LE DUE PREGHIERE
IL “PREGATE” DEL PAPA, L'”UNITEVI” DI MATTARELLA: IL PROFONDO DIALOGO TRA LE DUE SPONDE DEL TEVERE, NEL GIORNO DEL PICCO DEI MORTI
Parole che, in fondo, uniscono in un dialogo profondo le due sponde del Tevere. Il Pastore, privato del popolo, che prega e invita alla preghiera, da solo davanti al Crocifisso di San Marcello, in un silenzio rotto dal rumore delle sirene. L’altra preghiera laica del capo dello Stato, che invita all’“unità ”, non come formula retorica, ma come impegno sostanziale nel paese.
E dell’Europa, dove sembra essersi smarrito il senso di una missione comune e di una risposta condivisa e urgente. E capace solo di prendere tempo di fronte al baratro tra la solennità delle parole e gli antichi tic nazionali con l’occhio ai propri bilanci.
Con la durezza di un europeista convinto, Mattarella si rivolge direttamente a quei falchi del rigore che, neanche in una situazione come questa, hanno capito che siamo a un tornante storico. Di “minaccia per tutti” che richiede una solidarietà anche “nel comune interesse”, “prima che sia troppo tardi”.
Il Papa. Il Capo dello Stato. Sia detto senza alcuna enfasi, è davvero un’immagine storica, nel giorno in cui si registra un nuovo picco dei morti, che dà il senso dell’unicità e della drammaticità della situazione.
Sottolineata dalla contemporaneità delle due “preghiere”. Mai il Papa è stato “costretto” a rinunciare al rapporto con il suo popolo, soprattutto nei momenti in cui, come nel brano del Vangelo letto, si sente smarrito come i discepoli quando in barca sono sorpresi da una improvvisa tempesta: Gesù dorme e loro, prima che le acque si calmino vacillano.
Quelle “fitte tenebre” che nel discorso del capo dello Stato sono le “immagini di questi giorni che sarà impossibile dimenticare”. Parole semplici, crude, realistiche. Semplicemente la verità delle cose, senza illusioni sulla durata, senza rimozioni, senza l’ansia di tranquillizzare, senza rassicurazioni di circostanza, senza paternalismo: le comunità spezzate, la strage di anziani in alcune aree del paese, l’impossibilità di avere un corpo da piangere. Mattarella parla senza aggettivi e con parole misurate: non un solo aspetto del dolore è taciuto o eluso.
In questo realismo e, perchè no, in questa drammatizzazione intesa come rappresentazione di una realtà che è drammatica in sè, c’è tutto il senso di una profonda sollecitazione, che impegna il paese, con consapevolezza e facendo ricorso a tutte le energie di cui è disponibile.
C’è il senso di una paura che avvolge l’Italia, dell’epidemia ma anche della carestia, del non farcela, e dei primi segnali di inquietudine sociale che si manifesta nell’assalto ai supermercati, nel “terrore dei soldi”, nell’angoscia degli lavoratori che attendono notizie sulla cassa integrazione.
Davanti all’ignoto la preghiera cattolica sta nella riscoperta di Dio, nel non smarrire il senso della solidarietà proprio nel momento della solitudine, la fede come risposta alla paura. La riscoperta che “siamo una cosa sola” e che “nessuno si salva da solo”.
Ed è il significato profondo delle parole del capo dello Stato, a partire dal riconoscimento dello sforzo straordinario che stanno compiendo medici e infermieri, forze dell’ordine e amministratori, operatori dei servizi e delle attività essenziali. I famosi eroi di tutti i giorni che, ricorda Francesco, “non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste nè nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia”.
L’ecumenismo di una sponda del Tevere è un tutt’uno con l’afflato “unitario” dell’altra sponda. Unità , parola che in tempi normali scivola come omaggio formale, come bon ton di fronte a una politica litigiosa e scomposta è invece un fatto impegnativo, nel senso che impegna la volontà di ognuno. Non è data, si costruisce.
E in tal senso il discorso di Mattarella è davvero un discorso dell’unità nazionale, intesa come unità di un paese quando la posta in gioco è la sua stessa sopravvivenza, in cui nessuno può tirarsi fuori, “maggioranza, opposizione, soggetti sociali, governi dei territori”.
Un appello che va ben oltre questo gioco delle parti per cui uno prima si dice disponibile a collaborare col governo, poi propone l’uscita dell’Italia dall’Euro e l’altro offre un ascolto più formale che sostanziale.
La realtà , impone, da subito un salto di qualità , perchè non c’è un tempo per l’emergenza sanitaria e poi un tempo per l’emergenza economica, ma la crisi è un unico gorgo che rischia di risucchiare il paese se non si pone in essere, rapidamente, “ogni sforzo per non lasciare indietro nessuno”. Tutto il possibile.
(da “Huffingtonpost”)
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