LA DENUNCIA DELLE ONG ALLA COMMISSIONE UE CONTRO IL DECRETO PIANTEDOSI
CONTRARIO ALLE NORME INTERNAZIONALI IMPEDIRE PIU’ SOCCORSI IN MARE E ASSEGNARE PORTI DI SBARCO LONTANI DALLA ZONA DI RECUPERO
Cinque ong hanno presentato denuncia alla Commissione Europea contro la stretta del governo che in Italia impedisce più di un soccorso in mare alla volta, e porta ad assegnare alle navi del soccorso umanitario porti di sbarco che sono lontani dalla zona in cui vengono recuperati i migranti. Medici Senza Frontiere (MSF), Oxfam Italia, SOS Humanity, l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) ed Emergency sostengono nella loro denuncia che ci sono “seri dubbi” sulla compatibilità di queste norme con il diritto dell’Ue e con gli obblighi dei Paesi membri dell’Ue in base allo stato di diritto internazionale per le attività di ricerca e salvataggio in mare.
“La Commissione europea è custode dei trattati dell’Ue e ha un ruolo da svolgere nel garantire che gli Stati membri rispettino il diritto internazionale e dell’Ue – afferma Giulia Capitani, consulente per le politiche migratorie di Oxfam Italia – Dovrebbe sostenere e proteggere i diritti fondamentali di tutte le persone in tutta Europa. Ma invece, le ONG di ricerca e soccorso sono quelle che riempiono il vergognoso vuoto in mare lasciato dagli Stati membri. Piuttosto che ostacolare il loro lavoro, gli Stati dovrebbero coinvolgerli nella creazione di un sistema adeguato per le attività di ricerca e soccorso”.
Secondo le organizzazioni che hanno presentato denuncia, la legge 15/2023 pone “restrizioni ingiustificate alle operazioni di ricerca e soccorso e limita drasticamente la loro capacità di salvare vite in mare”.
“Ogni giorno che trascorriamo lontano dalla regione di ricerca e soccorso, sia in detenzione che in navigazione verso un porto lontano, sta mettendo a rischio vite umane – sottolinea Djoen Besselink, responsabile delle operazioni di Msf – La legge prende di mira le ong ma il vero prezzo sarà pagato dalle persone in fuga attraverso il Mediterraneo che si trovano su una barca in difficoltà”.
“Assegnare luoghi sicuri a più di mille km di distanza da un salvataggio – afferma Josh, capitano della nave di soccorso di Sos Humanity 1 – danneggia il benessere fisico e psicologico dei sopravvissuti”.
“Le persone soccorse – aggiunge Carlo Maisano, coordinatore della nave di soccorso Life Support di Emergency – provengono da paesi colpiti da guerre, cambiamenti climatici e violazioni dei diritti umani. Sono spesso in una condizione estremamente fragile, che è esacerbata da ancora più tempo trascorso in mare”.
L’aumento delle distanze ha anche un impatto negativo sulle ong. “La pratica di assegnare porti lontani aumenta i costi del carburante e esaurisce i loro budget limitati – spiega Maisano – il che influisce sulla loro capacità di salvare vite umane in futuro”, afferma Maisano.
Altro problema il blocco delle navi. Il 23 febbraio 2023, la legge 15/2023 all’epoca era ancora un decreto legge, l’Autorità portuale di Ancona ha notificato a Msf un ordine di detenzione di 20 giorni per la sua nave e una multa di 5.000 euro per non aver fornito informazioni specifiche. Da allora, le autorità italiane hanno trattenuto altre quattro navi umanitarie di ricerca e soccorso per un periodo di 20 giorni, ciascuna per violazione della legge 15/2023. “Ciò – sottolineano – equivale a un totale di 100 giorni persi per le navi di ricerca e soccorso umanitario, mentre sono continuati pericolosi attraversamenti e naufragi nel Mediterraneo centrale”.
(da agenzie)
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