IL PIANO B DI GRILLO
DI MAIO, FICO E RAGGI AL VERTICE DEL M5S
La speranza (forte) per il dialogo e un piano B con un tris d’assi nel caso la situazione precipiti di nuovo.
Il primo passo è stato quello di trovare un metodo e di scrollarsi di dosso quei «tempi brevissimi» — tre giorni — che Beppe Grillo aveva suggerito. Il comitato dei sette saggi si è confrontato per la prima volta e ha subito inteso che i tempi di una mediazione prevedono un iter più lungo.
C’è chi assicura che si tratti di «sette o dieci giorni al massimo»: molte le questioni sul tavolo e troppo delicati gli equilibri da toccare.
Ecco perché i mediatori hanno ritenuto corretto stabilire un modus operandi, che risente anche degli impegni istituzionali e delle agende fitte dei sette. Confronti in videocall e massimo riserbo sui contenuti dello statuto, perché «andrà trovata una soluzione che non scontenti nessuno e che permetta al Movimento di ripartire con la fiducia necessaria».
Il filo del dialogo è molto sottile e per tenerlo vivo serve una compattezza che i 5 Stelle sembrano avere smarrito da tempo. Eppure ieri ci sono stati passi avanti. Le parole di Conte tra i big sono state lette come un segnale di apertura importante. I vertici si mantengono possibilisti: «Vedremo cosa accadrà, non è il momento di fare previsioni, ma quello di lavorare e stare in silenzio».
L’unica certezza che è stata stabilita dai sette al momento è che il punto di partenza «sarà lo statuto negoziato tra Conte e Grillo». «Tutti dovranno fare mezzo passo indietro e pensare al bene del Movimento», dice una fonte ma ovviamente «bisognerà capire che forzare i toni in questa fase è controproducente. E questo vale soprattutto anche per chi, al nostro interno, dovrebbe avere ruoli super partes», dice un pentastellato.
Il punto è che tenere a bada gli animi della truppa non è cosa semplice, anche se l’«esodo» contiano sembra essersi fermato. Il borsino dei possibili fuoriusciti ha segnato anche nelle ultime ore ulteriori battute d’arresto: un dato di fatto che aiuta in questa fase il dialogo tra le parti.
In ogni caso, Grillo ha anche un piano B, una strategia chiara qualora Conte decida di dar vita a un suo partito. La votazione sul comitato direttivo è sospesa, c’è chi assicura che «difficilmente si farà», ma il fondatore la tiene congelata.
Ed è pronto nel caso a rimettere mano alle regole di candidatura per avere la leadership più riconosciuta e con il consenso più netto tra gli attivisti. Ecco allora l’idea di calare un tris d’assi: un M5S guidato — tra gli altri — da Luigi Di Maio, Roberto Fico e Virginia Raggi. Tutti e tre — viene fatto notare — hanno «l’autorevolezza necessaria per imprimere una svolta».
Sui tre big — non è una novità — c’è pressione. Da quando si parla di scissione, in molti chiedono a Di Maio, Fico e Raggi di valutare una eventuale candidatura. Nessuno, ovviamente, ha mai confermato l’interesse, ma di fronte a un intervento del garante i tre, qualora la situazione precipitasse di nuovo, potrebbero rompere gli indugi. Tuttavia la prospettiva è ancorata al dialogo: «C’è già troppa carne al fuoco e il tempo non è molto. Concentriamoci sul presente», commenta un pentastellato.
(da agenzie)
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