LA UE BOCCIA L’ITALIA, NO AL REATO DI CLANDESTINITA’: MARONI ALLO SBANDO
MARONI-MOURINHO SE LA PRENDE CON L’ARBITRO INVECE CHE FARSI UN ESAME DI COSCIENZA: SAREBBE BASTATO SEGUIRE LE DIRETTIVE COMUNITARIE NEI TEMPI PREVISTI…NON E’ VERO CHE L’EUROPA SE LA PRENDE SOLO CON L’ITALIA: GLI ALTRI VENTI STATI CHE NON AVEVANO APPLICATO LA DIRETTIVA HANNO RISPOSTO, NON HANNO FATTO FINTA DI NULLA
Ennesima tegola europea sulla politica d’immigrazione dell’Italia, che non regge proprio l’esame dell’Ue.
Con procedura d’urgenza, la Corte di Giustizia europea boccia la norma che prevede il reato di clandestinità e lo punisce con il carcere, perchè contrasta con la direttiva dell’Ue sui rimpatri.
La norma non aveva già convinto del tutto la Corte costituzionale, che ne aveva trovato alcuni aspetti discriminatori.
La Commissione europea “accoglie con favore” la sentenza “veloce e chiara” ed è convinta che essa contribuirà a “ridurre l’incertezza giuridica causata in Italia dalla mancata attuazione nei termini previsti della direttiva sui rimpatri”.
Il governo di Roma, invece, reagisce male: “L’Europa non ci dà una mano neanche oggi e ci complica la vita”, dice il ministro dell’interno Roberto Maroni, quello del “meglio soli che male accompagnati”.
Maroni-Mourinho se la prende con l’arbitro, invece di farsi l’esame di coscienza. Chè, se l’Italia rispettasse le norme dell’Ue e applicasse le direttive nei tempi previsti, nessuno a Bruxelles le complicherebbe la vita.
Ma il ministro preferisce raccontare balle, invece che fare pulizia sull’uscio di casa, e si lamenta che l’Europa se la prenda solo con l’Italia.
Falso, perchè sono ben 20 su 27 gli Stati dell’Ue finiti sotto torchio per non avere applicato la direttiva sui rimpatri entro il 24 dicembre 2010, come previsto.
Solo che molti dei 20 hanno poi risposto alle richieste di chiarimenti, mentre l’Italia non l’ha mai fatto.
E, inoltre, la sentenza di ieri non è stata innescata dalla procedura d’infrazione avviata dalla Commissione, bensi’ dal ricorso di un giudice italiano, che ha chiesto alla Corte di Lussemburgo di vagliare se la norma italiana fosse compatibile con le comunitarie.
Il caso portato ai giudici europei è quello di Hassen El Dridi, un algerino condannato a fine 2010 a un anno di reclusione dal tribunale di Trento per non avere rispettato l’ordine di espulsione.
Secondo la Corte, “una sanzione penale come quella prevista dalla legislazione italiana può compromettere l’obiettivo di instaurare una politica d’allontanamento e di rimpatrio efficace, nel rispetto dei diritti fondamentali”.
La sentenza è destinata a fare giurisprudenza a livelloeuropeo: potrà essere applicata pure negli altri 11 casi italiani analoghi pendenti a Lussemburgo e, se necessario, anche dai tribunali di altri Paesi Ue.
Gli Stati membri – si legge nella sentenza – “non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo, una pena detentiva, come quella prevista dalla normativa italiana in discussione, solo perchè un cittadino di un Paese terzo, dopo che gli è stato notificato l’ordine di lasciare il territorio nazionale e dopo che il termine stabilito è scaduto3, non se ne va e “permane in maniera irregolare”.
Il reato di clandestinità per gli immigrati irregolari è stato introdotto nell’ordinamento italiano nel 2009, nell’ambito del cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’.
D’ora in poi, dunque, i giudici italiani, responsabili del rispetto del diritto dell’Unione, “dovranno disapplicare ogni disposizione nazionale contraria alla direttiva – segnatamente, la disposizione che prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni – e tenere conto del principio dell’applicazione retroattiva della pena più mite, che fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri”.
Maroni-Mourinho, in realtà , non accetta il verdetto e già pensa a complicarci la vita: “Mi riservo di valutare le conseguenze di questa sentenza e di vedere come porvi rimedio”; quando lui e il suo collega della Giustizia Angelino Alfano dovrebbero piuttosto preoccuparsi che sia rispettata.
Il ministro leghista teme un colpo di freno alle espulsioni, cui tiene molto: il giudizio europeo —afferma- “trasforma le espulsioni in una semplice intimidazione ad abbandonare l’Italia entro sette giorni e rende assolutamente inefficace il contrasto all’immigrazione clandestina”.
Invece, l’Italia “vuole continuare con le espulsioni, che, con la Tunisia, funzionano bene: sono già oltre 600 i tunisini rimpatriati dal 5 aprile e questo fa anche da deterrente”.
Quel che Maroni non dice è che le espulsioni verso la Tunisia, stile ‘prendi e porta subito a casa”, sono un’altra cosa.
Ma i leghisti, alle mistificazioni sull’Europa, ci sono abituati: il governatore del Veneto Luca Zaia s’indigna perchè la sentenza cancella “una legge votata da un Parlamento sovrano” —come se le direttive europee non le avessero approvate Governi sovrani e l’Assemblea di Strasburgo-.
E non conta che il verdetto di Lussemburgo fosse dato per scontato dagli uomini di legge italiani e dalle organizzazioni internazionali che si occupano di rifugiati e immigrati.
Monsignor Marchetto, l’ex responsabile del Vaticano per i migranti, vuole il ritiro della legge.
E l’opposizione parla di sconfitta, dèbacle, Waterloo.
Mentre la stampa internazionale ancora s’interroga sulle conclusioni del vertice italo-francese di lunedi’ scorso, quando Berlusconi ha messo la sua firma accanto a quella di Sarkozy su una lettera alle istituzioni comunitarie che tutela solo gli interessi francesi.
Le Monde ci ha pensato su bene e poi ha concluso che “le speranza italiane sono andate deluse” e le “esigenze italiane sono state disattese”.
Giampiero Gramaglia
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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