IL GRAN CONSIGLIO M5S PER PLACARE LA RIVOLTA: DI MAIO LE PROVA TUTTE PUR DI NON MOLLARE LA POLTRONA
UN ORGANO POLITICO PER CONDIVIDERE LE RESPONSABILITA’ CON APPENDINO, TAVERNA, DI BATTISTA E FICO… SOSPETTI SU CONTE MENTRE BUGANI SE NE VA
Un ulteriore upgrade dell’organizzazione interna. Intorno a questa soluzione ruotano i pensieri e le valutazioni di Luigi Di Maio. Non subito, a ridosso degli Stati generali convocati per metà marzo.
Una sorta di comitato che faccia da raccordo tra i Facilitatori e il capo politico. E che si collochi subito al di sotto del leader.
Un vero e proprio gabinetto di guerra a sentire i nomi che stanno circolando in queste ore: Chiara Appendino, Paola Taverna, Alessandro Di Battista e Roberto Fico, anche se il ruolo istituzionale di quest’ultimo sta consigliando un surplus di valutazione.
Non è un elenco chiuso, le geometrie sono variabili. Ma la caratura interna dei nomi in ballo dà il senso di un’operazione che è tutt’altro che di facciata.
Il comitato avrebbe un ruolo tutto politico. Sarebbe nei fatti una sorta di camera di compensazione tra il carattere tecnico e organizzativo che ha — almeno nelle intenzioni – la nuova struttura creata nelle ultime settimane e la sintesi sulle scelte che di volta in volta si dovranno assumere.
La ratio è semplice. Da un lato cedere un altro pezzetto di governance del Movimento, creando una sorta di gran consiglio deputato a spartirsi oneri e onori con il leader. Dall’altro riprendere in mano più saldamente le redini dei 5 stelle coinvolgendo al comando i volti più autorevoli e riconosciuti dagli attivisti e dalla base parlamentare.
Già , la base parlamentare. Non è passata inosservata, tutt’altro, la pubblicazione di stralci dell’intervista concessa da Giuseppe Conte a Maurizio Belpietro, un’anticipazione del nuovo libro del direttore de La Verità pubblicata oggi dal quotidiano. Un passaggio in particolare.
Quello in cui Rocco Casalino tenta di allontanare l’idea che tra Di Maio e il premier ci sia dissidio, facendolo con una tesi scivolosa. Eccola: “Diciamocela in maniera nuda e cruda. Un gruppo parlamentare, che vuole colpire Luigi, cerca un altro al suo posto. Insomma, capisco che qualcun altro voglia mettere lui. Questo però non significa nè che sia disponibile, nè che si stia muovendo in tal senso”.
Nella smentita, una conferma. Quella che a Palazzo Chigi si ha la consapevolezza che il leader pentastellato non ha più il controllo dei suoi. La risposta che dà Francesco D’Uva quando gli si pone il quesito è significativa: “Non può essere una persona al di fuori del Movimento a poter spiegare cosa succede al nostro interno”.
L’ex capogruppo taccia il collegamento come “inverosimile”, ma il riferimento alla “persona al di fuori” è un segnale evidente di come le acque non siano affatto tranquille.
Nonostante le smentite di rito, più fonti confermano che i rapporti siano tutt’altro che idilliaci. E nel corpaccione dei dimaiani di ferro continuano ad avvelenare i pozzi che le voci del passo indietro arrivino direttamente dalla presidenza.
Voci che continuano ad essere smentite seccamente. Un fonte che ha contatti frequenti con il ministro degli Esteri lo conferma ad Huffpost: “Ho parlato con Luigi. Non ha intenzione di dimettersi. Anche perchè non ci sono soluzioni oltre a lui, è una patata bollente che nessuno ha fino in fondo il coraggio di prendersi. E in questa fase con chiunque al suo posto ci indeboliremmo”.
C’è poi tutto il fronte Casaleggio/Rousseau a intersecarsi e sovrapporsi alla situazione di per sè già turbolenta. Di Maio ha avallato lo schema Facilitatori per rispondere alle critiche di solipsismo.
Ma in tanti hanno visto alcune scelte come mediate con l’azienda di Milano. Su tutte quella di Enrica Sabatini, socia fondatrice di Rousseau, agli affari interni del Movimento. Una scelta che più voci vicine al capo politico definiscono come “mediata” con il figlio del co-fondatore.
“Un organo come quello di cui si parla — ragiona un parlamentare molto vicino alla leadership — sarebbe la risposta a tutti quelli che chiedono più condivisione e riconoscerebbero le facce di chi da anni si batte per i nostri valori”.
Nel frattempo Max Bugani ha lasciato il suo ruolo nel board di Rousseau, e fonti a lui molto vicine ne raccontano l’umore cupo ma smentiscono un suo possibile addio.
La tempistica è tutta da decidere. E le critiche non mancano.
Il senatore Emanuele Dessì chiede un confronto vero agli Stati generali. Un suo collega è pessimista: “Luigi metterà tutto in discussione, tranne il fatto che è lui a comandare insieme a chi decide lui”.
E sul nuovo Gran consiglio: “Tu puoi spostare e muovere pedine fin che vuoi, ma finchè non capiamo chi e cosa siamo diventati e dove vogliamo andare servirà a ben poco”.
Se sarà vero confronto, la vulgata indica tre porte davanti al Movimento, tre strade da imboccare. La prima è quella spinta fortemente da Beppe Grillo, partita dall’operazione governo con il Pd e che guarda al mondo del progressismo.
La seconda, spiegano, vorrebbe un Di Maio che vuole sì preservare l’indipendenza, ma che guarda maggiormente all’alveo del centrodestra.
La terza è quella del “soli contro tutti” a là Di Battista, che non dispiacerebbe in un futuro post governativo nemmeno a Casaleggio.
Scenari futuribili, che passano tutti da un pre requisito che per ora non sembra essere nella disponibilità di chi disegna traiettorie verso l’orizzone: la contendibilità della leadership del Movimento.
(da “Huffingtonpost”)
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