LA PATACCA DEL FEDERALISMO NON C’E’ PIU’, LA COMMISSIONE PARLAMENTARE ABUSIVA RIMANE
SPRECHI DELLA CASTA: IL BLUFF PADAGNO CI COSTA UN MILIONE L’ANNO
Chi di voi ricorda la “devolution”, l’ambiziosissimo e visionario progetto del leghista Roberto Calderoli, che avrebbe dovuto rivoluzionare in modo epocale e definitivo i rapporti tra lo stato centrale e le autonomie, miseramente naufragato con la caduta di Berlusconi e con l’avvento di Mario Monti?
Il pilastro della riforma era un provvedimento-monstre, la legge-delega sul federalismo fiscale, che tra le sue innumerevoli e spesso incomprensibili norme conteneva anche l’istituzione di una commissione bicamerale “a tempo”, con il compito di vigilare sull’approvazione in tempi celeri dei decreti attuativi.
Ebbene, a sei anni e mezzo di distanza e ad una legislatura dall’approvazione di quella legge, in Parlamento quella commissione, presieduta dal leghista Giancarlo Giorgetti, è incredibilmente sopravvissuta alla legge che l’ha generata, pur non sussistendo più alcuna delle condizioni che ne avevano giustificato la nascita.
Non esistono più i decreti attuativi previsti dalle legge sul federalismo fiscale, non è mai iniziata la fase transitoria alla fine della quale la stessa legge imponeva la soppressione della commissione (che comunque era stata fissata inderogabilmente al 2014), eppure quest’ultima è riuscita addirittura a scavallare una legislatura.
Il paradosso assume dimensioni ancora maggiori se si considera che la commissione è tenuta a redigere un rapporto semestrale sullo stato di attuazione del federalismo fiscale e, arrendendosi all’evidenza, nell’ultimo di questi rapporti si ammette candidamente che, con la scadenza di tutti i termini previsti dalla legge originaria, le competenze restano nel vago.
Una situazione di cui si è reso conto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che nell’ultima legge di stabilità ha soppresso la commissione paritaria che la stessa delega aveva istituito al Mef (la Copaff).
La logica induce quindi a pensare che una decisione analoga verrà presa in Parlamento, ma l’esperienza di un’altra commissione in carica, quella per la Semplificazione, presieduta da Bruno Tabacci, istituita per effetto di una legge del 2005 e reiterata nelle due legislature successive, rappresenta un precedente allarmante.
Anche perchè, a scorrere le convocazioni e i resoconti di entrambi le commissioni, l’impressione è quella di trovarsi di fronte a qualcosa di molto simile a un dopolavoro: la bicamerale sul federalismo fiscale si riunisce di norma il giovedì mattina, per un’ora scarsa se all’ordine del giorno c’è un’audizione, per qualche minuto se non c’è nemmeno quella.
In genere si aggiorna il calendario e si scioglie la seduta.
A dicembre la commissione si è riunita due volte, mercoledì 2 e giovedì 17: nel primo caso ha ascoltato per circa un’ora in audizione “rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato” e poi si è sciolta, nel secondo caso si è riunita per 15 minuti, immaginiamo per un proficuo scambio di auguri tra i suoi componenti.
Stesso andazzo a novembre, con tre sedute in tutto (il 5, il 19 e il 26), che hanno compreso un’audizione di Luca Antonini, presidente della commissione gemella del MEF, ora abolita da Padoan, e una certamente interessante disquisizione sul federalismo fiscale negli Usa.
Di provvedimenti da esaminare nessuna traccia anche perchè, trattandosi di una commissione consultiva, il lavoro sarebbe platonico.
Quanto ai costi, questi sono ripartiti equamente tra Camera e Senato, ma nel bilancio interno delle due istituzioni non è possibile consultarli, poichè questi vengono assorbiti nella voce “altri organismi bicamerali”, che nel complesso gravano per circa 300mila euro l’anno, con una proiezione di un milione e mezzo di euro su tutta la legislatura.
Una cifra di tutto rispetto per un organismo parlamentare tecnicamente abusivo.
(da “Huffingtonpost“)
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