IMPRESENTABILI A TAVOLA: DI STEFANO IMBARAZZA IL PD E RIMANE SENZA CENA
IL PARLAMENTARE INDAGATO PER TANGENTI SI AUTOSOSPENDE DAL PARTITO E SALTA LA RACCOLTA FONDI NONOSTANTE AVESSE GIà€ PORTATO 5 IMPRENDITORI
“Sono un imprenditore. Mi chiamo Giordani. E penso che Renzi è un ragazzo che va sostenuto”. Abito scuro e cravattone in bell’evidenza, l’ospite fa una vera e propria conferenza stampa, prima di entrare nel Salone delle Tre Fontane a Roma.
Location già nota alle cronache per le mega-cene che Berlusconi organizzava per promuovere i suoi candidati.
Mentre la folla si assiepa per entrare, le luci sulla facciata rimandano il rosso bianco e verde della bandiera italiana. E del Pd.
Qualche suv, molti taxi, il generone romano che già fu di Rutelli e di Veltroni fa la fila.
“Io queste iniziative le ho sempre fatte”, dice, entrando, un habituè, come Chicco Testa. Non manca il veltronianissimo e ricchissimo Raffaele Ranucci. Un’altra antica conoscenza. Ma soprattutto, c’è l’ospite d’onore: il presidente della Roma, James Pallotta. “Ci sarà un nuovo stadio per la Capitale?”, si chiedono i commensali.
Un po’ più in disparte l’ex calciatore, Odoacre Chierico. “Mi hanno invitato, non ho pagato”. Per cenare con il segretario premier, l’iniziativa organizzata da Francesco Bonifazi e Alessia Rotta, prevedeva un finanziamento di 1.000 euro ciascuno.
Molti politici non li hanno versati (pure se non sono arrivati forniti di ospiti) e molti sono invitati. Caos renziano. Fino a mezz’ora prima dell’inizio, d’altronde, i tavoli non erano neanche composti e lo psicodramma Di Stefano, con i 5 imprenditori suoi ospiti (da evitare o da accogliere, con tanto di portafoglio al seguito?) aleggiava sulla cena.
Alla fine, il protagonista, è stato convinto a non farsi vedere e anzi si è autosospeso dal Pd.
Il tavolo a suo nome è saltato. Territorio delicato, quello romano, difficilmente controllabile, tra “palazzinari” e “macellai” per citare le perplessità Dem.
Difficile selezionare gli ospiti in modo da evitare scivoloni. Inutile per questo lo schieramento di polizia all’entrata degno di una cena di Stato.
Dentro, peperoncino in bell’evidenza, grazie alla presenza del calabrese Franco Monaco, e menù a base di parmigiana di melanzane e cacio e pepe. Tanta Roma e tanto “casino”.
Ospiti buoni per tutte le stagioni come i fratelli Toti, Parnasi e Mezzaroma.
Più tantissimi esponenti del sottobosco cittadino, dai notai agli avvocati, passando per farmacisti, medici, industriali e imprenditori di vari livelli.
Arriva ad omaggiare il potere che avanza un ristoratore di grido come Giuseppe Roscioli.
Il regista Fausto Brizzi non tradisce l’amico premier. Ci sono il produttore Fulvio Lucisano e il re del sigaro toscano, Maccaferri. E il potere romano: ecco Bettini e Gasbarra.
Poi, il sindaco, Marino (qualcuno deve averlo avvertito che non c’era bomba d’acqua in arrivo) e il presidente del Lazio, Zingaretti, al tavolo con Lorenza Bonaccorsi, vicino a quello del premier. Scelta precisa.
Tra i neo finanziatori anche il direttore generale della Lamborghini, Umberto Possini. Sta al tavolo di Michele Anzaldi, che ha portato una quindicina di ospiti, tra cui l’ambasciatrice del Kazakistan. Vanno forte i rutelliani.
Tanti produttori di vino: l’azienda laziale Casal del Giglio, la famiglia Santarelli e i Bertani (del Santa Margherita). Si beve acqua Norda.
Ernesto Carbone ha portato più di dieci suoi amici avvocati, tra cui Paolo Cerù e il tributarista Raffaele De Stefano. C’è anche Raffaele De Luca Tamajo, legale della Fiat di Marchionne. Nutrita la pattuglia politica dei calabresi: Ernesto Magorno, Enzo Bruno, Mario Oliverio, Stefania Covello, Enza Bruno Bossio, Nicodemo Oliverio e Massimo Canale.
Che pure hanno organizzato un pulmino di ospiti: il presidente di Confindustria Catanzaro, Daniele Rossi, il presidente di Confagricoltura Calabria, Alberto Statti.
E gli imprenditori Palmiro Raffo e Antonella Dodaro. In mezzo all’“Italia che produce” (definizione standard) più o meno ansiosa di farsi vedere insieme a Renzi, anche politici: la Madia e Beppe Fioroni, Lotti, Boschi e il Sottosegretario Rughetti.
C’è Orfini, che un tempo andava alle Feste dell’Unità : “Preferisco le salsicce, ma vanno bene anche queste iniziative”.
Arriva pure il neo Pd, Gennaro Migliore, che una volta stava in Rifondazione. “Chi ho portato? Me stesso. Ho passato una vita a fare sottoscrizioni per il partito cui appartenevo”.
Alla fine, è soldout con almeno 600 persone. E Renzi, che siccome non ce la fa a stringere le mani di tutti (e poi, meglio evitare i selfie con gli sconosciuti) allieta il parterre a moh di colonna sonora, con un discorso che dura tutta la serata.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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