INTERVISTA A CUPERLO, SOMMERSO DALLE CRITICHE: “NON ABBIAMO FIRMATO IN BIANCO, FAREMO PESARE LE IDEE DELLA SINISTRA”
IL CAPO DELLA MINORANZA PD PROVA A DFENDERSI DALLE ACCUSE: “E’ DOLOROSO SE LA TUA GENTE NON TI CAPISCE”…O FORSE HANNO CAPITO FIN TROPPO?
«Votando l’ordine del giorno di Renzi non abbiamo firmato una cambiale in bianco. Nè quella è stata la soluzione per un duello rusticano tra due leader, che ha lasciato il nostro mondo stranito e non risponde alla mia idea di cosa è un partito». Gianni Cuperlo, il leader della sinistra dem, spiega la scelta che ha portato anche la minoranza del Pd a scaricare Letta e a indicare Renzi come nuovo premier
Cuperlo, non pensa che il Pd abbia liquidato il “suo” premier Letta in modo brutale?
«So bene che si è consumato un trauma. Ho sempre sostenuto Letta con lealtà assoluta. Quando mi sono candidato al congresso questa cosa mi è stato anche rimproverato. Dicevano che mentre Renzi lo criticava in libertà e Civati chiedeva la crisi e il superamento del governo, noi eravamo quelli che si caricavano sulle spalle tutto il peso. Ho sempre risposto che quello era il nostro governo e non andava attaccato per lucrare qualche voto in più».
E come siete arrivati a questo epilogo, a votargli contro?
«Dopo le primarie il rapporto tra il Pd e l’esecutivo non reggeva. Il punto non sono i voti in Parlamento. Quando si dice che alle spalle di Letta ci sono dieci mesi di fallimenti è dura sostenere che si aiuta Palazzo Chigi. Per settimane ho suggerito a Enrico di assumere una iniziativa di rilancio nel programma e nelle personalità da coinvolgere. E questo a fronte di un governo che perdeva pezzi e nel cuore di una crisi sociale drammatica. Abbiamo sempre detto che se Letta fosse riuscito a guidare la ripartenza, il Pd avrebbe dovuto appoggiarlo. Ma se quella condizione non ci fosse stata, allora toccava al leader democratico dire come uscire dalla crisi. Renzi lo ha fatto, parlando di un cambio radicale di governo e di guida».
Sta di fatto che la minoranza dem giovedì è diventata renzista?
«No. In queste ore ho ricevute centinaia di messaggi critici sul voto della nostra minoranza. Alcuni per me dolorosi, ma quando la tua gente non condivide una scelta, la devi ascoltare, devi riflettere e provare a dire le ragioni di una decisione».
Quali sono queste ragioni?
«Se vogliamo dirci la verità , il governo non c’era più da prima che giovedì il segretario togliesse la fiducia al premier. A quel punto i soli due scenari erano: nuove elezioni, col rischio di larghe intese all’infinito, oppure prendere atto della linea di Renzi e cioè “adesso provo io e lo faccio a nome del Pd”. Noi ci siamo fatti carico di questo. In direzione però, abbiamo anche detto che era un errore partire da chi avrà il compito di guidare il governo. Mentre il merito della svolta è rimasto sospeso. È legittimo pensare che io abbia sbagliato, ma la mia è stata una motivazione politica, non di potere: non c’entrano posti o affetti».
Quanto esce traumatizzato il Pd da questa vicenda?
«Non poco. Alla direzione del partito c’è chi ha detto: “Soltanto un ingenuo poteva pensare che a dicembre noi eleggevamo solo il segretario del partito”. Ecco, ero tra gli ingenui. Ho passato mesi a spiegare che le primarie non servivano a scegliere l’inquilino di Palazzo Chigi. È finita come vediamo. Ma su quel punto avevamo ragione noi. Non mi arrendo: a marzo terremo la convenzione di chi non pensa che quanto è accaduto in questi mesi sia il destino del più grande partito della sinistra italiana».
Vuol dire che si è pentito di avere appoggiato Renzi in questo passaggio?
«No. Naturalmente rifletto. Non sono un uomo politico che pensa di avere sempre ragione. Ho tentato fino all’ultimo, come altri, di evitare quel voto, sperando che Letta si dimettesse prima, visti anche i rapporti di forza dentro il Pd. E mi spiace che il confronto tra il segretario e il premier si sia spinto fino a mettere in discussione l’unità di fondo del primo partito italiano sulla frontiera strategica del governo del paese».
Quali dovrebbero essere i segnali di svolta radicale del governo Renzi?
«Daremo il nostro contributo programmatico. La svolta è sui contenuti, contro il rigorismo di Bruxelles, sulle priorità sociali, sugli investimenti pubblici, sulla correzione della legge elettorale, sulle strategie per l’occupazione e contro la povertà . Renzi dice di voler cambiare l’Italia, io voglio capire in quale direzione. Allora mi interessa sapere se a guidare la politica economica sarà un interprete del “mainstream” liberista con il culto dell’austerity e se le politiche sociali finiranno nella mani di chi legge i diritti civili come privilegi».
Lei entrerebbe nel governo se il leader dem glielo chiedesse?
«No, voglio ricostruire la sinistra».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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