LA CORTE SUPREMA BRITANNICA HA RISPOSTO PICCHE ALLA RICHIESTA PRESENTATA DAL GOVERNO SCOZZESE DI NICOLA STURGEON DI POTER CONVOCARE UN SECONDO REFERENDUM SULLA SECESSIONE DELLA SCOZIA DOPO QUELLO PERSO NEL 2014
EDIMBURGO INVOCAVA IL DIRITTO DI CONVOCARLO SENZA L’OK DI WESTMINSTER… LA PREMIER NON VUOLE FORZARE LA MANO, MA ANNUNCIA: “LE PROSSIME ELEZIONI SARANNO UN REFERENDUM DI FATTO”
La Corte Suprema britannica ha risposto picche alla richiesta presentata dal governo locale scozzese guidato da Nicola Sturgeon, leader degli indipendentisti dell’Snp, di poter convocare unilateralmente un secondo referendum sulla secessione della Scozia dal Regno Unito dopo quello perduto nel 2014.
Come previsto da numerosi giuristi, i supremi giudici hanno infatti respinto all’unanimità l’istanza in base alla quale s’invocava il riconoscimento del diritto a promuovere una consultazione bis (dopo la Brexit) con il solo voto favorevole del Parlamento locale di Edimburgo e senza il tradizionale placet vincolante di Londra.
Il dispositivo è stato illustrato dal presidente della Corte, lord Robert Reed, e rigetta su tutta la linea le argomentazioni giuridiche degli indipendentisti scozzesi: ribadendo che – in base allo Scotland Act – la materia della convocazione di una referendum sulla secessione, destinato inevitabilmente ad avere conseguenze sull’intero Regno Unito, resta soggetta alla parola finale del governo britannico e del Parlamento di Westminster come potere esclusivo.
E che quindi la richiesta di promuoverla attraverso la sola approvazione di una legge nazionale scozzese da parte dell’assemblea parlamentare di Edimburgo non è legalmente fondata.
Sulla carta l’Snp avrebbe potuto contare su una solida maggioranza in seno al parlamento scozzese in favore di un referendum bis, per il cui svolgimento Nicola Sturgeon ha indicato a suo tempo l’orizzonte ravvicinato del 2023.
Mentre vari sondaggi recenti continuano a mostrare una spaccatura quasi a metà della popolazione scozzese sulla questione, contro il risultato del 2014 in cui i no prevalsero sui sì con il 55,3% rispetto al 44,7.
Per i ricorrenti il verdetto odierno conferma in ogni modo che le istituzioni del Regno rappresentano “una gabbia” e un ostacolo al riconoscimento dell’asserita “volontà democratica” degli scozzesi.
Tanto più che il governo centrale Tory di Londra insiste a escludere in questo momento storico la benché minima prospettiva di via libera a una rivincita referendaria in Scozia: sostenendo che non questo sia il momento per tornare a discuterne ad appena 8 anni da un verdetto, quello del 2014, che entrambe le parti s’erano impegnate all’epoca ad accettare come responso valido per “una generazione”.
La Sturgeon peraltro aveva fatto sapere fin da prima della pronuncia giudiziaria di oggi di voler evitare anche in caso di sconfitta legale forzature costituzionali di sorta. Per puntare semmai a proseguire la battaglia per un nuovo referendum sul terreno politico, facendo di tale obiettivo il tema dominante della campagna elettorale dell’Snp (Scottish National Party) in vista del prossimo voto politico britannico.
“Il verdetto di oggi blocca una strada affinché la Scozia possa fare sentire democraticamente la sua voce sull’indipendenza, ma la democrazia non può e non sarà tacitata” per sempre, conclude Sturgeon, anticipando via Twitter i contenuti di una dichiarazione formale al Parlamento di Edimburgo.
Le prossime elezioni del Regno Unito saranno un “referendum de facto” sull’indipendenza della Scozia. Lo ha dichiarato in una conferenza stampa la first minister del governo locale scozzese e leader degli indipendentisti dell’Snp, Nicola Sturgeon
(da agenzie)
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