“LA SPERIMENTAZIONE SUGLI ANIMALI NON SERVE”: RICERCATRICE E MALATA DI SCLEROSI MULTIPLA, I MEDIA DARANNO A LEI LA STESSA RISONANZA CHE A CATERINA?
L’INTERVENTO DI SUSANNA PENCO, BIOLOGA PRESSO MEDICINA SPERIMENTALE DELL’UNIVERSITA’ DI GENOVA
Si è accesa in queste ore un’aspra polemica in tema di sperimentazione animale.
Una studentessa di veterinaria dichiara su Facebook di essere viva solo grazie alla sperimentazione sugli animali ed ecco che arrivano nel post commenti violenti ed ingiuriosi di cosiddetti “animalisti” .
La grande stampa dedica molto spazio all’episodio, schierandosi a difesa della ricerca in vivo e condannando, giustamente, i toni e i contenuti di quelli che definisce genericamente “animalisti”.
In tal modo, volontariamente o no, il giudizio morale su quei pochi violenti ed esaltati che hanno attaccato la studentessa è ricaduto sul mondo animalista vero, popolato da persone che ogni giorno si battono per gli animali, per i loro diritti e troppo spesso per la loro sopravvivenza: associazioni che danno voce a chi non ce l’ha, volontari che curano e accolgono e semplici cittadini che, ad esempio, a proprie spese tamponano come e fin dove possono le falle della sfera pubblica, che ai non umani non riconosce quasi mai diritto di cittadinanza.
Pubblichiamo la testimonianza e la riflessione della biologa Susanna Penco, ricercatrice presso il dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università di Genova, malata di sclerosi multipla.
Chissà se la stampa “libera” dalle lobbie farmaceutiche darà a Susanna lo stesso spazio dato a Caterina…
Ho appreso del clamore suscitato in rete dalle affermazioni di una studentessa malata, con la quale condivido la sfortuna di non aver avuto la salute in dotazione. Anche io convivo con una malattia che mi ha costretta a flebo di cortisone, a terapie pesanti, a rinunciare, per esempio, a vivere un sereno Capodanno, o la vigilia di Natale (se mi devo fare una puntura che mi scatena sintomi come la peggiore delle influenze è ovvio che me ne debba stare a casa), in quanto devo sottopormi cronicamente ad una cura fastidiosa, di cui alcuni lavori scientifici, tra l’altro, mettono anche in dubbio l’efficacia.
Mi sconfortano le parole offensive verso la studentessa, poichè educazione e civiltà sono valori imprescindibili.
Tuttavia, contrariamente a lei, troverei umiliante per me stessa farmi fotografare con una flebo attaccata alla vena: pertanto metto in rete una foto in cui appaio sorridente, anche se molto spesso sono tutt’altro che serena o in salute.
Detesto le strumentalizzazioni di qualsiasi genere. Siccome sono malata mi informo, e leggo ad esempio che non ci sono ancora cure per le forme progressive di sclerosi multipla: è un dato di fatto.
Grazie alle mie conoscenze scientifiche sono persuasa che, anche per le malattie più agghiacciantii, ossia delle quali non si conoscono le cause e che riducono fortemente la qualità della vita, sia proprio la sperimentazioni sugli animali ad allontanare le soluzioni e la guarigione per i malati.
Sono spesso malattie croniche, che costringono i pazienti e le loro famiglie ad una vita drammatica. Inoltre, le terapie sono molto costose per il Servizio sanitario nazionale. Se si abbandonasse un metodo fuorviante e ci si concentrasse sull’uomo, i progressi della scienza sarebbero più rapidi ed efficaci: io spero risolutivi”.
Una via per arrivarci è la donazione degli organi per la ricerca.
D’accordo con i miei parenti ho donato il cervello affinchè sia studiato dopo la mia morte. Se c’è un modo di capire le cause, e di guarire anzichè curare (guarire gioverebbe ai malati, e anche al bilancio dello Stato, della Sanità , in definitiva dei contribuenti!), dovremmo cominciare a studiare tessuti umani e anche gli organi post mortem.
La soluzione migliore è sempre la prevenzione che, finchè non sono note le cause, non è attuabile.
La dott.ssa Candida Nastrucci, biochimico clinico (DPhil, Università di Oxford, Grant Holder Fondazione Veronesi) , aggiunge che per quanto riguarda le malattie genetiche, non è possibile determinare quali tipi di terapie avremmo potuto sviluppare usando tessuti o cellule derivati da esseri umani o dallo stesso paziente.
L’uso di animali potrebbe anche aver rallentato il progresso della ricerca per trovare cure per malattie umane. Il futuro è la medicina personalizzata, che sfrutta le differenze genetiche interindividuali per capire il funzionamento delle malattie umane.
Per queste ragioni negli altri Paesi si investe sui metodi alternativi: per esempio, il National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti ha finanziato con 6 milioni di dollari un progetto rivoluzionario per la mappatura del toxoma umano, con l’obiettivo di sviluppare test tossicologici per la salute umana e ridurre i test su animali. Non credo che i rimedi ai mali umani stiano nello studio fatto su esseri viventi diversi da noi: e tutto questo lo vivo sulla mia pelle.
La sperimentazione animale può essere anticamera di cocenti delusioni. Ve ne sono molti esempi, anche riguardanti farmaci in commercio.
Susanna Penco
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