IL PATTO DELL’OMERTA’ DI GRILLO: “MA QUESTO DIRETTORIO E’ FINITO”
IL FONDATORE CERCA DI SEDARE LA RISSA INTERNA, MA E’ ANCORA UN TUTTI CONTRO TUTTI… RIVOLTA TRA I SENATORI, IN 12 PREPARANO UN DOCUMENTO… LA TAVERNA ASSENTE A NETTUNO
È costretto a rimetter su la maschera del padre buono che conforta e perdona, Beppe Grillo.
Voleva star fuori dai guai romani, ma è dovuto correre nel giorno in cui tutto stava per crollare.
Il fondatore del Movimento e i 5 ragazzi cui aveva dato la responsabilità di coordinarlo si sono visti in un posto che – per la prima volta in tre anni – è rimasto segreto.
Perchè il patto era questo: basta trucchetti, soffiate ai giornali, linee contrapposte. Occhi negli occhi, telefoni al centro del tavolo, Roberto Fico, Carlo Sibilia, Alessandro Di Battista e Carla Ruocco hanno tirato fuori tutto: la rabbia per quanto accaduto nella gestione del caso Muraro e delle lotte interne al Campidoglio.
La fuga in avanti di Luigi Di Maio, nel coprire Virginia Raggi e nel darle troppa autonomia. Il caso della lettera del direttorio alla sindaca di venerdì scorso, che doveva essere un modo per chiederle di rientrare nei ranghi, ma che è stata diffusa alla stampa prima ancora di essere chiusa e per questo bloccata dall’ira del presidente della Vigilanza Rai.
Una lunga sequenza di errori che il fondatore ha ascoltato cercando di sedare gli animi: “Ora dobbiamo mostrarci uniti”, ha detto. “Ammettiamo i nostri errori, saliamo sul palco insieme e tutto si risolverà . Non dobbiamo permettere che ci massacrino, non aspettano altro”.
Lo sguardo su Di Maio è severo, ma alle otto e 45 della sera, dopo il mea culpa del vicepresidente della Camera, arriva un abbraccio: la camicia nera di Grillo intrecciata a quella bianca di colui che un giorno definì “un mostro di bravura” concludendo “mi farà fuori”.
Tutto è cambiato, lunedì. Le decisioni solitarie del vicepresidente della Camera su strategie, incontri e linea politica sono il passato. “Condividere”, è la parola d’ordine che conduce al patto della finta unità .
Un ritocco al direttorio potrebbe arrivare presto, magari con l’ingresso di un senatore. Palazzo Madama è in fiamme. Si sono visti in dodici, in Senato, pronti a chiedere presto un “riequilibrio nel Movimento”. Lo chiama così la senatrice Barbara Lezzi. “Una volta decidevamo le cose tutti insieme, magari trapelava qualcosa, ma è anche giusto”, ricorda Gianluca Castaldi.
Quanto ai deputati sono infuriati con Virginia Raggi e con chi l’ha protetta: “Ci sono assessori che mandano pizzini a quelli dello studio Previti”, sbotta un parlamentare. “E Marra, che senso ha se si limita a spostarlo?”.
È anche per questo, che la linea sulla sindaca di Roma cambia. Grillo decide all’ultimo momento di non incontrarla, di chiamarla soltanto. Non è ancora arrivato il momento di giocare la carta della sfiducia, ma una distanza va messa.
Così, Virginia resta fuori dal palco di Nettuno. E decide di non andarci neanche la senatrice Paola Taverna. Ha visto Grillo, ha spiegato che lei non c’entra nulla con le prove mostrate dai giornali su quel che Di Maio sapeva dell’indagine su Paola Muraro. Non se la sente, però, di salire sul palco del perdono.
Sa che qualcuno ha pensato di dare la colpa a lei.
Ma non tutti fingono, su quel palco. Roberto Fico parla di “momenti durissimi”. “Il Movimento è un’utopia, non ci sono leader, se facciamo una rivoluzione a metà sarà una rivoluzione fallita”.
Sono tutti ospiti di Alessandro Di Battista e dell’ultima tappa del suo tour. Lui li aspetta nervoso. Lascia loro la parola mentre Carlo Sibilia gli fa una carezza. Poi se la riprende introdotto da Grillo che fa l’elogio di “un ragazzo che ha fatto 5mila chilometri e finisce qui nella piazza della giustizia e del perdono”. Lui parla di errori in buona fede, suda, si arrossa. Mentre abbraccia un Di Maio rigido e teso, Grillo lo guarda come un figlio che alla recita, a scuola, azzecca tutte le battute. Il nuovo frontman è “il Diba” già da un po’. Il passo falso di Di Maio, che lui chiama “fratello”, potrebbe costringerlo a prenderne il posto.
(da “La Repubblica”)
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