IL PARTITO “NO DRAGHI” DENTRO IL M5S DA’ BATTAGLIA: TUTTI CONTRO LA LEGA
A GUIDARE LA FRONDA NON E’ SOLO DI BATTISTA… I GOVERNISTI INVECE DICONO SI’ SOLO A UN “ESECUTIVO POLITICO”
Il Movimento 5 Stelle può reggere un esecutivo guidato da Mario Draghi ed evitare una vera e propria implosione solo se all’interno ci saranno figure politiche. Ma questo potrebbe non bastare.
Se la presenza di Forza Italia scuote i grillini, la possibilità che nella compagine governativa ci sia anche la Lega è un vero e proprio scossone che può avere effetti devastanti in un partito già molto provato.
I pentastellati si presentano nella loro condizione peggiore alle consultazioni con il premier incaricato Mario Draghi. Ci sono almeno cinque partiti nel partito, in ordine sparso, e non c’è un leader, una guida, poichè Vito Crimi formalmente non è il capo politico ma è semplicemente un reggente.
Ed è in questo contesto che irrompe la dichiarazione in piazza di Giuseppe Conte, da molti grillini indicato ancora come possibile premier al posto dell’ex presidente della Bce.
“Non inquadrate Palazzo Chigi”, chiede il portavoce Rocco Casalino agli operatori per cucire addosso all’ex presidente del Consiglio un abito nuovo. Quello dell’aspirante guida di M5s: “Amici, io ci sono e ci sarò”.
Quindi il premier dimissionario dice di non essere un “ostacolo” al governo Draghi ma l’esecutivo dovrà essere politico. Parole che risuonano come un pannicello caldo tra i grillini. Un modo per ricompattare le truppe, in parte l’obiettivo viene raggiunto ma non è abbastanza.
Rimane la pattuglia degli irriducibili, quella guidata da Alessandro Di Battista. Secondo qualcuno sfiorerebbe quota quaranta senatori, un po’ troppi ma certamente è abbastanza nutrita. Ne fa parte anche Danilo Toninelli, che era ministro quando crollò il Ponte Morandi: “Per capire il grado di restaurazione in atto in Italia basta guardare il balzo in borsa del titolo Benetton-Atlantia. Un rialzo – osserva l’ex titolare delle Infrastrutture – che non si vedeva dal giorno in cui il sottoscritto terminò il mandato al ministero delle Infrastrutture. Serve altro per capire che il M5s non può votare Draghi?”.
Girovagando per la galassia pentastellata ci si imbatte quindi nella componente del “con Draghi nè ora nè mai”. Neanche le parole di Conte riescono a fare breccia nel cuore di tutti. Ecco Barbara Lezzi: “M5s non voterà la fiducia”.
Un altro senatore a taccuini chiusi spiega così la sua posizione: “Al governo con Berlusconi e Draghi? Guardi, prima mi devo laureare in fantascienza applicata. Non regalerò venti punti alla Lega in una giornata”.
Si aggiunge il senatore M5s Mattia Crucioli che tira in ballo il complotto: “Non consegniamo il potere a chi rappresenta interessi che pretendono di imporre scelte e riforme strutturali che, passata la crisi, potremmo pagare care”. Un altro osa ancora di più: “Se diciamo sì a Draghi, io comunque voto no. E mi creda, oggi metà del gruppo è di questa idea”.
Forse è un pronostico esagerato, alla luce anche dell’invito che Conte ha rivolto. Certamente però un governo con la Lega e Forza Italia insieme non sarà digerito dal Movimento senza perdere parecchi pezzi. “Salvini? La domanda va fatta al Pd. Mica al Movimento. Il Pd vuole M5s o la Lega?”. Un deputato seduto su una panchina nel cortile di Montecitorio sgrana gli occhi quando legge le agenzie in cui Salvini dice ‘o Grillo o no’: “Eh sì, il tema di chi sarà in maggioranza sarà dirimente”.
A metà pomeriggio è il capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci, in un’intervista al Foglio, a sbarrare la strada a Salvini: “Non ci sono le condizioni per un governo insieme alla Lega”. Insomma, l’ex alleato non va proprio nominato e viene fiutata la trappola: “Ormai tutti giocano a spaccarci…Renzi, Salvini”, osserva un senatore grillino per il quale Salvini vuol distogliere l’attenzione dai problemi interni alla Lega dove c’è una parte, il mondo industriale e produttivo che vuole sostenere Draghi, e la base che lo rifiuta. “Pensasse a Giorgetti, Zaia, Fedriga. Ai suoi problemi che ha in abbondanza, anche a giudicare dalle esternazioni asimmetriche che fanno”.
A Montecitorio guida il fronte del ‘no’ Luigi Gallo: “Il capo del governo deve essere un politico del Movimento che abbia spessore istituzionale e che conduca l’agenda dei nostri temi strategici”. Si allinea Giulia Sarti: “Ribadisco anche io che voterò No alla fiducia a Draghi. Siamo stati abituati a valutare le persone su quello che hanno fatto e non su quello che promettono”.
Paola Taverna, che fino a qualche ora fa era sulla posizione del mai e poi mai con Draghi, passerebbe sul fronte “con Draghi ma non troppo”, quindi prendere tempo e valutare l’astensione.
Il blocco più consistente è quello delineato dal premier dimissionario: “Con Draghi ma solo se nel governo ci sono i nostri ministri”, quindi se il governo sarà politico. Ne fanno parte i pezzi grossi. Luigi Di Maio primo fra tutti. Colui che pur non essendo più capo politico tenta la mediazione all’interno del Movimento invitando tutti a una prova di maturità , a vedere le carte prima di decidere. È una corrente che può metterne d’accordo almeno tre, almeno per qualche ora: “Abbiamo il dovere di ascoltare”. E richiama tutti a una prova di maturità .
(da “Huffingtonpost”)
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