LA LEGA HA FALLITO. MA LO SA?
CON IL PREMIER CHIUSO NEL BUNKER, NESSUN VERO FEDERALISMO VEDRA’ MAI LA LUCE…AL MASSIMO PASSERANNO DUE LEGGINE, MA L’OBIETTIVO STORICO DEL CARROCCIO SARA’ CLAMOROSAMENTE MANCATO…E QUANDO SE NE ACCORGERANNO, L’ALLEANZA COL PDL ENTRERA’ UN CRISI
Lasciamo perdere la tattica (di cui anche, si dovrebbe sapere, è fatta la politica) e veniamo alla cosa.
E questa consiste in due motivi strettamente connessi.
Che la forza residua, ma nient’affatto trascurabile, del regime berlusconiano sta nel suo rapporto con la Lega, e che al Nord, o almeno nel Lombardo-Veneto, si è formato qualcosa di molto simile a una “egemonia” del centrodestra più Lega, che rende al momento assolutamente minoritaria anche la presenza di quel futuribile soggetto, Casini-Fini-Rutelli, la cui “vocazione” dovrebbe essere quella di predisporre il “luogo” in cui “contenere” l’auspicata crisi dello pseudo-partito berlusconiano.
Da ciò deriva more geometrico che è politicamente nei confronti della Lega che sarebbe necessario lavorare.
Per quanto negli anni “romanizzata” e ministerializzata, per quanti intrallazzi di ogni genere possano avere avuto i suoi capi con il Capo, la Lega rimane “ontologicamente” legata all’obiettivo della riforma federalistica.
Ora, i suoi leader seri, da Umberto Bossi a Roberto Maroni, sanno benissimo che gli attuali provvedimenti nulla hanno a che vedere con il federalismo comunque inteso.
Le idee-chiave di autonomia impositiva e piena corresponsabilizzazione degli enti locali nella politica fiscale vi sono totalmente assenti.
Neppure il pieno potere in materia di imposta sugli immobili è stato conferito ai Comuni!
Chi ne voglia sapere di più legga ciò che ne dicono i federalisti veri, da Luca Ricolfi a Gianluigi Bizioli, sul piano economico-amministrativo, da Giuseppe Duso a Mario Bertolissi, su quello storico-teorico.
Ma i Bossi e i Maroni sanno altrettanto bene che la ragione per cui la montagna di chiacchiere sul federalismo (che Gianfranco Miglio ce li perdoni) ha partorito i topolini dei provvedimenti Calderoli, sta nel fallimento di quella riforma costituzionale che rappresenta il quadro e il fondamento anche di ogni federalismo fiscale e che ha al suo centro la costituzione di un Senato delle Autonomie, con la conseguente e inevitabile radicale modifica del sistema elettorale.
Ora è a tutti ormai evidente che una riforma di tale pregnanza è assolutamente impossibile con un capo del governo nelle condizioni di endemico conflitto di interessi come Berlusconi, incapace di ogni rapporto costruttivo con gli altri poteri dello Stato, per non dire con l’opposizione.
E una riforma costituzionale mai è stata o sarà realizzabile se non aprendo una fase seriamente costituente, che sappia coinvolgere tutte le forze politico-culturali in campo.
La Lega lo sa.
Come lo sapeva probabilmente anche nel 1994.
Lasciamo perdere le ampolle del dio Po e le mitologie secessioniste.
La realtà politica di allora fu che nessuno nel centrosinistra aprì un rapporto serio, programmatico, con la Lega intorno ai temi di suo vitale interesse.
E ora?
Può il Pd, può il possibile, ma forse poco probabile, nuovo “polo”, sfidare su questo terreno la Lega e metterne così alla prova il vincolo, che non credo affatto immortale, con le sorti di Berlusconi?
Ed è evidente come questa prospettiva si affiancherebbe nel modo più efficace a proposte di coerente, autentica liberalizzazione, che i Fini e i Casini dovrebbero avanzare all’elettorato Pdl.
Per dirne una soltanto: che cosa aspettiamo a esigere la vendita di mamma Rai?
O altrimenti rassegnamoci all’attesa messianica della “pistola fumante”.
Ma la professione del politico non è quella del detective o del giudice.
O mi sbaglio?
Massimo Cacciari
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