ITALIA, PARADISO DELLE SCORTE: 1.000 AUTO BLINDATE, 2.400 AGENTI IMPEGNATI
MOLTE SONO INDISPENSABILI, COME PER I GIUDICI IN TERRA DI MAFIA, MA CHE SENSO HA PAGARE QUELLE DI SGARBI, DILIBERTO, SCAJOLA E DELL’UTRI?…. SIAMO IL PAESE CHE VANTA IL RECORD MONDIALE DI ACQUISTI DI AUTO BLINDATE, PIU’ DEGLI USA E DELLA RUSSIA… SONO 90 I PARLAMENTARI E I MINISTRI SOTTO SCORTA, 21 I SINDACI E I GOVERNATORI DI REGIONE, 8 TRA I SINDACALISTI E I GIORNALISTI, 263 I MAGISTRATI… AUTO DA 300.000 EURO E UN COSTO SEL SERVIZIO DI 250 MILIONI L’ANNO… IL PREMIER E’ PROTETTO DA 30 UOMINI E 13 AUDI CORAZZATE
Le cronache di quest’ultima stagione tornano a riempirsi di allarmi, in un contesto che tra crisi economica, aspri confronti sindacali e scontri studenteschi è di sicuro teso, offrendo lo scenario perfetto per azioni clamorose e simulazioni più o meno credibili.
In questo clima da fine impero c’è una figura che torna protagonista: quella del pretoriano, che spesso invece di difendere l’imperatore diventa strumento di interessi diversi.
Oggi si chiama scorta e, nell’italica declinazione viene sempre più spesso percepita come lo status symbol supremo.
Per alcune persone realmente in pericolo si tratta di una logorante necessità , che annulla la libertà di movimento e la privacy, una condanna alla vita blindata. Per altri invece è solo l’ostentazione di un rango: il massimo del privilegio, molto più dell’auto blu.
Tra minacce concrete e sfarzi di casta, l’Italia è diventata l’Eldorado delle auto corazzate: il nostro governo vanta il record mondiale degli acquisti, più degli Usa o della Russia, della Colombia o del Libano.
Negli ultimi anni lo Stato ha speso circa 120 milioni per comprare 600 Bmw delle serie 3 e 5; un centinaio di Audi 6, ciascuna del costo di 140 mila euro; un’ottantina di “carri armati” Audi A8 e Bmw 7 che per 300 mila euro promettono di incassare anche le raffiche di kalashnikov.
Ma nei garage pubblici c’è molto altro.
Centinaia di Lancia Thesis e Lybra, decine di Alfa 164, le nuove Subaru Legacy e le ormai vetuste Fiat Croma, residuati della flotta commissionata all’indomani della strage di Capaci.
Non esiste un censimento dell’autoparco blindato: dovrebbero essere circa 1.500 macchine, che consumano il doppio e si logorano molto più rapidamente.
Solo per le missioni assegnate dal Viminale ogni mattina ne partono 650: messe in fila formerebbero un corteo lungo più di tre chilometri.
Servono per garantire la sicurezza di 263 magistrati, la metà dei quali in Sicilia e Calabria; 90 parlamentari e uomini di governo; 21 sindaci e governatori regionali; altrettanti ambasciatori e otto tra sindacalisti e giornalisti.
A sedici di loro viene assegnato il dispositivo massimo: due-tre blindate con oltre otto agenti.
Altri 82 hanno una doppia macchina con sei uomini armati mentre 312 si devono accontentare di una sola auto corazzata con una coppia di bodyguard.
Ad ulteriori 174 personalità invece è stata concessa una vettura normale con uno o due militari di tutela.
In totale il ministero dell’Interno ha disposto 585 “servizi di protezione ravvicinata” che richiedono 650 vetture antiproiettile, 300 auto non blindate, circa 2 mila tra agenti, finanzieri, carabinieri e guardie carcerarie più altri 400 uomini per vigilare su case e uffici.
E questo apparato in molti casi si alterna su due turni, raddoppiando così personale e macchine.
L’elenco ufficiale del ministero – che “L’espresso” rivela per la prima volta – è comunque parziale, perchè esistono molte altre scorte che non dipendono dal Viminale.
Anzitutto, c’è lo scudo di Palazzo Chigi, con una struttura da 007 che schiera 30 commandos ed ex guardiaspalle privati della Fininvest, tutti alle dipendenze dei servizi segreti, con 13 Audi corazzate e altri 70 uomini per sorvegliare le residenze del premier.
E bisognerebbe conteggiare anche i dispositivi che vegliano sul capo dello Stato e quello che contribuisce alla sicurezza del papa.
C’è poi una serie di provvedimenti d’urgenza disposti dai singoli prefetti: nell’ultimo periodo hanno riguardato 23 magistrati e un numero top secret di politici nazionali o locali.
Nella lista vanno aggiunti i “servizi di vigilanza”, ossia il livello minimo di protezione: un’auto di ronda che passa periodicamente sotto l’abitazione o il luogo di lavoro della personalità da protegger.
La vigilanza riguarda 678 magistrati e una moltitudine di esponenti di partito, sindacalisti, imprenditori, alti prelati e un gruppetto di giornalisti.
Infine, l’ultima novità : i vigili urbani usati come guardia personale dai sindaci, con la benedizione o meno dei prefetti, come avviene da Palermo a Pavia.
E persino, è accaduto a Milano, la discesa in campo della polizia provinciale che normalmente si occupa di caccia e pesca mentre invece ha esibito un pool di bodyguard con equipaggiamento da Secret service.
Una stima ufficiosa ritiene che per le scorte ogni giorno siano mobilitati più di 4000 uomini con duemila vetture: una moltitudine di pretoriani che tra stipendi, auto e carburante grava sull’erario per oltre 250 milioni di euro l’anno.
Un costo altissimo in termini economici e professionali, perchè si acquistano blindate da sogno mentre le volanti perdono i pezzi e si destinano a questi incarichi agenti di prima scelta, uomini e donne giovani ed esperti, con ottima forma fisica e grandi capacità .
“Personale che sa “leggere” quello che succede per strada, interpretare gli atteggiamenti della gente e gestire la reazione: l’ideale per quei servizi di controllo del territorio che vengono sempre invocati”, come sottolinea un sindacalista delle forze dell’ordine.
Eliminare le scorte inutili è uno slogan che ritorna periodicamente.
Eppure da otto anni non ci sono attacchi di gruppi organizzati di natura politica, criminale o religiosa: le Brigate rosse sembrano debellate, le mafie hanno subìto duri colpi – come magnifica la propaganda di governo – e scelto una linea di basso profilo.
La sparatoria nel condominio del direttore di “Libero”, stando alle indagini, sembra una discutibile iniziativa del suo agente di scorta.
Mentre le azioni di squilibrati, come il lancio della statuina contro il premier, non sono state impedite dalla sicurezza ravvicinata più potente d’Italia.
Inoltre bisogna ricordare che gli attentati più gravi della storia recente, quelli contro Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, hanno ucciso magistrati con protezione massima.
Certo, ci sono personaggi che per il ruolo rivestito o per specifiche iniziative, hanno ricevuto minacce o corrono pericoli concreti.
Ma siamo sicuri che in Italia ci siano 700 persone che non possono fare a meno di una protezione armata 24 ore su 24?
Queste cifre testimoniano la sconfitta dello Stato nel garantire l’ordine pubblico o sono solo l’ennesimo corto circuito tra istituzioni che invece di controllarsi si scambiano favori?
Tutti i sindacati di polizia sono compatti nel denunciare lo scandalo quotidiano che avviene in questo settore.
E sono numerosi gli episodi che hanno diffuso questa percezione di abuso.
I militari che continuano a proteggere l’ex governatore laziale Piero Marrazzo, assiduo frequentatore di transessuali nonostante fosse sotto scorta.
La difesa anti-ultra accordata per mesi ad Adriano Galliani.
O i filmati della Mercedes di Lele Mora carica di pin up che entra nella villa di Arcore senza nessun controllo dei carabinieri all’ingresso.
O il traffico di chiamate di escort, starlette e minorenni sedicenti nipotine di Mubarak smistato dal telefonino del caposcorta di Berlusconi che – alla luce dello stipendio d’oro di dirigente dell’intelligence – dovrebbe occuparsi di vicende più serie per la sicurezza nazionale.
Ma le proteste anonime degli agenti segnalano lo stesso malcostume: ore passate a vigilare su party e festini delle autorità .
E se un poliziotto o un carabiniere reclama, quasi sempre finisce per beccarsi una punizione.
Pochi mesi fa un importante ministro è stato messo in guardia dai problemi di sicurezza connessi alle frequentazioni discutibili di un suo stretto familiare: e lui invece di ringraziare ha preteso che tutti gli uomini della sua vigilanza venissero rimossi.
Altro vizio diffuso poi sono le tutele eterne, che proseguono per anni senza che se ne capisca l’esigenza: benefit a vita.
Il sindacato di polizia Coisp ha fatto un elenco di lungodegenti della blindata: Oliviero Diliberto dieci anni fa fu il secondo Guardasigilli comunista dopo Palmiro Togliatti e da allora continua a girare con autista e agente; il combattivo avvocato ed ex deputato Carlo Taormina ha ben quattro uomini; Mario Baccini non è più sottosegretario dal 2005 ma ha ancora cinque guardaspalle.
I presidenti di Camera e Senato continuano per lustri a girare con tutela calibro nove: Irene Pivetti l’ha avuta per oltre dieci anni e oggi sorveglia i convegni di Marcello Pera e Pier Ferdinando Casini mentre Fausto Bertinotti passeggia per villa Borghese con la signora Lella sottobraccio e agente al seguito.
L’ex governatore calabrese Agazio Loiero ha tre finanzieri, quattro il leghista Federico Bricolo e due l’ex sindaco di Segrate e deputato Giampiero Cantoni. Marcello Dell’Utri viene protetto da nove anni, nonostante la condanna confermata in appello per mafia.
Vittorio Sgarbi è un altro habituè della scorta. La ebbe per la prima volta nel 1993 e la perse due anni dopo anche per le interrogazioni del postdemocristiano onorevole Sergio Tanzarella che lo accusava di “seminare il panico nelle strade di Roma, soprattutto di notte, scarrozzando allegre e schiamazzanti brigate gaudenti da ristoranti e balere”.
Ma il critico l’ha riottenuta la scorsa estate come sindaco di Salemi, pronto a scagliarsi contro lo scempio dei parchi eolici siciliani: una misura potenziata per effetto di due lettere anonime recapitate alla Sovrintendenza di Venezia.
La sua attività tra Roma, Veneto e trapanese richiede lunghi spostamenti: a settembre uno dei “suoi” finanzieri ha rischiato la vita dopo un incidente sull’Autosole.
La legge prevede che tutte le misure di protezione vengano riesaminate periodicamente, per capire se sono ancora indispensabili.
In realtà queste revisioni sono rare: per quieto vivere o per mantenere buone relazioni, difficilmente si interviene. Eppure basterebbe poco per risparmiare. Due mesi fa a Palermo il prefetto Caruso ha limato molti dei servizi, togliendo le blindate a giudici che non avevano più incarichi a rischio o a politici come l’ex governatore e imputato Totò Cuffaro: così ha recuperato 50 agenti.
Oggi l’italiano più protetto dopo Berlusconi è Renato Schifani: il presidente del Senato è la seconda carica istituzionale, ma in questa stagione turbolenta la sua posizione non appare in prima linea.
Invece la sua sicurezza è affidata a venti uomini dei reparti speciali con quattro vetture corazzate, mentre il figlio che vive a Palermo ha una blindata con tutela. Spicca anche l’esercito personale di Raffaele Lombardo, con 18 agenti e quattro Audi che si alternano intorno al governatore siciliano.
Le scorte spesso sono anche uno strumento per cementare relazioni e costruire carriere.
Nel 2001 l’allora direttore del Sismi Nicolò Pollari grazie all’emergenza dell’11 settembre aveva istituito un inedito servizio vigilanza degli 007 per dotare di auto blu e pretoriani una cinquantina di politici, ex membri di governo, top manager pubblici e privati.
Una cortesia che andava a rimpiazzare gli agenti richiamati dal ministro degli Interni Claudio Scajola, che con una drastica riforma aveva tagliato quasi 800 uomini dalle scorte per destinarli alla lotta contro il terrorismo islamico.
Nonostante non sia più agli Interni da otto anni e abbia dovuto rinunciare anche alla poltrona delle Attività industriali per la casa con vista Colosseo pagata dagli assegni della Cricca, Scajola oggi conserva otto poliziotti e due blindate.
Un bel paradosso per chi definì Marco Biagi, lasciato senza protezione ignorando le sue richieste angosciate, “un rompicoglioni”.
Gianluca Di Feo
(da “L’Espresso“)
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