LA FAIDA DEL M5S ROMA: UN COLLABORATORE DEL MS5 RINVIATO A GIUDIZIO PER TRUFFA, A CAUSA DI FALSI PERMESSI
DIETRO C’E’ LA GUERRA DI MOLTI CONSIGLIERI AL PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA CAPITOLINA DE VITO, COLPEVOLE DI ESSERSI CANDIDATO IN ALTERNATIVA ALLA RAGGI
Alla fine Claudio Ortale è stato rinviato a giudizio con l’accusa di truffa ai danni del Comune.
Secondo la procura Ortale avrebbe falsificato missioni esterne al Campidoglio per 362 volte, tra il luglio del 2013 3 l’agosto 2015.
Procurando un danno da ventiseimila euro, per cui l’ammninistrazione capitolina si è costituita parte civile.
Ma la sua storia è interessante perchè la “vittima” della truffa è l’attuale presidente dell’Assemblea Capitolina Marcello De Vito e la vicenda si va ad intrecciare alla faida interna al MoVimento 5 Stelle romano che ha portato alla fine Virginia Raggi a vincere le comunarie.
Ortale infatti collaborava all’interno della segreteria politica dei 5 Stelle capitolini dopo essere stato portato da Daniele Frongia.
La sua vicenda venne alla luce alla vigilia delle primarie per la scelta del candidato sindaco e il suo nome finì nel dossier contro De Vito, perchè l’oggi assessore allo sport e vicesindaco detronizzato da Grillo Daniele Frongia avrebbe accusato De Vito di aver autorizzato ad Ortale i falsi permessi per missioni esterne che poi venivano rimborsate dal Comune.
All’epoca la denuncia venne presentata da De Vito, Raggi e Frongia, ma questi ultimi due l’hanno ritirata senza — ovviamente, in nome della trasparenzaquannocepare, senza fornire nessuna spiegazione in merito.
Racconta Il Messaggero:
Sono altrettanti infatti i modelli — ossia 362 — in cui, secondo il pm Alberto Pioletti, Ortale, «con artifici e raggiri» avrebbe formato dei falsi permessi con la finta motivazione di «Lavori per il Presidente». Su 126 di questi avrebbe apposto in calce il proprio timbro «Visto il responsabile del Servizio», con la propria sigla fotocopiata.
Per altre 233 richieste, invece, avrebbe utilizzato, il timbro prefirmato, «Il dirigente del gruppo capitolino Marcello De Vito» o la dicitura «De Vito Marcello».
In questo modo, si legge sul capo di imputazione «il collaboratore del Movimento Cinque Stelle in Campidoglio induceva in errore il personale del Dipartimento Organizzazione Risorse Umane dell’assemblea capitolina, che, a seguito della presentazione delle richieste, ritenendo effettivamente espletate le attività lavorative in realtà non eseguite indebitamente liquidava la complessiva somma di euro 26.078 più trentanove centesimi di cui euro 19.220 per servizio esterno in orario ordinario; euro 655 per servizio esterno a recupero; euro 6.192 per servizio esterno in straordinario, così traendo un ingiusto profitto con corrispondente danno per il Comune di Roma».
I fatti, secondo il pm Pioletti, sono aggravati poichè l’indagato avrebbe abusato dei poteri del proprio ufficio servendosi di timbri prefirmati di cui aveva la disponibilità in ragione dell’incarico di responsabile amministrativo ricoperto
Ortale, che era stato candidato con Sandro Medici e Rifondazione Comunista a presidente del XIV Municipio, era poi diventato collaboratore del gruppo capitolino del M5S e così presentato da Daniele Frongia sul blog di Beppe:
— Claudio Ortale, docente dell’Istituto Comprensivo Pio La Torre, da diversi anni nella macchina capitolina, in passato in forze in un altro schieramento politico. Claudio, segnalatoci da altri portavoce, ci ha consentito di avviare l’iter per costituire il Gruppo, è attualmente responsabile amministrativo della squadra oltre che un importante punto di riferimento (amministrativo) per tutti noi portavoce, comunali e municipali;
La storia del seminterrato
La storia va a incrociarsi con la “famigerata” vicenda del seminterrato. tutto parte da un accesso agli atti effettuato dal consigliere De Vito il 19 marzo del 2015: si avvale del potere concesso per legge ai consiglieri comunali per ottenere dagli uffici del comune notizie e informazioni riguardo una pratica di sanatoria edilizia su un seminterrato di un cittadino di nome F. B. al quartiere Aurelio.
Il 28 dicembre del 2015 i tre consiglieri organizzano una riunione con i consiglieri municipali in assenza di De Vito e lì lo accusano di aver compiuto “una serie di atti contrari alla buona amministrazione e un reato”.
Chi ha vissuto indirettamente quel momento ha accettato di parlare con Marco Lillo del Fatto e mostrare mail e sms.
“I tre ex consiglieri —secondo quanto De Vito dirà ai suoi amici — affermavano che avrebbe compiuto il reato di abuso di ufficio in relazione ad una richiesta di accesso agli atti”.
“Indubbiamente la cosa — secondo quanto de Vito confidava allora ai suoi amici — produceva l’esito sperato, molti consiglieri municipali si convincevano delle accuse e l’accusato non aveva modo di palesarne la totale falsità ”.
Alla riunione e alle discussioni successive sulla rete partecipano quasi tutti i consiglieri municipali, alcuni dei quali ora sono saliti in Campidoglio.
Uno di loro racconta a De Vito che Frongia avrebbe chiesto di puntare alle successive primarie esclusivamente sulla Raggi. De Vito non sa nulla. Fino al 7 gennaio 2016.
Quel giorno con i tre consiglieri viene convocato a una riunione. Alla presenza di Carla Ruocco e Alessandro Di Battista (membri del direttorio), Roberta Lombardi, Paola Taverna e Massimo Enrico Baroni, e poi dei capi della comunicazione Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi, i tre consiglieri comunali accusavano De Vito di abuso di ufficio per l’accesso agli atti del 19 marzo 2015 ed esibivano un parere legale.
Daniele Frongia lo sventolava e non diceva a De Vito quale avvocato lo avesse scritto.
De Vito usciva frastornato e alle 20 e 30 inviava una mail nella quale spiegava che l’accesso agli atti era frutto di una richiesta proveniente dal M5S della Regione Lazio e allegava la mail dell’avvocato Paolo Morricone, difensore anche di Virginia Raggi.
“Ciao a tutti, la vicenda – scrive De Vito — è stata compiutamente ricostruita. L’accesso agli atti è stato correttamente richiesto per le motivazioni di cui alla mail di Paolo Morricone, nostro avvocato regionale che riporto di seguito (e che allego):
‘in riferimento alla richiesta di accesso agli atti relativo alla (… Ndr) specifico che questa è scaturita da una segnalazione di un privato (che aveva chiesto l’anonimato avendo paura di minacce) egli sosteneva che il proprietario dell’appartamento, poteva aver spinto qualcuno dell’amministrazione per farsi concedere l’agibilità dell’appartamento. La richiesta era necessaria in quanto dalla documentazione si sarebbe si sarebbe potuto vedere se esistevano i presupposti o meno per la concessione dell’abitabilità (…) per una eventuale successiva denuncia’.
E’ tutto molto avvilente, io quanto meno lo vivo cosi — proseguiva De Vito — la vicenda però è anche molto grave. Motivo per cui vi chiedo con gentilezza non solo di valutare ciò che si è verifìcato oggi nei miei confronti alla luce delle pesanti accuse che mi sono state mosse ma anche di considerare insieme le opportune azioni e modalità di gestione della vicenda che, lo ribadisco, è gravissima”.
L’House of Cards all’amatriciana prosegue a gennaio, quando Frongia invita De Vito a spiegare di nuovo la situazione; la riunione viene convocata il 18, davanti a una trentina di consiglieri municipali e regionali.
Lì la polemica ufficialmente si chiude, anche se — racconta sempre Lillo — Paolo Taverna in una mail partita per sbaglio definisce quanto accaduto “uno squallido tribunale speciale” (invece quelli a cui sono sottoposti i parlamentari no? E le gogne senza possibilità di difendersi prima del voto sulle espulsioni sul blog cosa sono invece?).
(da “NextQuotidiano”)
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