INTERVISTA AL COSTITUZIONALISTA AINIS: “QUESTA DESTRA E’ EREDE DI BERLUSCONI E L’UNICO POTERE CHE CONTEMPLA E’ IL SUO”
“MANCA ETICA PUBBLICA, SI VEDE NEI CONFLITTI DI INTERESSE DI SANTANCHE’ E CROSETTO”
Professor Ainis, lo sgarbo al presidente di Anac è l’ennesima spia di un rapportodifficile tra il governo e gli organi di controllo. Perché la premier e i suoi sopportano poco i poteri terzi?
In Italia nessun governo ha mai avuto particolare simpatia per chi dovrebbe controllarne l’operato. La prova più eloquente è il conflitto tra politica e magistratura: dura da trent’anni, da Tangentopoli in poi, e ha riguardato anche politici di centrosinistra. Questa tensione è molto evidente nel caso del governo Meloni, il cui rapporto difficile con gli organi di garanzia è stato punteggiato da una serie di episodi: i più importanti che mi vengono in mente sono quelli con la Banca d’Italia e con la Corte dei conti, a cui è stato sottratto il “controllo concomitante” sul Pnrr. Credo che la ragione sia culturale o ideologica: per Meloni e la sua classe dirigente la sola e vera fonte di legittimità dell’azione governativa è il voto popolare. L’eredità di questa impostazione è chiara: ricorderà che Berlusconi si definiva “unto dal signore” perché era scelto dal popolo. Per loro la legittimazione a decidere è tutta e solo di chi ha ricevuto l’unzione del voto popolare.
Qual è l’interesse di fondo di chi attacca le autorità di controllo? Semplificare la vita a chi fa affari?
A mio giudizio la finalità di chi governa è sempre continuare a governare. Certamente nell’azione di questo governo c’è un’altra componente ideologica. Potremmo scomodare Thatcher o Reagan, i quali sostenevano che lo Stato non fosse la soluzione, ma il problema. Lo Stato è anche quello che ti fa pagare le tasse: da destra ci sono state dichiarazioni un po’ avventate sulle “rapine fiscali” e sul “pizzo di Stato”, oltre alle manovre per alleggerire i debiti erariali. L’incertezza del diritto è sempre un favore reso ai potenti, perché il diritto serve ai fragili: il principio di uguaglianza e di legalità sono difese per chi è più debole.
Questo governo agisce per garantire i più forti?
Torniamo al punto di partenza: se un soggetto politico è mosso da un culto religioso del potere, è normale che abbia in odio i contropoteri. Si vede anche nella riforma del premierato. Io sono tra chi non si scandalizza per l’elezione diretta, accade anche in altri sistemi democratici. Il punto è cosa viene fatto per riequilibrare il sistema: nel momento in cui aumento le prerogative del presidente del Consiglio, devo restituirne altrettante ai contropoteri. Gli Stati Uniti hanno battezzato il presidenzialismo 200 anni fa, ma il Congresso americano è forte, non c’è nomina o spesa che non debba essere approvata; sono forti anche la libera stampa e la magistratura.
L’allergia ai controlli si riflette anche nei conflitti d’interessi di alcuni ministri?
Anche la disciplina dei conflitti d’interessi serve ad arginare un uso imperiale del potere politico. In Italia vige ancora la legge Frattini del 2004, approvata da un governo Berlusconi. Assegna il compito di vigilare sui conflitti d’interessi all’autorità antitrust ma non le dà poteri effettivi, solo quello di segnalazione. In questa legislatura ci sono casi eloquenti come quello di Santanchè, imprenditrice balneare nominata ministro con competenza sulle spiagge, oppure di Guido Crosetto (attivo nel settore delle armi e finito alla Difesa, ndr). Possono pure essere degli ottimi ministri, non ne faccio una questione personale, ma c’è un principio di etica che impone una separazione rigida tra la sfera privata e quella pubblica.
Quali sono le conseguenze di questa sfida del governo ai contropoteri?
Contrappesi e controlli sono l’essenza della democrazia: il potere politico è inevitabile in qualsiasi società umana, ma va sottoposto a controlli per evitare abusi; senza controlli gli abusi si moltiplicano. Se c’è un atteggiamento di silenziosa ostilità nei confronti dell’operato dei custodi, i custodi lo percepiscono e ne sono intimoriti. Se una giudice a Catania ritiene che un provvedimento sull’immigrazione sia contrario alle regole e viene attaccata sul piano personale, magari gli altri magistrati ci pensano due volte a seguirne l’esempio. Questo vale anche per le autorità di garanzia.
In Italia però c’è chi è convinto che il controllo dello Stato e delle burocrazie sia asfissiante, un freno alla crescita.
Le leggo un passaggio dell’articolo 41 della Costituzione: l’iniziativa economica privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. E chiudo con una battuta: in nome della libertà mica si può permettere agli imprenditori di commerciare carne umana in scatola.
(da agenzie)
Leave a Reply