LA CARTA RISCRITTA COL TRUCCO: IL GOVERNO PREPARA ALTRI BLITZ
GABINETTO DI GUERRA A PALAZZO CHIGI PER SMINARE LE INSIDIE ALLE PSEUDO-RIFORME
“Il governo è terrorizzato dai voti segreti”. Nei corridoi di Palazzo Madama l’affermazione rimbalza di senatore in senatore.
Neanche il tempo di incassare il sì al canguro firmato dal senatore Roberto Cociancich, ma presentato dal segretario generale di Palazzo Chigi Paolo Aquilanti (172 sì, 108 contrari e 3 astenuti), che si ricomincia.
Obiettivo: sminare le votazioni pericolose. Il gabinetto di guerra è riunito per tutto il pomeriggio. C’è il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, con il Sottosegretario Pizzetti, in prima linea.
C’è la presidente della Commissione Affari costituzionali, Anna Finocchiaro e ci sono i capi gruppo di maggioranza, Luigi Zanda (Pd) in testa.
E poi, i senatori Giorgio Tonini e Francesco Russo.
Passa il presidente della Commissione Cultura, Andrea Marcucci. Matteo Renzi è in contatto perenne tra telefonate e WhatsApp.
Aquilanti a disposizione per consulenze.
I nervi sono tesi: la soluzione perfetta non c’è.
Alle 19 parte l’esame dell’articolo 2. Previsti 6 voti segreti. Alcuni particolarmente insidiosi.
Due in particolare, a firma Candiani sulle minoranze linguistiche, che di fatto reintrodurrebbe tout-court l’elettività del Senato.
Per tutto il pomeriggio, le menti governative si spaccano la testa.
La prima soluzione individuata è quella di presentare un emendamento per evitare il voto segreto su questa modifica.
Il ragionamento si arena quando diventa chiaro che anche l’emendamento in questione dovrebbe passare a scrutinio segreto.
La minoranza del Pd manda segnali di pace. E il pallottoliere ufficiale conta solo 20 franchi tiratori (e da 5 a 10 senatori di Forza Italia pronti a uscire per abbassare il quorum).
E allora? Ncd è in totale disgregazione: non hanno votato l’articolo 1 Campagna, Azzollini e Giovanardi.
I centristi vedono decisamente male il soccorso di Verdini, quell’Ala pigliatutto che potrebbe renderli inutili. Per le riforme adesso basta un voto in più, ma ormai senza verdiniani la maggioranza (che in Senato è di 161 voti) non c’è più.
Spia ne è proprio il voto di ieri: ai 171 ci si arriva con i loro 13 sì e 3 dei tosiniani.
Il governo non vuole rischiare .
Ecco allora, che si pensa a un’altra soluzione: rimettersi all’Aula. Ovvero, non dare un parere sui voti segreti, ma lasciare liberi i senatori.
In maniera che se alla fine si dovesse andare sotto, non ci sarebbe nessuna conseguenza.
La discussione si trascina per tutto il pomeriggio. Fino a quando, e manca ormai poco alle 19, l’ora “x”, Grasso chiama la Boschi.
Ha letto dell’emendamento taglia voti segreti ed è pronto a dichiararlo inammissibile. E allora, prima ancora che il ministro arrivi da lui, il governo smentisce.
Da Palazzo Chigi ci tengono a far sapere che quella delle minoranze linguistiche è una “questione tecnica”,che ai fini della riforma “è indifferente”.
Si minimizza, volutamente: “Un emendamento del governo caricherebbe la questione di significato politico e dovrebbe costringere il governo stesso a un voto segreto o a porre la questione di fiducia”.
Tutte possibilità che evidentemente sono state prese in considerazione. In prima linea la Boschi, che sorprese non ne vuole.
Il Ministro e Grasso si parlano per pochi minuti.E poi arriva il soccorso al governo: gli emendamenti a voto segreto vanno rivisti e riformulati.
Sui due Candiani, annuncia il Presidente di Palazzo Madama, tra le proteste delle opposizioni, ci sarà uno voto per parti separate, con lo scrutinio palese per la parte che reintroduce l’elezione diretta del Senato, e lo scrutinio segreto per quella riguardante le minoranze linguistiche.
Candiani lo cambia e lo riduce a 1.
Altri tre devono essere riformulati: ne risulterebbe che i senatori delle minoranze linguistiche sarebbero a vita.
Un sesto emendamento, di Roberto Calderoli, sarà messo ai voti così come è.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply