IL WEB REFERENDUM PER L’INDIPENDENZA DEL FRIULI FA FLOP: VOTANO APPENA IN 7.000
GLI INDIPENDENTISTI AVEVANO PREVISTO 200.000 VOTANTI SU 750.000 FRIULIANI RESIDENTI
Il Friuli ha detto sì all’indipendenza. O meglio, lo ha fatto l’1,3% dei friulani: il web referendum per l’indipendenza, che si è chiuso alla mezzanotte del 31 ottobre dopo un mese di consultazioni sul sito www.plebiscitofriulano.eu, ha totalizzato solo 6.700 voti dei quali l’85% sono stati per il sì (l’8% invece ha detto no ed il 7% si è astenuto).
Non molto, considerando che le zone comprese nel Friuli storico (la Patria del Friuli, esistita per 350 anni dal 1.000 al 1.400) e cioè le attuali province di Udine, Pordenone e Gorizia, contano 750mila aventi diritto al voto.
«All’inizio speravamo di arrivare a 200mila votanti, poi ci siamo resi conto che sarebbero stati molto meno e abbiamo iniziato a ragionare nell’ottica delle 20mila – 30mila persone. I risultati finali sono stati ancora più bassi: abbiamo scontato la difficoltà di arrivare a coinvolgere la gente senza campagne pubblicitarie. In tanti, poi, considerano l’indipendenza come un obiettivo irrealizzabile e hanno preso l’iniziativa come uno scherzo», analizza Adriano Biason, uno dei promotori della consultazione indetta dalle associazioni «Res pubbliche furlane» e «Parlamento furlan».
Per l’indipendenza c’è tempo
Altro che scherzo: il prossimo passo di Biason e dei suoi, malgrado i bassi numeri ottenuti, sarà proprio quello di contattare le organizzazioni internazionali per valutare l’ipotesi dell’indipendenza.
Quando è stata annunciata la consultazione, a luglio, gli indipendentisti pensavano di rivolgersi all’Onu facendo leva sul principio di autodeterminazione dei popoli.
Oggi oltre all’Organizzazione delle Nazioni Unite hanno deciso di contattare anche l’Umpa, l’Organizzazione internazionale delle nazioni non rappresentate.
«Per ora ci limiteremo ad una dichiarazione di esistenza. Per quella di indipendenza c’è tempo: resta un obiettivo a lungo termine, ma visti i risultati della consultazione sarebbe assurdo farla adesso», riassume Biason.
Per loro la consultazione appena terminata sarà infatti solo la prima di una lunga serie, da ripetere di anno in anno.
Per la prossima, che sarà organizzata nell’ottobre 2015, il modello sarà diverso: se per la prima ci si era ispirati al web referendum di indipendenza del Veneto, per la seconda si guarda alle primarie del Pd.
«Vogliamo istituire un circolo in ogni Comune come fanno loro – spiega Biason – a quelli ci appoggeremo, il prossimo anno, per le consultazioni nelle urne. Così ovvieremo anche al problema, che quest’anno abbiamo scontato, di come raggiungere le fasce più anziane della popolazione: diversi ultraottantenni mi hanno chiamato perchè non sapevano come votare».
Ancora non sono state fatte rilevazioni statistiche sui risultati di voto, ma ad occhio la fascia più rappresentata è quella che va dai 30 ad i 40 anni.
Il «parlamento» attivo da dicembre
Intanto, in attesa della prossima consultazione, prenderà il via il Parlamento friulano. Accanto al sì o no per l’indipendenza i web-votanti sono stati chiamati a votare anche i primi membri del Parlamento friulano.
Per statuto dovranno essere 72, ma per ora si sono presentati solo in 11.
Il più votato è Gianni Sartor, 950 voti e l’unico con un po’ di esperienza politica alle spalle (della quale, sorride Biason, “dice sempre che l’unica cosa che ha ottenuto è stata di rimetterci soldi”).
Ci sono solo due donne: una, Sabrina Pivetta, di Azzano Decimo, è stata la seconda più votata con 850 preferenze e l’altra, Jessica Della Via, di Talmassons, ha solo 22 anni ed è la più giovane dei neoparlamentari.
Essendo solo 11 risultano tutti eletti: «Lo sappiamo che saremo criticati per questo, ma non possiamo farci niente», taglia corto Biason.
Per quanto riguarda i fondi a disposizione del Parlamento, l’idea è di basarsi solo su fondi privati: «Non chiederemo niente allo Stato o alla Regione, sarebbe un controsenso visti i nostri obiettivi».
La sede itinerante
La prima riunione del direttivo è fissata per dicembre, all’ordine del giorno ci sarà l’elezione del presidente e l’apertura delle commissioni pubbliche.
Niente sede, come il Parlamento storico friulano sarà itinerante. Per quanto riguarda la struttura, invece, è ispirato al modello islandese: secondo quanto spiegano i promotori «le commissioni saranno composte dai comuni cittadini che potranno avanzare idee che saranno poi valutate dal Parlamento. Vogliamo mostrare ai friulani che non ci limitiamo alle chiacchiere e che vogliamo invece portare avanti proposte davvero utili. La nostra prima idea? Un database di prodotti friulani: così i cittadini sapranno cosa comprare per sostenere l’economia locale e mantenere i soldi sul territorio».
Greta Sclaunich
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