IL NAZARENO E’ FERMO NELLA PALUDE DI SILVIO
DALL’OTTAVO INCONTRO TRA IL PREMIER E L’EX CAVALIERE ESCE UN COMUNICATO IN CUI VA TUTTO OK… MA SENZA LA PISTOLA DELLE ELEZIONI CARICA NON SI PROCEDE
L’Ottava del Nazareno. Al buio, ovviamente. Alle cinque della sera a Palazzo Chigi, con sessanta minuti d’anticipo sull’orario fissato.
Il patto segreto cambia colore dopo la sceneggiata delle dimissioni annunciate di Napolitano nello scorso fine settimana.
Le tinte renziane si sbiadiscono un po’ e Berlusconi riesce a impantanare il tormentone dell’Italicum per allontanare l’incubo delle Politiche nel 2015 e soprattutto a puntellare il suo ruolo di “grande elettore” del prossimo capo dello Stato. Alle fine dell’ottavo vertice tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi c’è persino un comunicato congiunto, in cui si ribadisce “la scadenza naturale della legislatura nel 2018” e il “patto è più solido che mai”. S
crivono Pd e Forza Italia, a proposito della trattativa sulla legge elettorale: “Le differenze registrate sulla soglia minima di ingresso e sulla attribuzione del premio di maggioranza alla lista, anzichè alla coalizione, non impediscono di considerare positivo il lavoro fin qui svolto e di concludere i lavori in aula al Senato dell’Italicum entro il mese di dicembre e della riforma costituzionale entro gennaio 2015”.
In pratica, nel colloquio a sei di Palazzo Chigi, da un lato Renzi, Guerini e Lotti, dall’altro Berlusconi, Gianni Letta e Verdini, non è stata raggiunta l’intesa sulla fatidica soglia di sbarramento, che i “piccoli” vogliono al tre per cento, Forza Italia al cinque e il compromesso della vigilia si assestava al quattro per cento.
Per di più, viene rinviata in Parlamento anche la svolta renziana del premio di lista, alzato comunque al 40 per cento, coalizione o lista che sia.
Al contrario, il fronte berlusconiano incassa il numero dei collegi, 100, e soprattutto i capilista nominati mentre il resto saranno tutte preferenze.
In questo modo, Silvio avrà ancora una volta la possibilità di scegliere i suoi parlamentari, collegio per collegio, considerato che con i suoi voti attuali porterà a casa un centinaio di deputati.
L’ottavo vertice del Nazareno è durato novanta minuti e le colombe forziste riferiscono di “una sintonia totale”, quasidi “un amore ritrovato”.
Appena una settimana fa gli umori erano l’opposto, dopo il settimo incontro tra i due contraenti, sempre di mercoledì.
A detta dei “nazareni” azzurri B. era stato risucchiato dall’antirenzismo del suo cerchio magico e della fronda pugliese di Raffaele Fitto.
A distanza di sette giorni tutti sprizzano gioia dalle parti di Forza Italia.
Sia i “nazareni” di Verdini perchè “il patto è vivo e vegeto e non è stato ammazzato”. Sia i ribelli perchè adesso il patto è stato rimodulato e gli azzurri non subiranno passivamente le offensive renziane.
Questione di punti di vista. Basta aspettare i fatti per sapere chi avrà ragione.
In ogni caso, il comunicato congiunto di ieri, sottoscritto da Forza Italia e Partito democratico, è il preludio ideale alle grandi manovre per la successione di Napolitano. Ovviamente se i forzisti godono, dall’altra parte si registra un indebolimento oggettivo di Renzi, che adesso dovrà affrontare tutte le prove parlamentari, compresa quella dell’Italicum, senza la pistola carica del voto anticipato nel 2015.
È questo il risultato maggiore della settimana, apertasi nel segno della “stanchezza” di Re Giorgio e dal toto-Quirinale.
Non è un caso che, stavolta, pure Angelino Alfano, capofila dei “piccoli” in quanto leader di Ncd, esulta con un tweet: “Ottimo incontro tra Renzi e Berlusconi. Avanti tutta”.
Anche questo non era mai accaduto sinora. È la certificazione dell’ammuina in atto sull’Italicum e che sta ingabbiando Renzi.
In fondo, il caos scatenato dalle voci su Napolitano era diretto proprio contro il premier.
Per la serie: “Non sarò io il capo dello Stato che scioglie le Camere, piuttosto me ne vado”.
L’Ottava del Nazareno muta il paesaggio politico del renzismo trionfante.
È come se il premier fosse stato spinto in un angolo. Toccherà a lui uscirne e dimostrare di rispettare la tabella di marcia indicata in maniera ambigua nel comunicato di ieri: “Le differenze non impediscono” l’approvazione entro l’anno della nuova legge elettorale. Il significato da attribuire a quel “non impediscono” variano da soggetto a soggetto e soprattutto indica il nuovo stato delle cose.
Prima Renzi poteva ricattare tutti, sia la minoranza del Pd, sia Berlusconi e Alfano, con l’arma del voto.
Adesso non più.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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