IL PRESIDENTE TUNISINO KAIS SAIED MOLLA UNO SCHIAFFO ALLA MELONI: “NON FAREMO LA GUARDIA DI FRONTIERA PER ALTRI PAESI”
VISTO CHE I SOLDI PROMESSI NON ARRIVANO, SAIED MOLLA GLI ORMEGGI
Tunisi si smarca. Essere il “gendarme” a protezione dei confini degli altri, non va bene. O comunque non al prezzo stabilito dall’Europa.
“La Tunisia non può in alcun modo agire come un gendarme la cui missione è proteggere i confini degli altri. Può solo difendere i suoi confini, le proprie frontiere”. Ad affermarlo è stato il ministro dell’Interno tunisino, Kamel Fekih.
In una dichiarazione postata sull’account Facebook del ministero, Fekih ha parlato delle migrazioni irregolari come di una questione che richiede sacrifici e concessioni reciproche da parte dei Paesi più ricchi del mondo. Il ministro ha ribadito la ferma posizione del suo paese che – ha detto – mira a difendere esclusivamente i propri confini e si preoccupa di applicare le sue leggi interne.
La Tunisia, ha aggiunto, è uno stato che non può accogliere flussi massicci di migranti irregolari aldilà delle sue capacità sociali e finanziarie, né può fare da paese ospitante. Il ministro ha concluso sottolineando come ogni politica efficace sul tema passi necessariamente per un ampio consenso a livello globale su soluzioni che offrano i requisiti di una vita dignitosa ai cittadini dei paesi sub-sahariani.
“Se si stringe un accordo sull’onda dell’emergenza, se si fa capire che noi abbiamo l’urgenza di bloccare il flusso migratorio, si lascia il pallino nel campo della Tunisia, che giocoforza può agire su alcune leve per tenere Bruxelles e Roma appese alla sua volontà.- annota Bernardo Venturi, associate fellow dell’Istituto Affari Internazionali e docente all’università di Bologna, esperto di cooperazione e di Africa, in una interessante intervista al Quotidiano Nazionale.
“A mio avviso un accordo in questa fase non andava fatto. O non andava fatto solo con la Tunisia. Serviva una visione strategica più ampia che desse vita a un pacchetto multipaese che unisse investimenti economici e partnership industriali a garanzie per i diritti umani e desse ai Paesi africani un vero coinvolgimento politico nello sviluppo di politiche di crescita. Gli effetti sulle migrazioni sarebbero venuti di conseguenza”.
(da Globalist)
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