’è molto di più nella raffica di emendamenti che la deputata Sara Kelany, FdI, relatrice del decreto Flussi, ha presentato nella serata di martedì alla Camera. C’è ad esempio una cortina di silenzio che si alzerà sulle prossime motovedette che l’Italia donerà alle Guardie costiere di Tunisia e di Libia.
L’emendamento “motovedette” è chiarissimo: si utilizza un cavillo del Codice degli appalti per stendere il segreto su questa particolare forma di fornitura. «Nell’ambito delle iniziative volte al rafforzamento delle capacità di gestione e controllo delle frontiere e dei flussi migratori – si legge nella Relazione di accompagnamento – e per le attività di ricerca e soccorso in mare, lo Stato italiano provvede a cedere a Paesi esteri mezzi e materiali da destinare alle predette finalità… impongono la necessità di adottare speciali misure di sicurezza nell’esecuzione dei relativi contratti».
Il primo a scoprire l’inghippo è stato Riccardo Magi, segretario di +Europa. Dice: «Al governo non basta neppure nascondere i prossimi trasferimenti di motovedette alla Tunisia o alla Libia per fargli fare il lavoro sporco. Prevede pure una deroga all’obbligo di “motivazioni” quando si ricorre a questo tipo di forniture segrete. Vogliono il silenzio assoluto sugli aiuti a quelle cosiddette Guardie costiere».
Del resto buona parte della strategia italiana contro i flussi di immigrazione clandestina fa perno sulla Tunisia, sia per frenare le partenze, sia per riprendersi i suoi cittadini sbarcati in Italia.
«Il governo e la maggioranza – denuncia Giuseppe Provenzano, Pd – continuano a ignorare le gravi violazioni dei diritti umani in Tunisia. È grave anche che il governo si rifiuti di sollecitare un’indagine europea urgente sulle condizioni dei migranti in Tunisia, ignorando le molte denunce di abusi e violenze, e continui a considerare la Tunisia come un Paese sicuro».
Il colpo di mano sui tribunali, però, è sicuramente la novità più clamorosa e alimenta un nuovo capitolo nello scontro con i magistrati. Siccome le sezioni specializzate sull’immigrazione (in particolare quella di Roma che decide sui migranti portati in Albania) passano per essere le “nemiche” del governo perché bocciano i trattenimenti ordinati dai questori, di fatto inceppando il meccanismo delle procedure accelerate su cui tanto contava Giorgia Meloni, la contromossa è togliergli la competenza. Già, perché trasportare i richiedenti asilo in Albania è ritenuto fondamentale a palazzo Chigi per l’effetto “deterrenza” sulle partenze.
Così si passa la palla alle Corti di appello, «che però – denuncia il deputato Matteo Mauri, Pd – sono già sotto pressione. Ma la cosa più grave è che dal 2017 si occupavano di questa materia dei giudici che si sono specializzati e conoscono a fondo la situazione dei Paesi dove i migranti verrebbero rimandati. In Corte di appello sarà un tourbillon di persone».
Aggiunge Magi: «Non potendo fare l’emendamento Musk per cacciare i giudici che non obbediscono, per mascherare il fallimento dell’esperimento albanese, governo e maggioranza continuano a intervenire compulsivamente e in modo isterico sulla normativa che disciplina il trattenimento delle persone che fanno richiesta di asilo. La scelta del governo è dettata unicamente dal tentativo isterico di cambiare giudici sui provvedimenti relativi alla detenzione in Albania».
Dall’associazione nazionale magistrati puntualmente si fa sentire il segretario generale Salvatore Casciaro: «L’impugnazione in Corte d’appello contro i provvedimenti in materia di protezione internazionale e l’attribuzione alla stessa Corte della competenza sulle convalide dei trattenimenti renderanno plausibilmente meno celere la definizione dello status dei richiedenti asilo, col rischio di allungare anche i tempi di permanenza di coloro che non hanno titolo per restare in Italia. Si tratta di modifiche in grado di ingolfare gli ingranaggi della macchina della giustizia alimentando, in tempi di Pnrr, nuovo rilevante contenzioso per le Corti d’appello, già – come noto – oltremodo oberate».
(da la Stampa)
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