IN FIAMME IN RUSSIA I CENTRI RECLUTE
LA RESISTENZA SILENZIOSA PER NON ANDARE AL FRONTE… I MISTERIOSI INCIDENTI CHE IL CREMLINO TIENE NASCOSTI
Una serie di misteriosi incendi nei centri di reclutamento russi svela quel che il Cremlino tiene nascosto.
Primo: non tutti i cittadini della Federazione sono entusiasti della coscrizione di Primavera (dal primo aprile fino a metà luglio) che spedirà 135 mila giovani nelle mani dell’esercito di leva.
Secondo: in Russia è in corso una mobilitazione, segreta, che non ha bisogno di una dichiarazione ufficiale di “guerra totale all’Ucraina” da parte di Putin per mettersi in moto.
Bisogna unire un po’ di puntini di cronaca per seguire questa storia. Partiamo dall’ultimo.
Sei giorni fa a Nizhnevartovsk, nella Siberia occidentale, due uomini hanno lanciato sette molotov contro la vetrata dell’ufficio di leva, dandolo alle fiamme.
L'”incidente di Nizhnevartovsk” è il sesto che capita da quando Putin ha deciso di invadere l’Ucraina. Altri cinque uffici militari sono stati bruciati nei vari angoli del Paese, in particolare nelle regioni Mordovia, Voronezh, Sverdlovsk, Ivanovo e Lukhovitsy.
Episodi di cui si hanno pochissimi dettagli, riportati da media indipendenti e che invece non hanno avuto risalto sulle tv controllate dal governo. Altri tre roghi sono scoppiati nei centri di coscrizione prima dell’attacco all’Ucraina.
L’ultimo coincide temporalmente con i giorni in cui è circolata con insistenza l’indiscrezione che Putin, durante il discorso alla parata sulla Piazza Rossa del 9 maggio per l’anniversario della vittoria contro la Germania nazista, avrebbe annunciato la guerra all’Ucraina (sinora, negando l’ovvio, ha sempre parlato solo di “operazione speciale”) con la conseguenza della mobilitazione generale. Ma altri puntini raccontano che non ne ha bisogno, perché in un certo modo la mobilitazione è già in atto.
Il sito di informazione verstka.media pubblica la testimonianza di una donna, moglie di un impiegato della metropolitana di Mosca, che parla di una strana riunione coi dirigenti cui suo marito è stato costretto a partecipare.
Strana a cominciare dalla location: un deposito dei treni. “Nell’incontro, verbalmente e senza doppi sensi, a tutti i dipendenti è stato ordinato di sottoporsi a una visita medica straordinaria per un eventuale invio in guerra in Ucraina. I suoi superiori facevano riferimento a non precisati decreti delle autorità della città di Mosca, del Ministero della Difesa e del governo. Quei documenti non sono stati mostrati, nessuno ha firmato niente. Ma hanno detto a mio marito che la dirigenza era stata obbligata a destinare un certo numero di “volontari” alla possibile chiamata al combattimento”. Aggiungendo un particolare di non poco conto. “Sono stati minacciati di licenziamento, nel caso si rifiutassero”.
Anche nelle autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e in Crimea si hanno evidenze di una mobilitazione sottotraccia, accanto a quella “ufficiale”.
Poco prima del 24 febbraio, nel Donbass occupato giravano auto con l’altoparlante montato sul tetto da cui usciva una voce che gracchiava: “Difendere la patria è il sacro dovere di ogni uomo”. I due capi delle Repubbliche hanno emesso decreti per la mobilitazione generale, affermando che le imprese dovrebbero inviare il 50% dei loro dipendenti maschi in età di leva agli uffici di registrazione e arruolamento militare. I manager di queste imprese – persone che non hanno nulla a che fare con le forze armate – hanno dovuto decidere da soli chi era candidabile alla mobilitazione e chi no. Quasi immediatamente, ci sono state segnalazioni di uomini catturati per strada, portati via dal lavoro e da casa.
Il Cremlino tace. Di ufficiale c’è, come detto, che il primo aprile è iniziata in Russia la coscrizione primaverile. Il ministro della Difesa Sergej Shoigu ha promesso che i coscritti non saranno inviati “nei punti caldi”.
Non hanno da stare allegri, però. Un portavoce di Putin, settimane fa, aveva dichiarato che la Russia non avrebbe mandato soldati di leva in Ucraina. Salvo poi scoprire che alcuni erano stati fatti prigionieri vicino a Kiev. L’ennesima goffa bugia.
(da agenzie)
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