LA DIGNITA’ SI FERMA ALL’ART. 18 E NON ARRIVA AL VERO CUORE DEL JOB ACT
IL DECRETO DEL GOVERNO NON HA REINTRODOTTO LA NORMA ABOLITA DA RENZI, A DIMOSTRAZIONE CHE E’ UNA PATACCA
Nel difficile equilibrio tra Movimento 5 Stelle e Lega, la dignità prevista dal decreto approvato lunedì sera si è fermata all’articolo 18.
Non c’è traccia infatti della reintroduzione della norma, cancellata dal Jobs act, che vietava alle aziende sopra i quindici dipendenti di licenziare i lavoratori senza giusta causa.
Il cuore dunque della riforma del lavoro voluta dal governo Renzi, e ferocemente contrastata dai grillini allora all’opposizione, continua a pulsare nonostante gli annunci della campagna elettorale.
E nonostante il ministro del Lavoro Luigi Di Maio abbia detto che con il decreto Dignità è stato dato “un colpo mortale al precariato, licenziando il Jobs Act”. Ma il Jobs Act in realtà resiste.
Tanto che a domanda precisa “l’articolo 18 sarà reintrodotto o no?”, il vicepremier grillino in conferenza stampa non risponde approfittando del fatto che questo quesito era stato accompagnato da un altro.
Quindi Di Maio replica al primo più politico sui rapporti M5s-Lega e bypassa quello sul licenziamento senza giusta causa a conferma della difficoltà nell’affrontare il punto cardine di tante battaglie M5s contro l’esecutivo Renzi.
In mattinata ospite ad Agorà si era limitato a dire: “Articolo 18? Stiamo cercando di combattere la precarietà su tutti i fronti: dobbiamo vedere gli effetti del decreto Dignità perchè già può calmierare molto”.
La giravolta per non litigare con i colleghi di governo e non andare allo scontro frontale con aziende e imprese è compiuta.
Che il via libera al decreto Dignità sia stato parecchio “sofferto” non lo nasconde nessuno. Anzi, è lo stesso sottosegretario Giancarlo Giorgetti a dirlo in conferenza stampa. Tuttavia dal Carroccio non ci sono toni trionfalistici. Si percepisce un certo distacco per un provvedimento che Confindustria, che ha senza dubbio una buona parte di elettorato leghista, ha definito un “segnale negativo”.
Più che di un colpo mortale al Jobs Act si può parlare di alcune modifiche. Come quella dei contratti a termine per due anni e non più per tre. E l’indennizzo massimo per i licenziamenti è stato portato da 24 a 36 mensilità . Tuttavia la possibilità di licenziare senza giusta causa resta scritta. A farlo presente è anche Nicola Fratoianni di Liberi e uguali: “L’idea che si possa licenziare quando ti pare, rimane tutta intatta, visto che non si interviene sulla reintroduzione dell’articolo 18, a garanzia dei lavoratori”.
L’argomento, che in un primo momento i 5Stelle hanno provato a mettere un tavolo, non è stato poi neanche affrontato. Troppo divisivo all’interno del governo e anche tra governo e aziende. Per Di Maio, per adesso, è meglio evitare.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply