LA CULTURA A GENOVA E’ IN SOFFITTA E LA TRADIZIONE NELLA FARINATA
CELARE E CONSERVARE, MAI PUBBLIZZARE E COINVOLGERE: UNA FILOSOFIA MINIMALISTA IMPEDISCE DA DECENNI LO SVILUPPO CULTURALE DELLA CITTA’… UNA CLASSE POLITICA CHE SI AFFIDA AI FORESTI, INVECE DI VALORIZZARE LE TESTE PENSANTI DELLA CITTA’.
E’ di questi giorni la notizia che in Francia, Nicolas Sarkozy ha sostenuto l’esigenza di dotare il Paese di un grande Museo della Storia Patria, una testimonianza della “grandeur” d’oltralpe, ma anche un richiamo turistico per una città ( forse Nimes) del meridione francese.
Uno spazio che raccolga l’immenso patrimonio storico-culturale transalpino e lo renda vivo ed accessibile. Siamo certi che in breve tempo l’idea sarà realizzata.
E’ la filosofia opposta, in termini culturali, di come si muove da decenni la città di Genova, la sua borghesia “illuminata” e la sua classe politica. Parecchi anni fa, il critico d’arte Vittorio Sgarbi, dopo aver visitato alcuni palazzi patrizi, ebbe a dire che a Genova ci sono più opere di grande pregio nelle case private che nei Musei cittadini, cogliendo nel segno.
La cultura a Genova vive nascosta in soffitta, spolverata di nascosto, rassettata dagli addetti ai lavori. Altrove c’è il gusto e l’orgoglio di “esporre”, “rendere partecipi”, pubblicizzare, creare dibattito, a Genova vige la pratica minimalista di celare e di conservare, tenendosi stretti anche le antiche ricette della nonna.
E’ la città che ci ha messo secoli per produrre una iniziativa colombiana di richiamo, dove Mazzini e il Risorgimento sono un circuito per “iniziati”, dove il centro storico più grande d’Europa è stato lasciato in degrado per decenni, dove se riusciamo a costruire un Museo del mare ci distinguiamo per lasciarci una vittima innocente e nessun colpevole, dove gli zampilli di Piazza De Ferrari vengono eliminati e sostituiti con un orrido prato perchè qualche benpensante è stato bagnato dagli spruzzi d’acqua nelle giornate di vento.
Genova, città sul mare, dove l’acqua è la sua vita, che ha fastidio e deve nascondere persino un getto d’acqua. Genova che celebra i suoi artisti solo dopo che hanno tolto il disturbo, Genova dei cantautori snobbati da vivi e migranti per avere successo.
Un patrimonio storico culturale immenso che in qualsiasi altro Paese al mondo avrebbe fatto la felicità di tanti amministratori comunali, se solo avessero potuto gestirne un decimo delle sue attrattive.
Se escludiamo il rifacimento di alcune zone del Centro Storico e l’asse De Ferrari-San Lorenzo e Porto Antico, con l’appendice di via del Campo, che hanno goduto di finanziamenti speciali, rimane ben poco, o meglio tanto vi sarebbe da fare nel processo di valorizzazione culturale della città . Genova, città anche di teste pensanti, di intellettuali, ma che si rivolge al desasparecido Freccero per avere idee. E’ stato necessario stanziare decine di migliaia di euro per avere da Nando della Chiesa “l’idea originale” di celebrare i presepi tradizionali genovesi.
Da sola, senza Freccero e Della Chiesa, Genova non era in grado di produrre molto, abbiamo dovuto importare anche l’addetto stampa della Sindaco a suo tempo.
Una città che scende nella classifica della qualità della vita, ma che se mai dovessero fare quella della promozione culturale, della circolazione di idee e valorizzazione delle sue menti migliori, finirebbe N.C., non classificata.
Genova città marinara, terra di traffici, perla del Mediterraneo, ricca di reperti e testi, con un anfiteatro naturale stupendo a Caricamento ha permesso nel tempo manomissioni urbanistiche e degrado urbano che in Toscana mai avrebbero consentito.
Costruzioni moderne accanto a dimore storiche, kebab e fast food accanto a tradizionali negozi di farinata, pisciatoi all’aria aperta vicino a dimore patrizie…
Ci sono città in Europa e in Italia che celebrano la propria tradizione, ne fanno cultura viva e partecipata, orgoglio e fonte di ricchezza, memoria storica e modernità , profumi ed essenze, ricordi e qualità della vita.
Noi ci vergogniamo persino del panino con le acciughe e burro dei camalli di un tempo, nascondiamo la farinata come l’opera d’arte…
Se solo celebrassimo la cultura popolare delle periferie urbane, le piccole biblioteche decentrate, i punti di ritrovo, le società operaie e contadine, quella dei “carbonai”, i mercatini rionali…
Esempi di vita e di socialità , di una comunità più viva certamente dei tanti “palazzi del potere” genovesi dove regna tristezza e rassegnazione, incapacità decisionale e atavica dipendenza dal “foresto”.
La cultura riprenda forza dalle periferie e colori di speranza e di vita l’acqua della fontana di Piazza De Ferrari.
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