LA CRESCITA ITALIANA FINISCE SOTTO ZERO, PIL IN ROSSO
FRENA L’INDUSTRIA E L’EXPORT TRADISCE LE ATTESE… NEL TRIMESTRE CALO DELLO 0,3%… ROMA FA PEGGIO DI PARIGI E BERLINO
E’ andata peggio del previsto. Solo sabato il Centro studi di Confindustria aveva pronosticato un rallentamento della nostra economia, mentre i dati del “consensus” alla vigilia ipotizzavano una crescita pari a zero: in realtà, stando ai dati preliminari diffusi dall’Istat, nel secondo trimestre dell’anno a nostra economia ha innestato la marcia indietro: il Pil infatti è calato dello 0,3% e, soprattutto, il fatto che uno dei nostri partner più importanti, la Germania, sia da mesi in recessione.
«La variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto sia nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca sia in quello dell’industria, mentre il valore aggiunto dei servizi ha registrato un lieve aumento» spiega l’Istat, segnalando che «dal lato della domanda, vi è un contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto nullo della componente estera netta». Insomma anche l’export, uno dei tradizionali motori della crescita del Paese, si è fermato. Scontiamo il rallentamento del commercio mondiale.
A fronte di un aumento del Pil dello 0,6% registrato nel primo trimestre a questo punto la variazione acquisita per il 2023 è pari allo 0,8% in leggera rispetto al valore del primo trimestre, che era stato pari allo 0,9%.
Il confronto europeo
In base alle tabelle diffuse da Eurostat a luglio peggio dell’Italia hanno solo Svezia (-1,5%), Lettonia (-0,6%) e Austria (-0,4%). Ma noi a nostra volta andiamo peggio della Germania (0,0%), della Francia (+0,5%) e della Spagna (+0,4%). Meglio di tutti hanno fatto l’Irlanda (+3,3% rispetto al trimestre precedente) e la Lituania (+2,8%).
Su base annua, i tassi di crescita sono stati positivi per sette Paesi, con i valori più elevati osservati in Irlanda (+2,8%), Portogallo (+2,3%) e Spagna (+1,8%), la Francia si attesta a +0,9%, mentre la Germania è in territorio negativo con -0,1%.
Le reazioni
Dall’Istat «pessima notizia!», commenta il presidente dell’Unione consumatori Massimiliano Dona. «Il governo, invece di continuare a cantare vittoria per la crescita superiore a quella di altri Paesi europei, farebbe bene a preoccuparsi di questo calo, e mettere in campo misure urgenti per evitare che la riduzione venga confermata anche nel terzo trimestre, facendo così entrare l’Italia in recessione tecnica». Se non ci entreremo, secondo l’Unc, «sarà, con tutta probabilità, per la ripresa dei servizi, grazie al turismo dei mesi estivi, non per niente anche oggi unico comparto a segnare un lieve aumento del valore aggiunto. Insomma, se ci salveremo sarà solo grazie al Bel Paese».
I prezzi
Segnali positivi, invece, dall’inflazione, che si attesta al +6% dal +6,4% di giugno, tornando allo stesso livello di aprile 2022. A luglio 2023 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,1% su base mensile. Lieve rallentamento a luglio dei prezzi del cosiddetto ‘carrello della spesa’ che continua a registrare rialzi a due cifre: i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona passano in termini tendenziale dal +10,5% a +10,4%.
I conti in tasca
Secondo l’Unc per una coppia con due figli, l’inflazione a +6% significa una mazzata pari a 1725 euro su base annua, di questi ben 838 servono solo per far fronte ai rialzi del 10,9% di cibo e bevande. Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva è pari a 1571 euro, 757 per mangiare e bere. In media per una famiglia la sberla è di 1307 euro, 615 per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato alle famiglie numerose con più di 3 figli con un esborso aggiuntivo pari a 1947 euro, oltre mille euro la stangata per nutrirsi e dissetarsi, 1001 euro.
(da agenzie)
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