IL SINDACO LEGHISTA: “SMETTANO DI PARLARE ARABO IN PUBBLICO”. MA PERCHE’ NON INSEGNA PRIMA AI LEGHISTI A PARLARE ITALIANO?
LA ORIGINALE TESI DEL SINDACO DI BORGHETTO LODIGIANO COZZA CONTRO L’ABITUDINE DEI PADAGNI DI PARLARE TRA LORO IN DIALETTO IN PUBBLICO: A QUANDO UNA DELIBERA IN PROPOSITO?
A Borghetto Lodigiano, in piena campagna bassa padana, un complesso residenziale di 54 appartamenti, abbandonato a seguito del fallimento dell’immobiliare che li costruì, è da tempo divenuto luogo di residenza di famiglie di immigrati — soprattutto di origine egiziana — regolari ma senza alcun titolo ad abitare quegli immobili.
La proprietà , nel frattempo passata al tribunale, ha deciso di sgomberare in attesa che la struttura trovi nuovi acquirenti; che potrebbero essere anche gli attuali inquilini, avessero la forza economica di partecipare all’asta che assegnerà le case o di costituire una cooperativa.
“Stiamo agendo proprio per arrivare a questo tipo di soluzione” dice Enrico Bosani dell’Unione inquilini di Lodi, che aggiunge: “Vorremmo mettere insieme il più alto numero di residenti possibili proprio per proporci come acquirenti facendoci forza della costituzione della cooperativa”.
A stopparli, però, ci pensa il sindaco leghista di Borghetto, Giovanna Gargioni, che precisa: “Potranno partecipare all’asta ed essere membri della cooperativa solo quei cittadini che risultano in regola con le tasse dovute. In più — conclude — vorrei che queste persone smettessero di parlare arabo: lo parlassero a casa, in pubblico devono parlare italiano, perchè siamo in Italia”.
E qui sta il problema: perchè se questo concetto vale per tutti, come è logico in un Paese democratico, non si capisce perchè in tanti comuni governati dalla Lega, per strada non si senta parlare un corretto italiano, ma si debbano interpretare ciò che appaiono goorgoglii, ammuccamenti, vocali seviziate, parole decapitate, mugolii e inspirazioni tipiche da chi è affetto da faringite acuta.
Come non è giusto essere “travisati” in pubblico, bisognerebbe non “nascondersi” dietro segnali gutturali incomprensibili agli italiani, questo pare lo spirito del sindaco suddetto.
Siamo d’accordo con lui e diciamo, per una volta, non solo “prima gli italiani”, ma “prima i padani”: imparino loro a esprimersi in italiano, cosi’ quando gli arabi parleranno anch’essi in italiano, riusciranno finalmente a capire cosa dicono i suoi concittadini.
L’integrazione fra “clandestini” può iniziare anche dalle piccole cose.
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