INTERVISTA A BERSANI: “HO SALVATO IL CERVELLO E NON INTENDO CONSEGNARLO, IL TESTO DELL’ITALICUM VA CAMBIATO”
E PRENDE POSIZIONE: “SERVONO CONTRAPPESI O CHI VINCE SI PRENDE TUTTO”
«Io sono leale, responsabile e voglio bene alla ditta. Ma prima di tutto, viene l’Italia. Le riforme facciamole, però senza pasticci. Perchè qui c’è in gioco la democrazia». Pier Luigi Bersani è appena sceso dal Colle, dove è stato ricevuto dal capo dello Stato. Approda nel Transatlantico di Montecitorio, incassa complimenti per la cravatta rosso-quirinalizio e si vede subito che ha voglia di parlare: «Ho salvato il cervello e non intendo consegnarlo».
L’ex segretario del Pd, pienamente ristabilito dopo l’intervento, ce l’ha con la riforma costituzionale e le sue parole puntano dritto a Palazzo Chigi: «Il combinato disposto tra Italicum e Senato delle autonomie è inaccettabile. Se c’è il monocameralismo bisogna prevedere dei contrappesi. Non è possibile che chi vince prende tutto, governo, presidente della Repubblica, nomine…».
Con i senatori democratici divisi in due blocchi, renziani da una parte e neo riformisti dall’altra, Bersani sposta il suo peso sul secondo piatto della bilancia: quello del disegno di legge di Vannino Chiti, sottoscritto da una robusta fronda di 22 senatori. «Va bene andare avanti, ma prendiamoci una serata per discutere e pensare a un progetto per il futuro dei figli, che sia democratico e che regga negli anni. Non facciamo l’errore del Titolo V, per poi ritrovarci tra cinque anni con un bel pasticcio. Parliamone e sono sicuro che una soluzione la troviamo». Linea dura.
Ma il punto non sono i tempi, è il merito.
Renzi vuole arrivare al 25 maggio con la riforma approvata in prima lettura: «Va bene anche piantare la bandierina entro le Europee, perchè vincere è importante, ma non possiamo sbagliare. Adesso va di moda risparmiare e quindi facciamo pure il Senato non elettivo, però con i necessari contrappesi».
E la Camera? Ha un senso che restino 630 deputati mentre i senatori scendono da 315 a 148?
«No, con 630 deputati non può funzionare e potremmo averne di meno anche qui. Un Senato di nominati è inaccettabile».
Ha ragione chi insiste nel voler eleggere i senatori?
«Aspettiamo il testo base e poi presenteremo i nostri emendamenti. Qualche correzione sarà indispensabile».
E qui Bersani si lancia in un ragionamento che non aveva mai fatto prima. Ricorda che lui, dopo le Politiche del 2013, si affrettò a dichiarare di non aver vinto: «Invece il ventennio berlusconiano è finito e il Pd si è preso tutto. Adesso tocca a noi. Ma c’è un aspetto che non possiamo sottovalutare, il Pd si chiama democratico perchè abbiamo a cuore la democrazia».
Lo preoccupa la legge elettorale, con quella soglia «inaccettabile» per i partiti coalizzati: «Stiamo attenti a non inserire nel sistema un elemento corruttivo, perchè liste e listine di pensionati, vedove o via elencando, che senza ottenere un solo parlamentare concorrono a far vincere il premio, provocano un rischio di corruzione altissimo. Se con il 25% il tuo partito prende tutto, Parlamento, governo, Quirinale e Corte costituzionale, qualcosa in cambio gli devi dare, giusto? Soldi, nomine, ricompense…».
La sirena di Montecitorio richiama i deputati e Bersani saluta per infilarsi in Aula: «Vado a votare».
Un’ultima domanda, onorevole. Le è tornata la voglia di riprendersi la ditta?
«Ma no, abbiamo già dato – allarga le braccia Bersani – guidare il Pd è faticoso!».
Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera“)
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