ITALIANO SALVATO DAI MIGRANTI: LA STORIA DI ANGELO
SENZA PIU’ LAVORO, E’ STATO ACCOLTO A CAMINI, BORGO CALABRESE RIPOPOLATO DAI PROFUGHI
Zaino in spalla, una pagina di giornale come biglietto da visita e la speranza di una nuova occasione: «È qui che date una mano ai migranti? Io sono italiano, ma non è mi è rimasto niente. C’è posto per me?».
Angelo racconta il suo inaspettato lieto fine tra i sorrisi e qualche lacrima di commozione, rigirando tra le mani i doni appena ricevuti dai suoi nuovi compaesani: una bottiglia di olio d’oliva e un paio di scarpe nuove.
Senza lavoro nè casa, dopo due giorni di viaggio in treno e una lunga camminata è arrivato da Torino a Camini, in Calabria.
A convincerlo ad attraversare il Paese senza nemmeno un euro in tasca è stata la storia – pubblicata in agosto da La Stampa – del borgo destinato a scomparire e ripopolato dai migranti. Come Riace, Gioiosa Jonica, Stignano, Benestare e altri comuni della Locride, anche Camini partecipa allo Sprar, il Sistema di protezione asilo e rifugiati gestito dal ministero dell’Interno.
Gli abitanti sono poco più di duecento, più 89 migranti arrivati da Siria, Iraq, Nigeria, Mali. Gli ultimi arrivati sono quaranta bimbi siriani, scappati con le loro famiglie dall’inferno della guerra.
Mentre i più grandi si preparano a frequentare la scuola elementare, Angelo Olivella, 58 anni, siciliano, corre su e giù per le stradine strette e assolate e dà una mano dove può.
Ha sempre lavorato come idraulico, e lo scorso agosto ha lasciato Licata, la sua città d’origine, per tornare a Torino, dove ha vissuto molti anni.
Un amico gli aveva promesso un lavoro, ma pochi giorni dopo il suo arrivo si è trovato senza nemmeno un posto dove dormire.
Così ha portato con sè la pagina di giornale capitatagli tra le mani per caso, ha deciso di tentare. «Se laggiù sono così buoni da accogliere chi non ha più nulla — si è detto -, forse avranno un posto anche per me».
«Ero al lavoro in ufficio, quando uno dei ragazzi mi ha detto che un signore mi stava cercando. Sono sceso, e davanti a me c’erano Angelo e il suo sorriso timido – racconta Rosario Zurzolo, che con la moglie Giusy gestisce il progetto di accoglienza diffusa -. Ci ha raccontato la sua storia, e che non mangiava da due giorni. Ne ho parlato con il parroco e il sindaco del paese, Giuseppe Alfarano, e insieme abbiamo preso l’unica decisione possibile».
Divorziato, ha un solo figlio che non sente più da tempo.
«Lui ha la sua vita, una bella famiglia, e non lo voglio rattristare con i miei problemi — racconta -. Qui sto bene, ho incontrato delle persone buone e sincere, come piacciono a me. Posso dare una mano con dei lavoretti, insieme agli altri ragazzi. Qualcuno parla già italiano, ma un modo per capirsi si trova. Non smetterò mai di ringraziare i miei nuovi amici».
«Non voglio illudere nessuno, e appena arrivato gli ho spiegato con chiarezza la situazione della nostra terra — continua Rosario -.
Per mangiare e dormire, nessun problema. In paese lo conoscono già tutti, e sono felici di offrirgli un caffè o ospitarlo per pranzo. Ma sa che trovare lavoro è molto difficile, c’è tanta gente che cerca un impiego senza trovare nulla».
Ora ha una stanza in un Airbnb della zona, e per sdebitarsi con il proprietario l’ha sistemata da sè, con una nuova mano di vernice.
Per le spese personali, Rosario gli passa ogni settimana una piccola somma: sono le stesse banconote colorate che i comuni della Locride usano come pocket money per i migranti, e che si possono spendere solo nei negozi del paese.
La sua preferita? Quella con Che Guevara.
«In questi giorni le famiglie e i ragazzi ospitati a Camini hanno raccolto mille euro per il terremoto del Centro Italia — racconta Rosario -. Le famiglie siriane hanno donato 50, 60 euro, un quarto di quel che ricevono ogni mese per tutte le loro esigenze. Nessuno pensa a se stesso, tutti vogliono aiutare i parenti che devono sopravvivere a guerre e fame. All’inizio non li volevo nemmeno accettare, ma poi ho capito: per loro era importante aiutare il Paese che li ha accolti».
Nadia Ferrigo
(da “La Stampa”)
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