L’ASL RECLAMA IL PAGAMENTO DEL SOCCORSO ALLA MAMMA DI UNA VITTIMA DI RIGOPIANO: ERA SVENUTA SAPENDO DEL FIGLIO
UNA RACCOMANDATA PER ESIGERE IL PAGAMENTO DI 40.97 EURO PER AVERLA SOCCORSA
Non contano dolore, sofferenza e anni trascorsi, la burocrazia non si ferma davanti a nulla e presenta sempre il suo conto. La riprova arriva dall’Abruzzo dove, a distanza di oltre sette anni dalla tragedia di Rigopiano, la mamma di una delle 29 vittime della valanga si è vista recapitare una ingiunzione di pagamento dall’Asl per il soccorso ricevuto quando è svenuta sapendo del figlio.
Il caso vede come protagonista suo malgrado la madre di Marco Tanda, il 25enne pilota di aerei morto con la fidanzata Jessica Tinari nel disastro di Farindola. A lei infatti l’Asl di Pescara nei giorni scorsi ha inviato una raccomandata con una diffida di Pagamento per una somma totale di 40,97 euro, comprensiva di ticket sanitario più spese postali.
L’avviso dell’ufficio recupero crediti dell’Asl si riferisce a una prestazione sanitaria effettuata il 19 gennaio del 2017, esattamente il giorno dopo la tragedia di Rigopiano quando i primi soccorsi giunti sul posto e l’Italia intera scoprirono la dimensione del disastro. Quel giorno la mamma di Marco Tanda fu soccorsa al pronto soccorso dell’ospedale di Penne dopo essersi sentita male ed essere svenuta mentre attendeva notizie del figlio.
In quel momento infatti la donna, accorsa appositamente in Abruzzo, aveva appena appreso dai servizi di emergenza che il figlio era stato sommerso dalla valanga nell’hotel Rigopiano dove stava trascorrendo una breve vacanza con la fidanzata. Momenti che la signora ha rivissuto nei giorni scorsi quando si è trovata davanti la lettera dell’Asl abruzzese nella sua casa di Roma.
“Siamo rimasti scioccati, quando mamma ha preso la raccomandata le tremava la mano e aveva gli occhi lucidi, ha ripensato a quei momenti” ha raccontato al Messaggero l’altro figlio della donna, ricostruendo quel malore: “Quel giorno non sapevamo nulla di certo sulle sorti di Marco. Eravamo in attesa in una sala accanto al pronto soccorso di Penne. Poi a mia madre è stato chiesto di riempire un questionario con l’altezza, i segni particolari come tatuaggi e altri dettagli del figlio. Di fronte a quelle richieste si è sentita male”.
La donna, oggi 71enne, era stata portata nei locali del pronto soccorso ma l’intervento fu classificato come codice bianco e così per lei è scattata la richiesta di pagamento del ticket. “È un atto dovuto” ha dichiarato il direttore generale della Asl di Pescara, Vero Michetelli, spiegando che è una procedura amministrativa vincolante per l’Azienda sanitaria, dicendosi però disposto a pagare a titolo personale il ticket per chiudere la vicenda.
(da agenzie)
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