SUL CASO DELLA GIORNALISTA PALESTINESE UCCISA DAGLI ISRAELIANI IN CISGIORDANIA NESSUNO PROTESTA?
LA REPORTER DI AL JAZEERA COLPITA MENTRE SEGUIVA UN RAID ISRAELIANO
Una giornalista palestinese di Al Jazeera, Shireen Abu Akleh, è stata uccisa a colpi di arma da fuoco mentre seguiva un raid israeliano nella città occupata di Jenin, in Cisgiordania.
Con lei c’era anche un collega, Ali Samoudi, ricoverato in ospedale dopo essere stato colpito alla schiena: adesso è in condizioni stabili.
La sua testimonianza all’Associated Press è determinante per stabilire i contorni di un caso che in breve tempo sta alimentando le tesi anti-Israele.
L’uomo ha detto di far parte, insieme alla vittima, di un gruppo di sette giornalisti inviati a seguire il raid. Tutti indossavano indumenti protettivi che li contrassegnavano chiaramente come giornalisti, e sono passati accanto alle truppe israeliane in modo che i soldati li vedessero e sapessero della loro presenza.
Ha riferito di diversi spari: il primo colpo li avrebbe mancati, ma poi un secondo lo avrebbe colpito, mentre il terzo ha ucciso Abu Akleh. “Non c’erano militanti o altri civili nella zona, solo i giornalisti e l’esercito”.
Shaza Hanaysheh, cronista di un sito di notizie palestinese, ha fornito una testimonianza simile in un’intervista al canale arabo di Al Jazeera. Lui e Abu Akleh sono corsi verso un albero per ripararsi dopo aver sentito gli spari: “Ho raggiunto l’albero prima di Shireen. È caduta a terra. I soldati non hanno smesso di sparare anche dopo la sua caduta. Ogni volta che allungavo la mano verso Shireen, ci sparavano addosso”. La rete con sede in Qatar ha interrotto la trasmissione per annunciare la morte della reporter. In una dichiarazione pubblicata sul suo canale, ha invitato la comunità internazionale a “condannare e ritenere responsabili le forze di occupazione israeliane per aver preso di mira e ucciso deliberatamente la nostra collega”.
Abu Akleh, 51 anni, è nata a Gerusalemme. Ha iniziato a lavorare per Al Jazeera nel 1997.
In rete circolano immagini, non pubblicabili, immediatamente successive allo sparo che mostrano la donna esanime con il viso coperto di sangue.
Secondo quanto riferisce l’agenzia palestinese Wafa, Abu Mazen ha detto di ritenere il governo israeliano “pienamente responsabile di questo atroce crimine”: “Fa parte della politica quotidiana perseguita dall’occupazione contro il nostro popolo, la sua terra ei suoi luoghi santi”. Non si è fatta attendere la risposta del ipremier israeliano Naftali Bennett: “Il presidente palestinese accusa Israele senza prove solide”.
(da agenzie)
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