LA MISSIONARIA LAICA IN CONGO E L’ULTIMA CENA CON ATTANASIO: “ERA SEMPRE A FIANCO DEGLI ULTIMI”
“IL SUO MANDATO SAREBBE TERMINATO A SETTEMBRE”
È affranta e ancora incredula, Luisa Flisi, missionaria laica originaria di Parma, da quasi cinquant’anni impegnata in Congo, che domenica sera, solo poche ore prima dell’uccisione dell’ambasciatore italiano, aveva potuto incontrare Luca Attanasio nel corso di quella che oggi, raggiunta al telefono a Goma, ricorda amaramente come un’ultima cena.
“Solo poche ore prima della sua barbara uccisione, eravamo insieme all’ambasciatore per una serata molto semplice nella quale Luca Attanasio aveva riunito circa trenta italiani impegnati per le agenzie dell’Onu o come missionari in questo territorio tormentato, come era solito fare ogni volta che veniva a Goma, ricercando una prossimità e un confronto autentici. Siamo sconvolti: non possiamo credere alla sua barbara uccisione”.
Dopo la laurea in Pedagogia e tre anni di insegnamento come maestra, Luisa Flisi nel 1972 ha lasciato Parma per operare all’interno dell’associazione Fraternità missionaria fondata a Goma dal padre saveriano Silvio Turazzi.
Qui Luisa si occupa sopratutto di bambini affetti da malattie croniche come Aids, epilessia o diabete, mantenendo un forte legame con la città di origine: “Sono in ottimi rapporti di amicizia tanto con la comunità dei Saveriani quanto con le Piccole figlie, congregazione fondata a Parma e presente anche qui. Eravamo tutti riuniti domenica sera, tra connazionali, intorno a un tavolo ma anche intorno a intenzioni condivise, rivolte alla promozione della cultura della pace”.
Nel corso della serata, ricorda con commozione la missionaria, che a fatica riesce a parlare al passato riferendosi a chi, evidentemente, è ancora avvertito come presente, “l’ambasciatore è stato molto affettuoso con noi: al nostro arrivo ci è venuto incontro, dandoci il benvenuto con un abbraccio. L’anno scorso era stato nella nostra casa per fare visita alla piccola comunità . Durante la cena, Attanasio ha più volte invitato gli altri commensali a visitare la nostra casa. Quello che lo aveva colpito era, in particolare, la semplicità con cui viviamo, pur non mancandoci nulla d’essenziale. Anche domenica sera era emersa l’attenzione autentica, mai solo formale, che sapeva rivolgere a tutti”.
La missionaria ricorda Attanasio per “la sua frugalità e la vocazione a operare al fianco degli ultimi che trasparivano da scelte molto concrete: quando è venuto a Bukavu, sabato notte ha alloggiato nella casa dei Saveriani mentre a Goma ha scelto di dormire al Mediterraneo, il ristorante italiano dove ci ha voluto incontrare e dove ci riuniva ormai da tre anni. Immagino che il proprietario abbia allestito per lui una semplice stanza: pur essendo l’ambasciatore, non andava nei grandi alberghi. Può darsi, purtroppo, che questa semplicità gli sia costata la vita: quando il convoglio dell’Onu è stato assalito, mente stava attraversando il Parco Nazionale della Virunga, si stava dirigendo, praticamente senza scorta militare, in una zona pericolosissima”.
Nelle ore immediatamente successive all’attentato, nella comunità di italiani di Goma l’ipotesi che circola con più insistenza è quella del tentativo di rapimento finalizzato alla richiesta di un riscatto, prosegue Flisi: “Si tratta di un fenomeno molto diffuso in questa zona, un flagello importante. Le macchine che passano su quella strada sono attaccate con frequenza e questa è una tragedia anche per la popolazione locale. I gruppi armati che assaltano le auto si posizionano poi presso le miniere di oro e di coltan in modo da operare scambi con le multinazionali, offrendo materie prime preziose in cambio di armi. E’ una faccenda sporca in cui l’Occidente ha molte responsabilità “.
L’impegno dell’ambasciatore a favore della popolazione nella Repubblica Democratica del Congo “travalicava i suoi compiti istituzionali e si allargava in una viva collaborazione con tutte le persone impegnate nella cooperazione internazionale. Questa sorta di vocazione lo legava alla giovane moglie che l’anno scorso lo aveva accompagnato nella sua visita”.
Domenica sera, nel corso della cena, l’ambasciatore era sereno e ha ripercorso i sette anni di impegno per il suo mandato in Africa, sempre mettendo in luce l’aspetto cooperativo e mai individuale della propria azione: “Durante la serata ci aveva detto che il suo mandato come ambasciatore sarebbe terminato a settembre. Di fronte al nostro dispiacere, che non siamo riusciti a dissimulare, ci ha assicurato che sarebbe tornato a farci visita prima della fine del mandato. Ha promesso che avrebbe, in quella occasione, portato con sè la sua bambina più grande: una promessa rivolta a noi come un fratello, prima di accompagnarci uno ad uno alle macchine e salutarci con un abbraccio. Non sapevamo che non lo avremmo più rivisto. Di lui ci resta il senso di una profonda umanità .”
Al dolore per la morte di Attanasio, prosegue la missionaria parmigiana, si aggiunge il rammarico di non aver potuto prendere parte alla breve cerimonia che si è tenuta all’aeroporto, prima dell’imbarco delle salme: “Ieri sera, (martedì sera, ndr) abbiamo saputo dalla radio che la sua salma era rientrata in Italia, dopo una rapida cerimonia in aeroporto. Nella concitazione delle ore successive all’attentato, non siamo state informate di questa ultima occasione nella quale lo avremmo potuto salutare”.
Forse anche per l’impossibilità di un ultimo congedo, osserva con rammarico Luisa Flisi, “non possiamo e non vogliamo ancora credere che sia stata uccisa, tanto barbaramente, una persona così eccezionale, un uomo luminoso che, nel suo ruolo diplomatico, operava con entusiasmo e impegno sincero”.
(da “La Repubblica”)
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