IL PRECEDENTE DEL SERGENTE OLANDESE E’ L’ASSO NELLA MANICA DI BERLUSCONI
SI PUNTA SUL RICORSO ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO E SULLA VALENZA PENALE DELLA LEGGE SEVERINO
È l’asso nella manica. La vera carta con cui Berlusconi conta di bloccare i lavori della giunta del Senato per settimane, se non mesi.
Non la possibilità di sottoporre la questione della legge Severino alla Corte costituzionale, come tutti pensano.
Ostacolo insormontabile, vista la contrarietà del Pd. Quello servirà certo a guadagnare tempo, a sollevare una cortina fumogena.
Ma l’arma decisiva è il ricorso a Strasburgo alla corte europea dei diritti dell’uomo. Che i legali del leader Pdl depositeranno il 9 settembre in giunta, in apertura di seduta.
Nei sondaggi riservati svolti in questi giorni dagli uomini del Cavaliere sarebbe infatti emersa una disponibilità del Pd ad approfondire il problema della non retroattività della legge Severino in quanto norma penale.
Alcuni esperti di diritto europeo del Pd avrebbe infatti confermato che, sul piano della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, un eventuale ricorso di Berlusconi potrebbe trovare accoglienza.
A salvare il Cavaliere, hanno scoperto i berlusconiani, potrebbe essere il precedente del sergente Engel dell’esercito olandese, che nel 1971 si fece qualche giorno di galera per non essersi fatto trovare a letto durante un congedo per malattia.
Norma penale o regolamento militare? I giudici di Strasburgo allora e negli anni seguenti optarono per considerare le norme nella loro natura «ontologicamente penale», al di là della denominazione data dallo Stato nazionale e dal diritto interno.
E su questa base diedero ragione a soldato olandese.
E se il relatore Augello proponesse di attendere il ricorso del Cavaliere?
Nella fitta rete di contatti che le colombe Pdl stanno intrattenendo con l’ala governativa del Pd è venuto fuori questo spiraglio: i membri democratici della giunta potrebbero concedere al Pdl un «approfondimento» sulla giurisprudenza della Corte europea.
Al contrario il Pd avrebbe già fatto sapere di non poter “reggere” un rinvio della Severino davanti alla Consulta per un giudizio di costituzionalità . Al massimo i democratici potrebbero ammettere il diritto della giunta, in via ipotetica e in astratto, a rivolgersi alla Corte costituzionale.
Lo stesso Luciano Violante, capofila di questa scuola di pensiero, ieri lo ammesso pubblicamente: «Non ho detto che la giunta deve ricorrere, ma che è legittimata a farlo. E l’ho detto sia perchè lo hanno sostenuto illustri personaggi prima di me, uno fra tutti Onida, sia sulla base di quanto proposto dal Pd in Giunta il 1° giugno 2009 a proposito del Porcellum».
Così, tra una dotta disquisizione sulla natura penale della Severino, un alto dibattito sulla sede «giurisdizionale » della giunta, un ping-pong di pareri sulla costituzionalità delle nuove norme, una questione di «pregiudizialità », le colombe del Pdl e i governativi del Pd sperano di guadagnare mesi.
Arrivando a fine dicembre-gennaio.
Per dare modo ai giudici di Milano di deliberare sulla pena accessoria di Berlusconi: l’interdizione dai pubblici uffici.
Salvando così il governo e le larghe intese, che cadrebbero se la decadenza del Cavaliere fosse invece stabilita da un voto del Pd.
È un piano rischioso e pieno di incognite, anzitutto sul reale atteggiamento dei membri del Pd nella giunta (che hanno tra loro diverse sensibilità ).
Un progetto che prevede anche la domanda di grazia di Berlusconi a Napolitano, naturalmente dopo che l’interessato abbia iniziato a scontare qualche giorno ai domiciliari o ai servizi sociali.
Il Cavaliere, messo al corrente del piano da Alfano e Ghedini, lascia fare.
Ieri ha messo il silenziatore ai falchi e se n’è andato a San Siro a vedere il Milan.
«Io non mi fido di Violante e di quelli del Pd – va dicendo in questi giorni – ma vediamo cosa combinano».
Nel frattempo si prepara anche allo scenario opposto, quello della rottura e delle elezioni anticipate.
Nel circolo stretto del Cavaliere si parla di rifare la vecchia Casa delle libertà , con la nuova Forza Italia e una rosa di alleati.
Una riedizione del ’94 e del ’96, che vedrebbe di nuovo dentro i radicali di Pannella. Il dibattito semmai c’è su Pier Ferdinando Casini e l’Udc.
Da settimane nel Pdl osservano le aperture di Casini al centrodestra e le polemiche con Mario Monti.
Eppure Berlusconi resta ancora guardingo: «Di Pier non mi fido».
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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