LA CARTA IDROGEOLOGICA DELL’ISPRA, LA MAPPA DEL DISSESTO ITALIANO
IN EMILIA ESPOSTO A FRANE E ALLUVIONI IL 70% DEL TERRITORIO
C’è una piattaforma che mostra la fragilità del territorio italiano meglio di cento parole e che spiega in un solo colpo d’occhio le radici della catastrofe che ha colpito la Romagna. Si chiama IdroGeo, la realizza e la pubblica sul web l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che censisce frane (621 mila in tutto il territorio nazionale) e alluvioni. Ne emerge un quadro pauroso: con più del 70% della popolazione e del territorio a rischio idrogeologico, l’Emilia-Romagna è il ventre molle del nord. Nella mappa del dissesto svettano anche Calabria, Marche, Abruzzo, Molise, Liguria e Toscana, ma la geografia dei rischi non ha quasi soluzione di continuità dal Brennero a Pantelleria.
IdroGeo è costruita e aggiornata su dati scientifici. Le statistiche su popolazione, edifici e imprese sono raccolte dall’Istat tramite le sue 402 mila sezioni censuarie. I dati sulle precipitazioni arrivano dalle sette autorità di bacino distrettuali, poi l’Ispra li “ricuce” coprendo l’intero territorio nazionale. I modelli idraulici sono aggiornati dall’Istituto ogni tre anni, in base alla direttiva Ue sulle alluvioni del 2007 recepita in Italia nel 2010 che consente di standardizzare sistemi e scenari a livello nazionale. Le aree a rischio alluvione sono quelle dove le acque di fiumi, torrenti, rii e canali possono esondare, rompere gli argini o superare la capacità di deflusso delle reti fognarie e di collettamento nelle città e nelle aree urbanizzate. Una norma e una metodologia unica non esistono invece ancora per le frane. Questi modelli però si basano sulle serie storiche delle precipitazioni, mentre per le inondazioni i rischi sono calcolati sui tempi di ritorno medio delle calamità. Sinora il rischio era considerato alto per le aree dove le inondazioni potevano ripetersi ogni 30-50 anni, medio per le aree colpite ogni 100-200 anni, basso per eventi con frequenza compresa tra 300 e 500 anni. Ma il cambiamento climatico sta sconvolgendo le serie storiche.
Da vent’anni in Italia continua a calare la pioggia totale annua, però aumenta in modo parossistico la frequenza dei fenomeni meteorologici estremi. La tropicalizzazione del clima sull’Italia del Centro-Nord e la sua parallela desertificazione nel Centro-Sud sono previste da decenni, così come il fatto che il cambiamento climatico causa l’aumento della frequenza di fenomeni estremi. I dati sono incredibili: il 4 ottobre 2021 a Rossiglione (Genova) in sole 24 ore piovvero 88,3 centimetri, con precipitazioni giornaliere fra i 20 e i 35 cm sull’intera Liguria centrale e il Piemonte meridionale. Appena venti giorni dopo, tra il 24 e 25 ottobre, in un giorno caddero oltre 25 cm di pioggia sulla Calabria ionica e meridionale e sulla Sicilia orientale. Il tutto in un anno in cui la pioggia totale in Italia calò del 7%, con oltre 320 giorni di siccità in Liguria orientale ed Emilia-Romagna e mesi senza precipitazioni sulle coste toscana, laziale, sarda, adriatica e ionica e sulla Sicilia centro-meridionale. L’anno scorso, secondo Legambiente, gli eventi meteo estremi in Italia sono aumentati ulteriormente del 55% sul 2021: ben 310 fenomeni hanno causato 29 morti con impatti drammatici su ambiente ed economia. Nel 2023 se ne contano già 70, in stagioni che peraltro di solito erano le meno colpite.
L’Emilia Romagna emerge da IdroGeo come il ventre molle del Nord: sui 22.444 chilometri quadrati della territorio della regione ben 10.618, poco meno della metà, sono colorati in blu più o meno scuro, a indicare i rischi di inondazione. Il pericolo riguarda praticamente quasi tutti i fondovalle, le aree rivierasche dei fiumi, gran parte della Bassa padana e della costa a sud-est di Bologna. Ci vivono oltre 3 milioni di persone, il 69,4% della popolazione della regione. Un altro 14,6% del territorio regionale, 3.270 chilometri quadrati, è colorato in rosso più o meno intenso a significare il rischio di frane molto elevato o elevato, inoltre il 2,1% è a rischio medio-basso e un ulteriore 3% è monitorato. È l’intero crinale appenninico dove vivono altre 190mila persone, un ulteriore 4,3% della popolazione regionale.
Dopo mesi di siccità che hanno ridotto la capacità del suolo di assorbire l’acqua, in appena dieci giorni tra inizio e metà maggio l’Emilia-Romagna è stata colpita da due eventi di piogge violentissime: il 14 maggio è iniziato in Appennino l’ultimo, che ha scaricato in poche ore una quantità di precipitazioni pari al 70% di quelle medie di un intero anno. Da lì è nato il disastro che ha mandato sott’acqua 42 comuni e ha causato 13 morti, 280 frane e oltre 20mila sfollati, oltre a costare danni per molti miliardi.
Il fatto è che la gestione dissennata del suolo e i ritardi della politica aggravano i pericoli del cambiamento climatico. Ma la legge contro il consumo di suolo giace dimenticata in Parlamento da lustri, mentre ogni anno il rapporto Ispra registra la crescita della distruzione del territorio e la sua crescente antropizzazione. Anche le norme che hanno stanziato miliardi (ne servirebbero 26) contro i rischi idrogeologici per ora ne hanno visti investiti effettivamente solo 7. Secondo l’ultima indagine periodica dell’Ispra, datata 2020, che faceva l’analisi di vent’anni di norme sulla difesa del suolo, a livello regionale la quota maggiore di interventi per la messa in sicurezza del territorio non conclusi si riscontrava in alcune regioni del Sud come Sicilia, Calabria e Campania. “Ma se osserviamo i dati in termini di importi finanziati, a queste si aggiungono anche Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana. È agevole, in questo caso, individuarne l’origine negli importanti finanziamenti che queste Regioni hanno ottenuto dal Piano stralcio aree metropolitane del 2015, le cui risorse sono state concentrate su pochi grandi interventi strategici, in gran parte ancora in corso di esecuzione”, scriveva il rapporto. Da allora poco pare cambiato, mentre il Paese sembra ormai assuefatto a piangere periodicamente le vittime di frane e inondazioni così come a dimenticarle subito dopo.
(da Il Fatto Quotidiano)
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