INTERVISTA ALL’ASTROFISICA MARICA BRANCHESI: “TIME MI INCORONA MA L’ITALIA DIMENTICA LA SCIENZA”
TRA I PROTAGONISTI DELLA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE SULLE ONDE GRAVITAZIONALI
«A tra poco. Sto andando a prendere i bambini all’asilo».
Una delle 100 personalità al top del mondo, secondo la rivista «Time», mi risponde così e la sua voce squillante si materializza, puntuale, dopo mezz’ora.
Diego e Damian, tre anni e un anno e mezzo, sono a casa, ma presto potrebbero ripartire per qualche laboratorio, in Europa o negli Usa, accompagnati dalla mamma, Marica Branchesi, e dal papà , Jan Harms.
Quarantunenne professoressa al Gran Sasso Science Institute dell’Aquila, Branchesi è una star da quando, il 16 ottobre dell’anno scorso, ha raccontato a Washington, in una storica conferenza stampa a più voci, come è stato intercettato un segnale che cambia il modo di concepire l’Universo: un fascio di onde gravitazionali, vale a dire increspature dello spazio-tempo previste da Einstein e poi rimaste un enigma per quasi un secolo. Fino a una serie di clamorose osservazioni, come quella nata dallo studio della fusione di due stelle di neutroni.
Ai suoi figli ha già spiegato cosa sono le onde gravitazionali?
«Non in dettaglio! Ma di sicuro ne hanno sentito parlare da quando erano in pancia. E il più grande, Diego, si diverte a guardare la Luna e le stelle. Lui e il fratello viaggiano spesso con noi. Sono le mascotte».
«Time» l’ha inserita nella categoria dei «Pionieri»: come ci si sente nel ruolo?
«A essere un pioniere è l’astronomia multimessaggero, basata su segnali diversi, da quelli ottici ai raggi X. L’intercettazione delle onde gravitazionali e i loro rivelatori rappresentano l’inizio di nuove scoperte».
Prima di «Time» la rivista scientifica numero 1, «Nature», l’aveva inserita tra le 10 persone più influenti del 2017: si è chiesta perchè in Italia non l’hanno ancora celebrata?
«È strano, in effetti. Eppure l’Italia ha ricercatori bravissimi. Io rappresento non solo me stessa, ma il lavoro che c’è dietro lo studio delle onde gravitazionali. È una grande comunità , che però nessuno vede».
Distrazione o, peggio, ignoranza? In cosa abbiamo sbagliato?
«L’Italia deve sapere il valore dei suoi scienziati, non solo in astronomia e in fisica. Ma non sa riconoscerli».
Le stupidaggini dei no-vax e dei cultori delle scie chimiche la preoccupano?
«Sì. Vedo molta superficialità . A tanti la scienza fa paura e invece è più vicina a ognuno di noi di quanto si pensi».
Per fortuna molti giovani sognano di diventare scienziati: il suo consiglio di madre?
«Lavorare sodo, essere onesti e sapere che i sogni si possono realizzare».
A proposito di lavoro, come ci si organizza tra ricercatori, divisi da culture, competenze e luoghi?
«La collaborazione tra gli interferometri “Virgo” dell’Infn in Italia e “Ligo” negli Usa, gli strumenti che studiano le onde gravitazionali, conta 1200 persone: il bello è che ci dividiamo in gruppi, a volte vedendoci di persona e a volte attraverso una versione avanzata di skype. Questa multiculturalità è una ricchezza enorme».
L’articolo scientifico che l’ha resa famosa ha un numero ancora maggiore di scienziati, giusto?
«Sì, 3500! Ero nel writing team, il gruppo di scrittura che ha compilato il pezzo».
Quali qualità si devono avere per ottenere il meglio da tutti, smussando le rivalità ?
«L’entusiasmo. Io ho sempre parlato ai colleghi, sapendo che hanno approcci diversi: gli astronomi sono abituati a lavorare in piccoli gruppi, mentre i fisici tendono a creare collaborazioni enormi e privilegiano gli aspetti teorici».
È pronta per il gala di New York di martedì dove incontrerà gli altri straordinari 99?
«Che emozione… Ci conosceremo al Lincoln Center a Manhattan. Ma devo ancora comprare il biglietto aereo».
(da “La Stampa”)
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