LA “PACE FISCALE” E’ SEMPLICEMENTE UN CONDONO AGLI EVASORI
CHI LE TASSE LE PAGA MANTIENE ANCHE QUESTI PARASSITI CHE POI USUFRUISCONO DEI SERVIZI PUBBLICI
Chiamare un condono “pace fiscale”, come ha fatto il Salvini facendo eco ai suoi alleati, è un eufemismo che non basterà a rabbonire chi le tasse le ha sempre pagate.
Inutile girarci attorno, passa attraverso la questione fiscale il più evidente discrimine (economico ed etico) tra gli italiani.
Nessuna sperequazione è più ingiusta, nessuna simulazione è più odiosa di quella dei finti poveri che fanno i conti in nero. E quelli come il Salvini, che di Italia e italiani hanno la bocca sempre piena come i criceti con i semi di zucca, non hanno idea di quanti milioni di italiani riescono a offendere ogni volta che parlano di condono fiscale.
Che il Fisco sia farraginoso e in qualche caso oppressivo è una questione che ogni partita Iva (eccomi) conosce bene. Ma che a fare la differenza, al netto di ogni assurdità burocratica e di ogni ingiunzione senza fondamento, sia la volontà di pagare le tasse oppure di evaderle, è una verità palmare.
Un solco politico profondo, anzi profondissimo divide chi considera un dovere civile pagare le tasse (ebbe ragione Padoa Schioppa a lodarle, non per caso fu spernacchiato dai giornali di destra) e chi le considera “un pizzo di Stato”, e ricorre spesso alla sudicia frase “mettere le mani nelle tasche degli italiani” per definire il sacrosanto, trasparente rapporto dare-avere che lega cittadino e Stato.
Se il Fisco funziona male, lo si riformi e lo si metta nelle condizioni di fare di conto con più efficienza. E se ci sono casi acclarati di accanimento ingiustificato, li si risolva. Ma “pace fiscale” significa, nei fatti, dichiarare guerra a quegli italiani che hanno chiaro che cosa significhi cittadinanza. Premiando coloro che non lo hanno chiaro affatto.
(da La Repubblica)
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