L’ATTACCO DEI MAGISTRATI: “PERICOLOSO SUBORDINARE LA GIUSTIZIA ALL’ECONOMIA, VOGLIONO DELEGITTIMARCI”
CONGRESSO ANM A BARI: “CARENZE DELLA LEGISLAZIONE E INERZIA DELLE AMMINISTRAZIONI”
Va respinta l’idea che “a minori controlli” della magistratura corrisponda “una maggiore crescita” dell’economia.
Così si va verso la “subordinazione della politica e della giurisdizione al potere economico, in una pericolosa prospettiva tecnocratica”.
Lo dice il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli che oggi ha aperto il 32esimo congresso del sindacato delle toghe nel teatro Petruzzelli di Bari.
Alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella, Sabelli parla di una “tensione” tra giustizia e economia, che si acuisce in tempi di crisi e diventa “drammatica”, “quanto più alto è il grado dei diritti” in gioco; il riferimento esplicito è alle inchieste in materia di inquinamento, sicurezza nelle fabbriche, rapporti di lavoro.
C’è una “insofferenza” verso le iniziative giudiziarie, che vengono bollate “come autoreferenziali, lesive degli interessi economici e persino espressione di ideologie radicali, quasi che la giustizia fosse parte di un sistema di poteri in conflitto e non invece mezzo garante della tutela dei diritti”.
Sono invece le “carenze della legislazione e spesso l’inerzia delle autorità amministrative”, sottolinea il leader dell’Anm, le vere “cause di quella che impropriamente viene definita la supplenza dei giudici”.
Per questo, cruciale, nel realizzare l’equilibrio tra le molteplici istanze in conflitto, è il ruolo del legislatore: quanto più le sue regole saranno “corrette e accurate, tanto meno la magistratura sarà chiamata a riempirne i vuoti”.
Occorre anche “un forte senso di responsabilità delle autorità amministrative e degli operatori privati ai quali spetta operare le scelte di impresa”.
Mentre il magistrato, che è chiamato a intervenire nei casi di inquinamento ambientale ma anche di illeciti nel settore degli appalti, “in un ruolo di ultima istanza”, “non fa opera di supplenza” nè “usurpa funzioni altrui”.
Ma “deve offrire”, oltre al rispetto della Costituzione e della legge, “una solida cultura giuridica e la ponderazione e l’equilibrio delle proprie decisioni, nella consapevolezza degli effetti che ne derivano”; e scegliere fra i tanti strumenti di intervento diretto nella realtà economica, “quello che realizzi lo scopo di giustizia col minor sacrificio possibile dei diritti coinvolti”.
Una “strategia di delegittimazione”.
Non c’è più lo scontro aperto ma resta la tensione tra politica e toghe, con una “dinamica meno accesa nella forma ma più complessa” dice Sabelli, che punta l’indice contro chi con una “consapevole strategia di delegittimazione” ha raffigurato l’Anm come espressione di una “corporazione volta alla difesa dei propri privilegi”.
Non fa nomi ma è chiaro che si riferisce alle polemiche che ci sono state tra il premier e il sindacato delle toghe sulle riforme del governo che hanno riguardato lo status dei magistrati (dal taglio delle ferie alla nuova disciplina sulla responsabilità civile). Interventi “discutibili nel merito, nel metodo e nei tempi, che hanno preceduto persino quelli delle riforme, tuttora irrealizzate, del processo e dell’organizzazione”; e che, “unite a demagogiche semplificazioni, hanno aggravato il diffuso malcontento” dei magistrati, già sofferenti per “il peso dei carichi di lavoro, delle crescenti responsabilità e della carenza di risorse”.
“La magistratura italiana non è un ceto elitario e oligarchico” e “la percezione delle istituzioni dello Stato come gruppi di potere gelosi dei propri vantaggi costituisce in se stessa una tragedia del sistema democratico”, avverte Sabelli, che rivendica all’intero vertice dell’Anm il merito di aver difeso “l’immagine e l’autorevolezza della magistratura associata, contro ogni tentativo di ridimensionamento del suo ruolo di rappresentanza e della sua stessa dignità “.
La difesa per la dignità .
Il discorso si muove su due cardini: la “subordinazione della politica e della giurisdizione al potere economico” e la tutela del principio di indipendenza.
“Non abbiamo rinunciato a difendere con forza le nostre prerogative e i nostri diritti, funzionali alla tutela del principio di indipendenza, ma al tempo stesso – aggiunge – abbiamo avvertito la gravità di quei rischi e vi abbiamo resistito, difendendo l’immagine e l’autorevolezza della magistratura associata, contro ogni tentativo di ridimensionamento del suo rilievo istituzionale, del suo ruolo di rappresentanza e della sua stessa dignità “.
“Il costo dei diritti sociali”.
Si parla “apertamente di costo dei diritti sociali, inteso come costo economico e come sacrificio imposto ad altri diritti confliggenti – osserva ancora Sabelli – la tensione è maggiore quanto più grave si fa la condizione di crisi ma è proprio in tempi di crisi che diviene più pressante la necessità di tutelare i diritti sociali, quando la difficoltà della contingenza economica grava sui più deboli e più disagiati e finisce purtroppo con lo stimolare paure ed egoismi, piuttosto che rafforzare i vincoli di solidarietà “: la risposta, come nel caso Ilva, sta nella Costituzione, nella “tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e prevalenza dell’utilità sociale, della sicurezza, della libertà , della dignità umana sulla libertà dell’iniziativa economica privata”.
Rapporto politica-magistratura.
“La tensione fra politica e magistratura, legata per anni a vicende giudiziarie individuali, ha finito con l’offrire di sè un’immagine drammatica ma, in realtà , semplificata. Oggi quei rapporti sono restituiti a una dinamica meno accesa nella forma ma più complessa”, afferma il presidente dell’Anm.
“L’indipendenza” della magistratura, principio cardine che “nessuno in astratto mette in discussione”, osserva Sabelli, “non si alimenta di ossequio formale ma di una cultura fondata sul rispetto. Essa non vive nel mondo astratto dei principi ma nelle norme che regolano lo stato giuridico dei magistrati, nella disciplina della loro responsabilità , civile e disciplinare, nel sistema del governo autonomo, nelle norme processuali, che definiscono ruolo e doveri nell’esercizio concreto della funzione giudiziaria”. Sono questi, ha sottolineato il leader del sindacato dei magistrati, “i temi sui quali oggi si sviluppano tensioni nuove o si riaccendono altre antiche e mai davvero sopite, che alimentano delegittimazione e sfiducia nel sistema giudiziario”.
(da “La Repubblica”)
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