INTERVISTA A BRUNO VESPA: “LA PANDEMIA PUO’ ESSERE UN’OCCASIONE OPPURE IL COLPO FINALE”
“OCCORRE AVERE IL CORAGGIO DI SCELTE ANCHE IMPOPOLARI”… “IL MIO RAMMARICO? NON AVER INTERVISTATO ALMIRANTE, IN RAI ERA PROIBITO”
A settantasei anni, gli schieramenti sono superflui: “Non mi rassegno all’Italia ultima in classifica. Chiunque la governi: Conte oggi, oppure Salvini domani. Alla mia età , l’unico interesse che ho è vivere in un Paese normale. Non accetto che l’Italia sia il peggiore Paese in termini di crescita economica tra i quarantadue stati più industrializzati del mondo. I dati li ho letti sull’Economist dell’ultima settimana e sono il risultato di vent’anni di immobilità . Con la pandemia, però, la situazione è diventata drammatica. Può essere un’occasione, oppure il colpo finale. Dobbiamo esserne consapevoli e agire. Non mi rassegno a un paese incapace di decidere. Sempre bloccato. Da cittadino, esigo che anche in Italia si facciano le cose che si fanno negli altri Paesi europei. È ora di tirarsi su le maniche e risalire le posizioni di quella maledetta classifica. Non sopporto di invidiare la Francia, la Germania, l’Inghilterra, per la capacità di fare delle scelte. È un dolore vedere l’Italia così”.
Bruno Vespa ha trascorso il lockdown beato tra le donne: Belen, B. B., Sophia Loren, Monica Bellucci, Claudia Cardinale, Gina Lollobrigida, Stefania Sandrelli, Laura Antonelli, Diletta Leotta. Le ha studiate per raccontarle una per una nel suo ultimo libro, Bellissime! Le donne dei sogni italiani, dagli anni ’50 a oggi (#RaiLibri): “La donna che ha turbato la mia adolescenza è stata Marisa Allasio, il suo bikini in Poveri ma belli è un ricordo incancellabile”. Percorrendo le vie che dall’immagine della diva porta all’immaginazione degli italiani, Vespa registra i terremoti che hanno scosso il costume italiano: “Oggi Alberto Moravia verrebbe massacrato se si permettesse di iniziare la sua intervista a Claudia Cardinale chiedendole: ‘Lei deve accettare di essere ridotta a oggetto’. S’immagina la reazione delle neo femministe del #metoo?”.
Sbaglierebbero?
Sarebbe una reazione adeguata alla nuova sensibilità . Sebbene, è negli anni ottanta che il corpo della donna è stato più mercificato. Si ricorda Drive in? Era l’Italia della Milano da bere, dell’esplosione del godimento anche nell’economia, in cui un programma ben fatto, e di grande successo come quello, ritagliava alle donne un ruolo di pura estetica.
Lei cosa prova di fronte alla bellezza femminile?
La maggior parte delle volte, mi incute timidezza. Un sentimento che svanisce, soprattutto ora che sono invecchiato, quando l’incontro avviene per lavoro.
Per esempio?
Quando ho ospitato Belen a Porta a Porta mi sono reso conto che la sua presenza avrebbe riempito lo studio anche se fosse rimasta zitta dal primo all’ultimo minuto. Questo non ha influito sulla mia conduzione. Però è stato sufficiente a ricordarmi che la bellezza può essere anche usata come un’arma di potere. Basta pensare a cosa ne fece Cleopatra.
Kundera scrive che la bellezza soprattutto nasconde. Cosa, secondo lei?
Mi viene in mente la storia di Edwige Fenech, una donna che ha fatto settanta film in dieci anni e, ogni volta che appariva, finiva sotto la doccia nuda. Quando era compagna di Luca di Montezemolo, Enzo Ferrari prese Montezemolo da parte e gli disse: “Guarda che lei è molto più intelligente di te”. Ecco cosa nasconde, forse.
Il femminismo l’ha costretta a cambiare il suo modo di essere uomo?
Io ho amato il femminismo che ha riscattato le donne. Quello che ha trasformato un Paese in cui le donne non potevano votare fino al 1946 e ha chiuso con l’Italia in cui era legale uccidere una moglie che tradiva il marito. Ho ammirato il femminismo che ha conquistato per le donne più ruoli nella società .
Però?
Non condivido il femminismo ideologico. Quello degli eccessi del #metoo. Un movimento nato per reagire alle molestie sessuali di alcuni uomini di potere (cosa sacrosanta), ma poi è sfociato in una criminalizzazione del desiderio maschile. Tanto è vero che Catherine Deneuve ha sentito il dovere di scrivere una lettera a le Monde in cui diceva: ‘Condanniamo lo stupro, ma difendiamo la libertà di importunare, perchè è indispensabile alla libertà sessuale’.
Crede di aver impedito l’emergere di colleghe donne?
Proprio no. Da direttore del Tg1 sono stato il primo ad affidare la conduzione di un telegiornale importante (quello delle 13.30) a tre donne: Lilli Gruber, Maria Luisa Busi e Tiziana Ferrario. E, a Porta a Porta, la redazione è femminile per otto decimi.
Come definirebbe il suo rapporto con il potere?
Direi laico. Quando ero direttore del Tg1, dissi che il mio editore di riferimento era la Democrazia cristiana. Scoppiò il finimondo. Una fiera delle ipocrisie.
Perchè?
Io non sono mai entrato in una sezione della Democrazia Cristiana, a differenza dei miei colleghi molto bravi Sandro Curzi, che era un militante comunista e stava al Tg3, e Alberto La Volpe, del partito socialista, che dirigeva il Tg2. Però ero consapevole di come funzionavano le cose: se la segreteria della Democrazia cristiana si fosse messa di traverso, io me lo sarei sognato il posto da direttore del Tg1.
Oggi chi è il suo editore di riferimento?
Io sto alla Rai da cinquantuno anni, il rapporto con l’editore non ha più nulla a che fare con quello che avevo trent’anni fa. Alla mia età non m’importa più nulla se governa uno oppure l’altro. In una situazione drammatica come quella che viviamo oggi, l’unico pensiero che ho è: ‘Come faccio a lasciare ai miei figli e ai miei nipoti, se li avrò, un Paese normale?’
Che vuol dire?
Che pretendo un governo che governi, una maggioranza che decida, un presidente del consiglio che sappia anche essere impopolare, se necessario; e che quando la mattina si guarda allo specchio, pensi: ‘Non è possibile che l’Italia abbia i numeri peggiori tra i paesi industrializzati. Non è dignitoso. Non è tollerabile. Non è quello per cui gli italiani si sono fatti il mazzo dal dopoguerra in poi.
E dopo?
E dopo, faccia. Abbiamo dovuto aspettare una pandemia per riformare il codice degli appalti. Si rende conto? È possibile che ogni volta dobbiamo lambire la catastrofe per fare delle cose di buon senso?
La passione con cui lo dice, mi sta ricordando quella volta che se la prese con Davigo.
Ma perchè fanno parte dello stesso problema. Siamo l’unico Paese occidentale in cui i pubblici ministeri non rispondono a nessuno. Siamo l’unico Paese in cui le sabbie mobili della giustizia civile scoraggiano gli investimenti esteri. Siamo l’unico Paese in cui il procuratore di una città può rivendicare una competenza su quello che succede in qualsiasi altra città d’Italia, mandare avvisi di garanzia, scatenare il can can mediatico, finchè poi gli diranno: ‘Il caso non è di sua competenza’. Ma nel frattempo quante persone ha sputtanato?
La preoccupa la proroga dello stato d’emergenza?
Se lo stato d’emergenza è una coperta di Linus, una misura psicologica per segnalare che la situazione è ancora grave, ci può stare. Ma vista la diffidenza che c’è dentro la maggioranza e con l’opposizione troverei corretto usare il decreto legge per ogni provvedimento di qualche rilevanza.
La “rivoluzione” del 4 marzo — come la chiamò — è finita?
La rivoluzione che ha cambiato la geografia politica italiana, con il successo di due forze anti sistema come la Lega e i 5 stelle, non è stata affatto riassorbita. Soprattutto perchè i 5 stelle controllano ancora il più grande gruppo parlamentare, e hanno in mano il destino del governo.
Le sembrano così rivoluzionari oggi?
Al Movimento 5 stelle è successo quello che succede a tutti i movimenti rivoluzionari: quando entrano nelle stanze del potere, diventano conservatori.
Ha un rimpianto professionale?
Tranne Alcide De Gasperi, ho intervistato tutti i leader politici che sono passati in Italia. L’unico che non ho potuto intervistare è stato Giorgio Almirante. In Rai era proibito. Devo ammettere che è una mancanza che mi pesa.
(da “Huffingtonpost”)
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