IL PIANO ALITALIA TENTA UN ATTERRAGGIO DI FORTUNA
GLI ESUBERI DIVENTANO 7.000 ( E GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI LI PAGHERANNO GLI ITALIANI), LA PARTE BUONA CEDUTA AI MAGGIORI CAPITALISTI ITALIANI CHE SE LA RIVENDERANNO TRA UN ANNO, GUADAGNANDOCI, AI PICCOLI AZIONISTI RIMARRA’ UN PEZZO DI CARTA STRACCIA, L’UNIONE EUROPEA CI SANZIONERA’ PER AIUTO DI STATO, E L’ANTITRUST PER POSIZIONE DOMINANTE SUL TRATTO MILANO ROMA… SI E’ PERSO SOLO TEMPO E DENARO… UN PRIVATO SAREBBE FALLITO DA ANNI
Noi, la storia dell’orgoglio nazionale di avere una compagnia di bandiera, la barzelletta che non potevamo cedere ad Air France la nostra storica Alitalia per una questione di dignità e di affezione al tricolore, che non potevamo “svendere” la nostra tradizione, non ce la siamo mai bevuta.
Anche perchè tra chi perorava la causa mercantile (ovvio) di non accettare l’offerta francese che avrebbe penalizzato la Malpensa, c’erano quegli esponenti politici che del tricolore e delle tradizioni italiane non perdono occasione per dimostrare il proprio disprezzo.
Per noi il carrozzone Alitalia aveva succhiato fin troppi miliardi allo Stato: ultimamente perdeva 1 milione di euro al giorno, ma per anni gli stipendi dei manager erano milionari e quelli dei dipendenti il doppio di un normale impiegato privato. Una vergogna tutta italica di assunzioni clientelari, di raccomandati, di liquidazioni miliardarie, di rivendicazioni sindacali continue.
Un’azienda privata sarebbe fallita da anni e l’amministratore sarebbe finito in galera per bancarotta. Invece, grazie ad iniezioni robuste di contributi statali ( l’ultima del Governo Berlusconi di 300 milioni di euro), il malato terminale è stato tenuto in vita in coma artificiale.
Ora siamo arrivati alla “soluzione finale”: cerchiamo di esaminarla con obiettività .
In pratica si è fatto “uno spezzatino”, dividendo la parte sana e redditizia del gruppo e la bad company, quella che produce solo debiti. Da un lato la new.co, la nuova società costituita per rilevare il marchio e l’attività della Compagnia di bandiera, con 16 imprenditori italiani coinvolti, dall’altro il Piano fenice, predisposto dall’advisor Intesa San Paolo che, attraverso un commissario straordinario, gestirà gli asset restanti della vecchia compagnia e i connessi guai e debiti.
Prima parte: I sedici imprenditori ( tra cui Benetton, Colaninno, Ligresti, Mercegaglia, Caltagirone) finanziano la nuova società di nome Compagnia aerea italiana con un miliardo di euro e la nuova flotta ( ex Alitalia-Air-One) conterà su 150 aerei. Tengono solo i dipendenti strettamente necessari, rifanno i contratti ridotti e arrivano a avere un monopolio sulla rotta Roma-Milano.
Tagliati tutti i rami secchi ( 7.000 dipendenti a spasso), si garantiscono una società “pulita e sana”. Si vocifera o maligna una società ideale da vendere tra un anno a una compagnia internazionale ( Lufthansa o Air France). Insomma un affare in prospettiva per i 16 benefattori.
Seconda parte: la quota non produttiva viene “liquidata”, gli esuberi previsti sono 7.000 ( contro i 2.120 del tanto vituperato piano Air France di primavera, respinto dal Governo). Che fine faranno questi 7.000 dipendenti? “Non lasceremo nessuno in mezzo a una strada” ha subito precisato Matteoli. Tradotto dal politichese vuol dire “ammortizzatori sociali, cassa integrazione per sette anni, passaggio ad altri enti pubblici”.
E qui siamo alla farsa: pagheranno i contribuenti italiani in pratica. Non solo: il progetto è di girarne molti alle Poste Italiane. Ma come, abbiamo cacciato i precari pochi giorni fa, impedendogli di fare un legittimo ricorso, proprio perchè altrimenti “le Poste salterebbero in aria come bilancio” e ora assumiamo qualche migliaio di ex piloti, hostess, meccanici, impiegati? Già sul piede di guerra i sindacati delle Poste che non vogliono riciclati imposti dall’alto.
Gli altri problemi: Il titolo Alitalia è sospeso dal 3 giugno e già vale poco e nulla. Andando verso l’amministrazione straordinaria, i titolari di azioni si ritroveranno in mano un pezzo di carta, con valore azzerato, come in tutte le società in fase di smantellamento e già minacciano ricorsi e class action. Come verranno risarciti? Per ora solo a parole.
Altro problema: la scissione che darà vita alla bad company potrebbe essere considerata dall’Unione Europea come aiuto di Stato e incorrere nella sanzione di Bruxelles. E già siamo “inquisiti” per il prestito ponte di 300 milioni di euro pre-estivo.
Altro problema ancora: la legge istitutiva dell’Antitrust vieta le concentrazioni che restringono la concorrenza o che rafforzano le posizioni dominanti: l’unione Alitalia-AirOne sulla redditizia rotta Roma Fiumicino-Milano Linate rientra in questa fattispecie.
Per evitare una sentenza contraria, l’obiettivo del Governo, su cui sta lavorando, sarebbe di ridimensionare il ruolo dell’Autorità e sarebbe la prima volta in Italia.
Per evitare una condanna, insomma, si ridimensiona il potere del giudice…
Ora ci chiediamo se valeva la pena esporsi a questa figura e a questi rischi per non scontentare gli interessi di qualcuno ( capitalisti del Nord e Bossi). Qualcuno che alla fine ci guadagnerà pure, ne siamo certi ( i soliti noti), ma a saldare il conto sarà , come al solito, la maggioranza degli Italiani che pagherà debiti e stipendi altrui.
Se questa è una “grande e lungimirante operazione” per mantenere il tricolore sulle alette, lasciamo giudicare voi.
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