LA FATICA DELLA LEGALITÀ: “FAI LA DIFFERENZIATA? QUI PAGHI LE STESSE TASSE DI CHI SE NE INFISCHIA”
LITE TRA LO STABILIMENTO MODELLO E IL COMUNE
A «Munnezzopoli» i cittadini «ricicloni» sono sgraditi.
Con la raccolta differenziata, evidentemente, disturbano il business dell’immondizia, dei camion stracarichi, delle discariche nauseabonde ma redditizie.
Lo dice la guerra di carte bollate tra uno stabilimento balneare che ricicla tutto e il Comune di Castel Volturno. A due passi dal più grande deposito di ecoballe del pianeta.
Per capire l’assurdità di questa guerra occorre capire il contesto.
Castel Volturno, al confine tra la provincia di Caserta e quella di Napoli, sulla costa Domiziana descritta un tempo con parole estasiate da grandi viaggiatori come Goethe e Dickens, è a pochi chilometri dall’area più «nera» nella mappa dei siti inquinati dell’urbanista Aldo Loris Rossi, dalla famigerata Taverna del Re che è grande quanto Procida e ospita milioni di ecoballe, da Casal di Principe e dalla Terra dei Fuochi.
Fu lì, al pronto soccorso di Castel Volturno che si presentò vent’anni fa il camionista Mario Tamburrino il quale, dopo avere sversato in mezzo alla campagna il suo carico di bidoni tossici portati da Cuneo, singhiozzava disperato: «Aiuto! Sto diventando cieco!».
Un panorama desolante. Segnato dal degrado immondo di interi quartieri come Pineta Mare, Bagnara e Villaggio Saraceno.
Degrado ignorato al punto tale che, dopo la strage di immigrati del 2008 l’allora sindaco Francesco Nuzzo si spinse a dire che «senza camorra e immigrati Castel Volturno potrebbe diventare la Malibù d’Italia».
Un’affermazione avventurosa fino al ridicolo, data la devastazione del paesaggio urbano. Unica verità : la presenza molto pesante dei Casalesi.
Tanto che il Comune è oggi nelle mani di tre commissari dopo essere stato sciolto per infiltrazioni camorriste.
Va da sè che i rifiuti sono un affare per tutti, tranne gli abitanti. In una provincia che dopo esser stata avvelenata dai peggiori veleni portati dal Nord ha visto salire la raccolta differenziata al 40% con comuni che arrivano come Sessa Aurunca al 70%, Castel Volturno arranca in coda al 9%.
La peggiore in assoluto dopo Casal di Principe dei Casalesi.
Risultato: buttare in discarica l’immondizia dei 24mila residenti della cittadina è costato nel 2013 poco meno di 10 milioni di euro. Cioè 2 milioni e mezzo in più di quelli spesi in totale da Padova. La quale ha dieci volte più abitanti. Fate voi i conti.
In questo contesto allucinante, l’architetto Antonio Cècoro, figlio della titolare del Lido delle Sirene (Clementina Della Vecchia) e gestore dello stabilimento balneare che conta su 150 metri di spiaggia e arriva a ospitare nei giorni di piena fino a 1.500 bagnanti, si aspettava un premio: ovunque, tra gli ombrelloni, sono sparpagliate piccole «isole ecologiche» con quattro cesti ciascuna e l’immondizia viene poi controllata e ripartita in quattro enormi contenitori gestiti da un addetto appositamente pagato.
Così che praticamente tutto viene consegnato per il riciclo a una ditta specializzata, la Sri, società recupero imballaggi.
La stessa che tre anni fa, nel pieno dell’emergenza rifiuti, quando le foto con le montagne di immondizia campeggiavano sulle prime pagine dei giornali internazionali, denunciava che gli mancavano materiali da lavorare perchè, cose da pazzi, finiva tutto in discarica.
Non bastasse l’esperienza personale, l’architetto Cècoro, presidente regionale dell’Assobalneari-Confapi e del Distretto turistico Litorale Domitio, era riuscito a convincere via via molti colleghi, stufi di aspettare le iniziative pubbliche in ritardo di decenni (pensate che tutti i comuni dovrebbero stare oggi al 65%!) a farsi la differenziata in casa.
Anzi, per smaltire in modo corretto anche l’«umido», aveva speso un sacco di soldi per comprare in Gran Bretagna, d’appoggio a quella tradizionale, una compostiera elettronica: «Il compost lo usiamo tutto noi stessi, nei giardini e nelle aiuole».
A quel punto, per legge, lui e gli altri promotori della «differenziata» autonoma avevano diritto a un forte abbattimento della tassa sui rifiuti.
Dice infatti il comma 10 dell’articolo 238 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152: «Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi».
Il solito linguaggio insopportabilmente burocratese, ma in ogni caso è tutto chiaro: meno rifiuti porta via il Comune, meno tasse sui rifiuti si devono pagare. Macchè.
Come ha scritto sul Corriere del Mezzogiorno Eleonora Puntillo, il municipio di Castel Volturno non vuol sentire ragioni.
E invece che mandare una torta con i complimenti ad Antonio Cècoro e sua madre Clementina, continua a mandare ai titolari del Lido delle Sirene i bollettini da pagare. «Ma come, se dal 2000 facciamo tutto da soli e non passa un camion della raccolta rifiuti!». Niente da fare. Il Comune insiste.
Indifferente alla realtà dei fatti e alla legge. E soprattutto sordo ai richiami di quei suoi cittadini alle regole fissate dal Parlamento.
Per anni l’architetto e sua madre fanno buon viso a cattivo gioco e pagano, nonostante l’ingiustizia, quanto richiesto. Finchè chiedono all’avvocato Luigi Roma di presentare un ricorso al Tar: è giusto che gli uffici municipali ignorino la legge e non si degnino manco di rispondere? Il Tar dà loro ragione.
E poco prima del Natale 2013 ordina al Comune di applicare la legge e lo condanna a pagare le spese processuali.
Caso chiuso? Macchè!
A metà gennaio il responsabile Ufficio tributi risponde alla sentenza che «l’istanza di esenzione non può e non poteva essere accolta» sulla base del «vigente regolamento per la gestione dei rifiuti urbani approvato con deliberazione del consiglio comunale del 30.11.2005».
Ma come: le regole municipali prevalgono sulla legge italiana e sulle sentenze del Tar?
Il «Sovraordinato responsabile del Servizio ecologia dott. Giuseppe De Rosa», a fine gennaio, conferma: «l’intenzione di gestire in proprio il servizio di igiene ambientale- utenza non domestica (…) sostanzia, di fatto, una forma di contestazione al criterio di tassazione fissato dal competente settore Finanziario e Tributario del Comune di Castel Volturno, in base al quale, i titolari di concessioni demaniali marittime per la gestione di strutture turistico ricettive sono obbligati al pagamento della tassa comunale per i rifiuti».
Dunque la legge dello Stato non è in vigore a Castel Volturno? No, risponde il Comune a dispetto della sentenza: il Comune «garantisce quotidianamente il servizio di igiene ambientale» quindi lo stabilimento balneare non ci provi neppure a «procedere in proprio alla gestione del servizio di igiene ambientale».
Sennò? Sennò rischia la «revoca definitiva della Concessione demaniale».
Il caso, adesso, è al centro di un nuovo ricorso al Tribunale amministrativo.
Nel frattempo, per essere dei «bravi cittadini», i nostri dovrebbero ricominciare a buttare la spazzatura, tutta insieme, nei bidoni di quel Comune che nel 2014 non ricicla ancora nulla.
E lancia minacce burocratiche, presumibilmente tra gli applausi dei camorristi, mentre butta tutto in discarica.
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera”)
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