INTERVISTA A DON GIACOMO: “APRIREMO LE CHIESE AI MIGRANTI, CHI NON HA DOCUMENTI NON E’ UN DELINQUENTE”
IL MONSIGNORE A CAPO DELL’UFFICIO PASTORALE : “QUANDO A GENOVA, GRAZIE A SALVINI, CI TROVEREMO 1200 PERSONE PER STRADA, SARA’ UN PROBLEMA DI TUTTI”
Quando sente della disobbedienza civile minacciata dai sindaci contro il decreto Salvini, l’onda di dissenso partita da Leoluca Orlando a Palermo e arrivata fino a Milano, con Beppe Sala che chiede di ritirare la legge, don Giacomo Martino sorride. “Non ho mai chiesto pezzi di carta in vita mia a nessuno che avesse bisogno di aiuto. La mia coscienza mi impedisce di trattare le persone in modo diverso nel caso in cui abbiano o non abbiano i documenti. Questa è la mia obiezione”.
Ha sempre rifiutato ogni etichetta, anche quella di simbolo e paladino dell’accoglienza in città , il monsignore a capo dell’Ufficio pastorale Migrantes che si è inventato dal nulla il campus di Coronata, imperniato proprio su quel tipo di integrazione che oggi le nuove norme considerano un lusso da tagliare: sulla collina di Genova, infatti, i “suoi” migranti si dividono tra lezioni di italiano e corsi di formazione, educazione civica e attività sportive.
E adesso?
“Non posso che essere positivo: vado avanti per la mia strada, come posso. È arrivato il momento in cui il volontariato dovrà diventare un vero movimento di popolo e di persone: bisognerà davvero rimboccarci le maniche. Quando ci sono persone che non vengono più messe in condizione di essere curate e assistite, non possiamo restare indifferenti. Dunque, apriremo le chiese e daremo loro un letto e un riparo. Se dovessi essere considerato un favoreggiatore dell’immigrazione clandestina per questo, me lo augurerei”.
Monsignor Giacomo Martino, il ministro dell’Interno Salvini è stato molto duro con i sindaci che hanno dichiarato la loro disobbedienza. Cosa pensa della reazione innescata dal primo cittadino di Palermo?
“A dire il vero, credo che parlare di obiezione civile su una legge siano chiacchiere. La vera, grande obiezione che la Chiesa può e deve attuare è solo su una questione: per noi non è un delinquente una persona che non ha i documenti. In ogni caso, in questo contesto, il grido del governo “Abbiamo eliminato la povertà ” riecheggia in modo ironico anche sulla nostra città . Quante cooperative e onlus potranno sostenere le spese per l’integrazione con le cifre che sembrano profilarsi? Basta fare un rapido calcolo per cogliere tutti i paradossi”.
Prego.
“Pensiamo al reddito di cittadinanza. E paragoniamolo con i fondi che, con questo taglio, verrebbero stanziati per ogni richiedente asilo: invece dei 35 euro al giorno a migrante, sembra che scendano a 21. Moltiplichiamoli allora per trenta giorni: il totale fa 630 euro al mese. Ebbene, in questa cifra dovrebbe essere compreso il lavoro di operatori, i vestiti, il cibo, i corsi di lingua, di formazione professionale, la mediazione culturale. È evidente che è impossibile. E poi, mi chiedo: quando a Genova ci troveremo 1200 persone in mezzo a una strada, questo sarà un problema di tutti oppure no? Ed è un problema di coscienza o di ordine pubblico? Io credo che, prima di tutto, sia un problema di coscienza”.
Sul sito del Viminale è uscito il nuovo capitolato di gara di appalto per la fornitura di beni e servizi relativo alla gestione e al funzionamento dei centri di prima accoglienza. È a partire da questo schema, che le varie prefetture pubblicheranno i bandi locali. Cosa vi aspettate?
“Restiamo tutti a guardare con interesse, ma non è chiaro un bel niente. I bandi attuali sono scaduti il 31 dicembre, ma hanno una previsione di proroga per i prossimi tre mesi, come da prassi. Per ora, però, tutto tace”.
Alcune delle realtà impegnate nell’accoglienza a Genova stanno seriamente riflettendo se non partecipare proprio a questo nuovo tipo di bandi. Voi cosa farete?
“Non posso non accogliere: italiani, stranieri. Al momento non abbiamo assolutamente idea di cosa può prevedere il bando su Genova. Ma vado avanti. Lo farei anche se non avessi un euro. Bisogna però riflettere su un paradosso: come si può pensare di rispettare normative di sicurezza, certificazioni, standard di qualità , a fronte di poche risorse? Quello che fa rabbia, poi, è che si tolgano diritti alle persone: pensiamo alla questione della residenza anagrafica, che ora non si potrà più concedere ai richiedenti asilo. Questo renderà la loro vita più difficile, dall’assistenza sanitaria alla ricerca di un lavoro”.
Cosa rimane da fare, allora?
“Il nostro grosso lavoro sarà sensibilizzare la gente sull’importanza cruciale del volontariato. Per noi la scuola e le lezioni erano, anzi, sono un elemento centrale per l’integrazione. Ebbene, tutto questo deve andare avanti. Anche prima, con i 35 euro al giorno, stavamo appena dentro alle spese. Adesso ci rivolgiamo ai cittadini, chiedendo loro aiuto: è il momento in cui il volontariato potrà fare la differenza. Un movimento di popolo e di persone”.
(da “La Repubblica”)
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