LA PROCURA DI GENOVA INDAGA SULLE RESPONSABILITA’ A OGNI LIVELLO PER LE MORTI DEGLI ANZIANI NELLE CASE DI RIPOSO
ACQUISITA DAI CARABINIERI TULLA LA DOCUMENTAZIONE, A BREVE POTREBBERO PARTIRE I PRIMI AVVISI DI GARANZIA
Da una parte, la Procura che va alla ricerca di mail, documenti e lettere inviate dalle case di riposo al sistema sanitario pubblico per chiedere mascherine o altri dispositivi di protezione.
Dall’altra, i dirigenti delle stesse strutture che in una lettera aperta scaricano le responsabilità sulla sanità pubblica e sottolineano il ruolo in prima linea delle Rsa, al pari degli ospedali.
Ieri, una decina tra associazioni dei gestori, coordinamenti di comparto ed enti di categoria del mondo delle residenze sanitarie per anziani ha firmato un documento in cui viene sottolineato il totale rispetto, sin dall’inizio dell’emergenza, delle indicazioni delle autorità sanitarie.
«Ci è stato chiesto – si legge nella lettera – di curare i nostri malati evitando il trasporto in ospedale per evitare di congestionare il sistema. Abbiamo capito che i ritardi nella consegna dei dispositivi di protezione o la contraddittorietà delle linee guida erano legati all’urgenza di dover attrezzare i reparti ospedalieri o unità di terapia intensiva». Parole forti.
All’attenzione dei magistrati – che indagano per epidemia colposa dopo la strage di anziani nelle case di riposo – c’è prima di tutto la documentazione che le strutture hanno inviato o ricevuto tra febbraio e marzo, quando è divampata l’epidemia.
E che riguarda, in particolare, il tentativo di acquistare dispositivi medici di protezione (guanti, mascherine e camici) per proteggere degenti e operatori sanitari.
«Visto che molti istituti hanno dichiarato di aver cercato di reperire le mascherine ma non le hanno trovate, vogliamo ricostruire a chi sono arrivate le richieste e chi non ha provveduto ad inviarle», spiega a Il Secolo XIX una qualificata fonte investigativa.
E per questo il procuratore aggiunto Francesco Pinto ha dato mandato ai carabinieri del Nas, Nucleo antisofisticazione e sanità , di acquisire tutta la documentazione all’interno della case di riposo.
Al vaglio dei magistrati ci sono anche le comunicazioni avute tra le varie strutture, le Asl competenti e Alisa, l’agenzia regionale per la sanità .
Le case di riposo avevano segnalato realmente la necessità di ottenere mascherine per contenere i contagi? Oppure non lo hanno fatto (come denunciato da alcuni operatori sanitari) per non creare allarmismi? Sono le due domande a cui stanno cercando di rispondere i militari diretti dal maggiore Massimo Pierini.
Ma gli inquirenti stanno cercando di scogliere un altro nodo importante. Che riguarda la responsabilità di chi doveva dotare le Rsa di questi dispositivi
Da un lato, infatti, queste sono strutture private, che percepiscono rette importanti e dunque dovrebbero avere normalmente al proprio interno le dotazioni di sicurezza per ogni degente.
Dall’altro, c’è la situazione eccezionale che coinvolge ovviamente la sanità pubblica. I magistrati vogliono capire se le istituzioni, a fronte di una pandemia che ha ucciso centinaia di anziani, dovevano intervenire e fornire mascherine e dispositivi anche a strutture private come è avvenuto per gli ospedali.
È chiaro che se emergesse che i vari direttori sanitari delle residenze protette non abbiano neppure chiesto i dispositivi o cercato di acquistarli, il quadro accusatorio nei loro confronti si farebbe certamente più pesante.
Alla conclusione di questi accertamenti potrebbero scattare i primi avvisi di garanzia. I carabinieri del Nas, inoltre, stanno verificando con particolare attenzione il rispetto degli spazi Covid all’interno delle strutture.
(da “Il Secolo XIX”)
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